Tempo di lettura: 3 minuti

L’adesione all’appello promosso da «Fuoriluogo» «Trieste è vicina», per una mobilitazione in vista della prossima conferenza governativa sulle droghe, è stata per me, in questi tempi bui, una fonte di liberazione. La Comunità San Benedetto al Porto è sul territorio dagli anni settanta…con un rigoroso percorso di partecipazione democratica laica antifascista. Rispunta il sottosegretario Carlo Giovanardi che prepara per marzo a Trieste la conferenza prevista dalla legge. L’annuncio è perentorio e lapidario: la legge Fini-Giovanardi (del 2006) non si tocca. Basta applicarla. Di fronte all’ennesima insolente imposizione retriva, non scientifica, in controtendenza con numerose iniziative europee, quali risposte esprimere dal basso che abbiano un senso?
L’incontro promosso a Firenze dai firmatari dell’appello per sabato 17 gennaio potrebbe diventare il detonatore di una nuova mobilitazione nazionale per smascherare la politica governativa imperniata sulla «droga brucia-cervello»: in linea con le altre scelte che stanno cambiando definitivamente questo paese, dalla privatizzazione delle università, alla privatizzazione dell’acqua, alla ripresa del nucleare, fino alle gloriose missioni di pace. Per lo specifico delle sostanze psicoattive, il nostro orientamento può essere riassunto in tre linee guida: la riduzione dei danni e delle sofferenze individuali e collettive che il triste fenomeno droga produce.
Il necessario, graduale (e difficile) smantellamento della costruzione sociale, morale e giuridica del problema droga che sorregge e amplifica questa sofferenza una strategia di cura, prevenzione e abilitazione che produca un contenimento della domanda di droga.
La legge attuale pone come irrinunciabile il «dovere» di cura, magari forzata. Noi partiamo dal «diritto di cura» che contempla il diritto all’autodeterminazione, il diritto a uscire dalla dipendenza (a trecentossesanta gradi), il diritto alla pratica della libertà.
Nel nostro orizzonte scorgiamo emarginazione, lavoro precario, problema casa, mancanza di spazi sociali, carceri affollate, una scuola alla deriva, la povertà in aumento, l’imperante binomio legalità-sicurezza che ci schiaccia. Mentre la guerra al mercato dell’offerta di droga è fallimentare, perché allora ci si accanisce nella guerra alla domanda? Viviamo in un contesto che vede un progressivo ritorno al controllo sociale e il rifiorire del discorso pubblico di «legge e ordine», con l’ inasprimento dei meccanismi sanzionatori e l’espansione del diritto penale. La «sicurezza» nella sua accezione semplificatrice e banalizzante di mero ordine pubblico è la priorità dei programmi politici non solo delle forze di destra e reazionarie, ma anche dei divisi partiti d’opposizione. Il tema droga ci deve far riflettere sull’omofobia, sulla xenofobia, sul razzismo (anche la Bossi-Fini non si tocca!).
Firenze è il luogo dove può nascere un programma partecipativo a largo respiro non ideologico ma profondo e credibile, da inserire nel discorso complessivo della lotta per i diritti civili e sociali, contro le vecchie e nuove esclusioni sempre più numerose. Da sempre la nostra proposta è di articolare maggiormente e diversificare tutti i servizi (con la centralità del servizio pubblico), senza togliere spazio alla vasta rete sociale autonoma di presa di coscienza e di solidarietà liberatrice. Pensiamo sia indispensabile coinvolgere tutte le agenzie educative: la famiglia, la scuola, la chiesa, il mondo dello sport, i mass-media: non perché siamo fautori di un pensiero e di una pratica «debole» nei confronti della complessità, ma al contrario perché abbiamo un pensiero e una pratica «forte» in termini di valore e di cultura. Pratica che si fonda sui principi irrinunciabili della democrazia, per affrontare, prima che sia troppo tardi, il dramma, il nichilismo delle vecchie e nuove generazioni. Ringrazio per l’opportunità offerta dall’incontro del 17 gennaio e auspico un’ampia partecipazione (compagne e compagni, centri sociali, gruppi e associazioni, esperti, operatori, consumatori, precari, disoccupati, migranti, emarginati). Arrivederci a Firenze con un augurio: pensare alla grande!

(L’appello «Trieste è vicina» e l’incontro del 17 gennaio a Firenze su www.fuoriluogo.it)