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(Notiziario Aduc) “Il crimine non si combatte con i petali di rose”. A Rio, ieri pomeriggio, il presidente della Repubblica Luiz Inacio Lula da Silva, ha appoggiato la politica di sicurezza pubblica del governatore Sergio Cabral, che recentemente aveva proposta anche la legalizzazione delle droghe. A sei giorni dalla “guerra” tra polizia e narcotrafficanti che, mercoledì scorso, ha lasciato sul terreno delle favelas “Complesso do Alemao”, almeno 19 morti e svariati feriti (tra cui una bambina di tredici anni colpita alle gambe), Lula si allinea con Cabral sull’uso della forza per ridurre il potere del narcotraffico nelle comunità più carenti di Rio de Janeiro.

“Lo Stato deve competere con il crimine organizzato e portare benefici dentro i luoghi più poveri del Brasile”. La presa di posizione è giunta durante l’annuncio di grandi investimenti sociali destinati allo Stato di Rio per 3,8 miliardi di Reias (1,4 miliardi di Euro). Lo stanziamento fa parte del cosiddetto programma PAC (Piano di Accelerazione della Crescita), varato quest’anno dal governo federale e una parte, secondo le intenzioni del presidente, che nell’occasione era accompagnato dalla ministra Dilma Roussef da Casa Civil, sarà destinata al gigantesco complesso di favelas teatro degli scontri di questi giorni. Circa 1,6 miliardi (600 milioni di Euro) saranno destinati a programmi di urbanizzazione di favelas e suburbi. Si tratta di complessi di favelas grandi come interi municipi: solo nel Complesso do Alemao, zona nord della città, vivono circa 160 mila persone, secondo stime ufficiali: ma in realtà sono molte di più.
Sebbene si trovi a mezz’ora dal mare e dalle spiagge, l’Alemao è una zona che, secondo Ong che monitorano il territorio, ha un livello di urbanizzazione, santità pubblica e servizi pari alle zone più disastrate delle città africane.
Intanto, non si spengono le polemiche sull’azione che settimana scorsa ha visto congiunti polizia e Forza Nazionale di Sicurezza per l’espugnazione del “fortino” criminale. La zona resta presidiata dalle Forze Nazionale di Sicurezza, una sorta di truppa d’elite con equipaggiamento pari a quello dell’esercito, che ha il compito di coadiuvare le forze di polizia. La popolazione in entrata e uscita dalla favelas è soggetta a perquisizioni continue. Il timore, da parte degli amministratori dello Stato, è che le fazioni del narcotraffico vadano in questi giorni reclutando uomini. Tra i timori, infatti, c’è anche quello di rappresaglie dopo la dura offensiva che ha messo sul terreno circa 1200 poliziotti in un solo giorno.
Il governo dello Stato ha anche annunciato che quella dell’Alemao è solo la prima di una serie di azioni che dovranno coinvolgere altre comunità carenti e favellate, come quella di Rocinha e Mangueira.
Nel frattempo, entità legate al territorio denunciano la pericolosità di azioni del genere e il coinvolgimento delle comunità. Dall’inizio di maggio, da quando cioè la polizia ha stretto il cerchio intorno ai trafficanti dell’Alemao, le scuole e gli ambulatori medici hanno funzionato a singhiozzo. Per intere settimane gli alunni non hanno potuto frequentare le classi per paura di sparatorie e azioni di guerra urbana.
Le polemiche riguardano anche l’identità dei morti nell’azione.
Secondo quanto dichiarato dalla polizia civile, dei 19 morti solo 11 hanno precedenti criminali. Testimoni, tra gli abitanti delle favelas, hanno riferito di esecuzioni sommarie e arresti indiscriminati. Accuse che la polizia nega fermamente. Domani tuttavia è attesa a Rio una commissione federale di periti con il compito di analizzare i risultati delle autopsie sui cadaveri e, secondo il portavoce della Commissione Diritti Umani dell’Asseblea Legislativa di Rio (Alerj), Alessandro Molon, verificare anche le testimonianze.