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Il 14 aprile INPUD, il network internazionale delle persone che usano droghe, ha relazionato e pubblicato on line la sua ricerca sulla decriminalizzazione delle droghe dal titolo «Decriminalizzazione delle droghe: progresso o depistaggio politico?». La premessa a questa relazione è un precedente lavoro di ricerca, svolto sempre da INPUD, che prendeva a modello il Portogallo. Nel 2018, infatti, INPUD ha pubblicato un’analisi rivoluzionaria del modello di depenalizzazione portoghese, «La depenalizzazione è sufficiente? Voci della comunità di consumatori di droghe dal Portogallo», che ha valutato l’impatto della depenalizzazione in Portogallo dal punto di vista delle persone che fanno uso di droghe. Quello che sicuramente unisce i due lavori è la lettura che viene fatta della depenalizzazione da parte di chi il fenomeno lo vive in prima persona, ovvero noi consumatori. Siamo infatti noi che le droghe le usiamo, i principali protagonisti di un cambio di approccio che determinerebbe, potrebbe e dovrebbe determinare, cambiamenti sostanziali in termini della qualità della nostra vita. Fin dal precedente lavoro incentrato sul Portogallo lo studio di INPUD poneva l’accento sulle persone che usano droghe, ovvero su come il cambio delle politiche sulle droghe incida sulla qualità della nostra vita. In particolar modo, come viene evidenziato nelle prime pagine dell’ultima relazione uscita qualche giorno fa il cambio delle politiche può essere letto come simbolo di “progresso” solo se, alla luce dei danni fatti dalla guerra alla droga, inverte o prova ad invertire sia il ruolo di chi usa droghe che gli effetti della guerra alla droga sulla propria vita. Per ruolo si intende la nostra presenza nel dibattito sociale e politico sulle droghe, la nostra voce che fa sempre e ovunque più o meno fatica ad essere espressa ed ascoltata: il riscatto infatti è solo parziale se lo stigma imposto dalla criminalizzazione si riflette nel mero passaggio da consumatori-criminali a consumatori-malati. L’approccio patologizzante e medicalizzante, da quello che emerge dalle persone che usano droga portoghesi nella relazione del 2018, sembra infatti caratterizzare il passaggio da un modello repressivo penale a uno orientato a interventi di tipo medico-sanitario. Questo tipo di approccio non può e non deve essere considerato un progresso, dato che la figura della persona che usa passa solamente da un inquadratura ad un’altra: il focus non è ancora incentrato su diritti umani, libertà di scelta, né tantomeno sulla piena considerazione di un ruolo attivo della persona nel potersi esprimere e avere potere decisionale sulle questioni che lo interessano in prima persona, quindi sul ruolo attivo nella comunità in relazione alle politiche che direttamente la colpiscono.

