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lasdrogas.jpgÈ iniziata la prima nuova edizione del Rototom Sunsplash in Spagna: la formula resta la stessa ma potenziata, con più musica e più cultura, approfondimento e relax in salsa valenciana.
Domenica 22 agosto abbiamo avuto un ospite importante, che condivide molto dello spirito del festival e che ci ha raccontato una esperienza che, soprattutto al pubblico italiano, sembra arrivare da un altro mondo.
Martín Barriuso, proveniente dai Paesi Baschi e presidente de Federación de Asociaciones Cannábicas (FAC), che raccoglie e censisce le associazioni di consumatori e coltivatori di marjuana spagnoli e che si batte per la normalizzazione del consumo di marjuana, anche attraverso manifestazioni come la Marcha Mundial de la Marjuana.
Nonostante la legge spagnola sia molto libertaria –sin dal 1974 il Tribunale Supremo spagnolo ha depenalizzato il consumo di marjuana e poi anche il consumo compartito-, l’ARSEC, una delle prime associazioni di studio sulla cannabis con sede a Barcellona , nel 1994 ha organizzato i primi raccolti di marjuana collettivi, ottenendo alterne sentenze giudiziarie, conseguendo perfino il carcere e alte pene  pecuniarie. In linea con il desiderio di trasparenza del movimento, i raccolti collettivi sono stati trattati come veri eventi, coinvolgendo la stampa e noti personaggi politici e dello spettacolo, e rendendo addirittura partecipi le procure. Negli anni 90 continuano così atti di disobbedienza civile e vengono fondate associazioni e federazioni che lottano per la normalizzazione della cannabis e per l’abbattimento della criminalità derivante dalla compravendita di sostanze attraverso l’autocoltivazione collettiva, controllata e regolamentata.
Durante la conferenza Barriuso ha più volte sottolineato questo passaggio: l’obiettivo è la normalizzazione del consumo, il nostro modello è etico e sostenibile, non commerciale. Si chiede, vogliamo davvero la “legalizzazione”? In Spagna la legislazione in materia è una zona grigia. Il consumo è legale, così come la coltivazione se non ha fini commerciali, ma la mancanza di una legge chiara è un problema. Le associazioni che fanno parte della FAC devono rispettare diversi criteri, soprattutto la mancanza di spirito commerciale e la produzione di quantità moderate calcolate sul consumo di ogni socio, ma in Spagna sono nate molte associazioni che servono solo da copertura ad un semplice commercio che ovviamente frutta, ma ha conseguenze controproducenti. Il modello che Barriuso e la FAC hanno messo pratica è un modello a club, in cui tutti i soci hanno i medesimi diritti e doveri; le quantità di marjuana autocoltivata che ogni socio consuma vengono registrate, così che gli organizzatori possano anche effettuare un controllo ed eventualmente intervenire e parlare con chi esagera o con chi cambia abitudini di consumo e dimostra di vivere problematicamente. Le associazioni forniscono anche consulenze e assistenza a persone malate, come affetti da sclerosi multipla, AIDS, e glaucoma, persone sotto chemioterapia e problemi alimentari. Con l’ausilio di medici, ricercatori, fisioterapisti e dietologi, ogni socio ha una cartella clinica sempre aggiornata e consigli di ogni tipo, inoltre ci sono diversi progetti di  studio e ricerca su unguenti ed estratti a base di cannabis per curare le più diverse sintomatologie e sugli effetti, ludici o medici delle diverse varietà di canapa,
Esistono anche servizi di supporto e informazione, così che non è strano incontrare nelle sedi genitori preoccupati per i figli fumatori o chi cerca assistenza legale o semplicemente ascolto.
Come potete capire il modello presentato da Barriuso è molto diverso dal modello olandese e da quello californiano. In particolare nei Paesi Bassi l’obiettivo dei coffee shop è commerciale e turistico, ma non esiste controllo, non esiste una comunità che vigila e non esiste il diritto all’autoproduzione. Lo stato spagnolo non sembra interessato a prendere in mano la situazione e regolamentare i club di consumatori e la coltivazione, così ora uno degli obiettivi primari della FAC è costruire da sé un sistema etico e di norme a sostegno di un movimento che crede necessario operare nella legalità, nel rispetto e nella trasparenza. Per esempio i coltivatori devono operare nella sostenibilità ambientale e ricevere salari adeguati, i soci devono essere maggiorenni consumatori abituali, l’autoproduzione deve giungere da un accordo tra tutti i membri e non come una decisione dall’alto . Nel sogno di Barriuso la marjuana verrà commercializzata con un IVA più bassa rispetto a alcol e sigarette considerato il minor rischio, la criminalità organizzata che lucra sullo spaccio di cannabinoidi viene naturalmente sconfitta, consentendo ai consumatori di avere diritti ed erba di qualità, di diverse qualità e sicura.
Queste rete di associazioni riconosciute ha messo in moto un movimento di consumatori di marijuana che reclama diritti, che chiede trasparenza e regole e riconoscimento sociale, che porta informazione e sicurezza. Con una stima di  8000 soci, la Spagna è l’avanguardia europea per quanto riguarda i diritti e la capacità auto organizzativa dei consumatori di cannabis. Quando chiedo a Martín Barriuso una spiegazione al divario che c’è su questo tema tra Italia e Spagna, lui mi cita diversi esempi. Inizialmente mi ricorda che il movimento per il diritto all’autoproduzione non sarebbe potuto nascere senza il movimento contro il servizio militare obbligatorio, che ha portato circa 2000 giovani in carcere per aver combattuto per le proprie idee. Anche se la legislazione italiana su questo argomento non è elastica e tollerante come quella spagnola, quello che ha permesso all’Arsec prima e alla FAC poi di affermarsi è l’aver trovato uno spazio da ?allargare?. Avere un’idea, ma soprattutto metterla in pratica in prima persona, assumendosene i rischi, come singolo e come collettivo. Penso alle differenze nella vita quotidiana che ci sono tra un consumatore di marjuana spagnolo e uno italiano e alle cause che hanno creato questo divario. Volendoci dimenticare di una classe politica molto poco lungimirante, libertaria e intelligente, la lezione di Martín Barriuso mi lascia la certezza che quello che più ci manca è il senso di una collettività che lotta per ottenere i propri diritti e i propri doveri, la volontà di mettere in atto un progetto e un sistema nuovo e migliore, accettandone le conseguenze e i rischi sia come collettività che come singolo in nome di quello che si ritiene giusto.