La relazione di INPUD presentata il 14 aprile si focalizza su questo aspetto e, come già si può osservare dalle raccomandazioni riportate nella traduzione fatta da Forum Droghe della relazione stessa, queste sono tutte incentrate su quanto e come i processi di depenalizzazione vadano ad incidere sulla vita di noi persone che usiamo droghe. Quello che emerge dall’analisi è proprio l’approccio totalmente differente che evidenzia alcune peculiarità degne di nota. La “chiave di lettura” che INPUD ha,  in quanto network mondiale delle associazioni di consumatori,  può definirsi chiaramente orientata al progresso delle politiche sulle droghe, nelle misura in cui queste si avviino a invertire la rotta che la criminalizzazione ha determinato e determina: la violazione dei diritti umani, la palese evidenza che nei sistemi proibizionisti la “guerra alla droga” è una guerra a noi persone che usiamo e alla nostra vita, compromettendone la qualità in un modo, e questo dobbiamo avere il coraggio di dirlo, che non ha nemmeno senso paragonarlo ai danni di un consumo problematico di sostanze. Il sistema proibizionista e le conseguenti politiche sulle droghe hanno una così evidente incidenza nella vita di ognuno di noi che, di contro, la decriminalizzazione reale, non appunto quella che funge da depistaggio politico, deve necessariamente avere il focus proprio su quegli aspetti. Se con la decriminalizzazione non si supera l’approccio punitivo, che va a ledere la dignità della persona e ne inficia la qualità alla luce di un concetto universale di benessere e di salute, allora possiamo dobbiamo definirla “pseudo-decriminalizzazione” che ha veramente l’impronta del depistaggio politico. Nulla di più evidente, anzi esemplare da questo punto di vista, è qui in Italia la questione delle sanzioni amministrative, su cui come ITANPUD vogliamo porre l’attenzione per evidenziarne la totale assurda portata negativa che hanno, in termini di qualità della vita, rispetto dell’individuo e dei suoi diritti umani. Prima di tutto, le sanzioni amministrative sono punitive e quindi inquadrano a priori l’assumere sostanze, scelta della persona sul proprio corpo, come un comportamento giudicato da un punto di vista morale. La portata stigmatizzante è innanzitutto la cornice generale che racchiude tutte quelle azioni che iniziano con la segnalazione al Prefetto. Le sanzioni inoltre sono a tutti gli effetti misure restrittive della libertà personale, nel caso della sospensione della patente di guida possiamo parlare di una misura preventiva restrittiva della libertà personale. Quale decriminalizzazione c’è, allora, nelle sanzioni amministrative, se di fatto prevedono «il ricorso a meccanismi preventivi restrittivi della libertà personale nei confronti di persone ritenute pericolose (non per aver commesso un fatto reato ma per la loro personalità, ritenuta eticamente e socialmente anomala), adottando forme di detenzione volte alla difesa dell’ordine pubblico sulla base del binomio necessità/prevenzione»? Se qui nel corsivo si fa riferimento al fascismo, alla carcerazione preventiva e al confino, l’impianto sembra essere lo stesso. In particolar modo, soprattutto, la sospensione del permesso di guida assume un significato di prevenzione alla luce di una presupposta pericolosità pubblica. Presupposta, perché il solo fatto di essere assuntore di sostanze giustifica la possibile sospensione della patente di guida, limitando di fatto la libertà personale. Questo può avvenire, ad esempio, senza aver verificato la reale o presunta pericolosità del conducente al quale viene sospesa la patente: non viene valutato il numero di incidenti avuti o le infrazioni del codice della strada commesse, ma solo ed esclusivamente la positività a una qualche sostanza. La pericolosità in ragione del quale viene sospesa la licenza di guida è dedotta, quindi, in nome di un binomio errato: assunzione di sostanze = pericolosità alla guida. Questo avviene anche in virtù del fatto che solo l’1% degli incidenti automobilistici vede di fatto coinvolte persone che poi risultano positive al test su sostanze psicoattive o dell’alcol (Fonte: Decimo Libro Bianco). Sempre riguardo le sanzioni amministrative in Italia, sembra di assoluta importanza sottolineare la totale mancanza, in concreto e di fatto, di una forma di garanzia terza nel momento in cui il soggetto segnalato viene convocato dal Prefetto. Sia ben chiaro: sulla carta la possibilità di presentarsi con un avvocato esiste, è cioè prevista dalla legge, ma pochi lo sanno, non tutti potrebbero permetterselo, e dunque sarebbe certamente più idoneo, in un’ottica di garanzia a tutela del cittadino, prevedere la possibilità di avvalersi di una figura terza che assuma il ruolo di garante proprio nei confronti della persona segnalata al Prefetto. Insomma, la carenza generale di sistemi di garanzia in ambito amministrativo rispetto a quello penale, quando parliamo di sanzioni per uso di sostanze psicoattive, diventa realmente la strada agevolata per violazioni dei diritti fondamentali in uno stato di diritto. La relazione INPUD, inoltre, ci dà sicuramente alcune conferme e spunti di riflessione.

La prima, forse scontata ma vale la pena dirlo: questa relazione ci conferma che INPUD, al quale facciamo riferimento essendo noi di ItaNPUD nel network mondiale tramite EuroNPUD, ha una chiave di lettura della questione politiche sulle droghe che ci ispira e ci guida. Noi users siamo realmente il centro della questione, siamo la chiave di volta da cui far partire ogni valutazione delle politiche sulle droghe. Un’altra conferma che si ha, leggendo l’analisi dei modelli di decriminalizzazione considerati dallo studio di INPUD, è che la nostra presenza è indispensabile nella valutazione come nella formulazione delle politiche sulle droghe: non siamo un optional, siamo una necessità; non siamo il problema, siamo la soluzione. Dunque, la presenza delle associazioni di users deve essere favorita e incentivata, perché è la garanzia per politiche sulle droghe che siano realmente un’inversione di rotta dalla direzione che 60 anni di guerra alla droga hanno imposto e ancora impongono. Questa direzione non va verso il progresso ma persevera verso la violazione di diritti umani, compromettendo seriamente la nostra vita, compresa quella di chi tra noi vive condizioni di fragilità sociale e anzi, dobbiamo dire che chi tra noi vive condizioni di difficoltà legate a un periodo di consumo problematico è certamente maggiormente penalizzato dalle politiche proibizioniste, e sicuramente una reale decriminalizzazione avrebbe incidenza positiva sulla sua vita. Infine, una riflessione: la relazione di INPUD e lo studio in essa contenuto ci dicono ancora una volta della necessità del nostro protagonismo. Dobbiamo rompere quel ciclo continuo di stigma e assistenzialismo che ci spinge spesso a delegare a terzi la tutela delle nostre vite e dei nostri diritti, quasi estraniandocene, come se non essendo legittimato dalla legge il nostro comportamento dell’assumere sostanze finisse per non rendere noi legittimi cittadini, persone, con tutti i diritti e doveri che ne conseguono. Non è così: la storia è piena di esempi in cui la legge disconosceva persone e diritti umani, Rosa Parks non era legittimata ad occupare il posto sull’autobus che, rivendicando la sua identità di essere umano, occupò violando la legge. Dobbiamo essere maggiormente consapevoli che la prima forma di antiproibizionismo è la legalizzazione di noi stessi, consumatori, cittadini e persone che si devono interessare di ciò che li riguarda in prima persona.

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