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Le cesure nella vita dei collettivi, delle imprese cuturali e politiche, come in quella. delle persone, sono occasioni di svolta. Sono occasioni, non sono di per sécambiamenti o evoluzioni. Occasioni in cui l’esperienza si offre alla riflessione, alla rielaborazione di sé, per consentire un salto di qualità o un mutamento di rotta alla soggettività che ne è stata protagonista. Se si perde l’occasione, non resta che l’inconsapevole sudditanza allo scorrere delle cose. Per questo anche noi, nel nostro piccolo, promotori e sostenitori di fuoriluogo, vorremmo cogliere l’occasione di questa cesura, per imprimere una svolta a questo impegno comune. Fuoriluogo non è il giornale di Antigone, non è principalmente dedicato ai suoi fini istituzionali. Talvolta siamo stati anche in dissenso con il modo o con i contenuti con cui il giornale ha affrontato questioni riguardanti il carcere e la giustizia penale. Eppure, fuoriluogo è stato il ‘nostro’ giornale, di ciascuno di noi che vi ha collaborato proponendo temi, questioni, interventi. Attraverso le sue pagine, abbiamo rafforzato alcune campagne, sul diritto alla difesa, sulla tutela dei diritti dei detenuti, sull’abolizione dell’ergastolo, sulla riforma del diritto penale, sulle condizioni di detenzione dei minori in alcuni Paesi dell’America latina. Lo abbiamo fatto ogni volta cercando di incrociare quella cifra comune che tiene ineludibilmente insieme, gli uni di fronte agli altri, i limiti e le forme di intervento della giustizia penale con il riconoscimento dei diritti e delle libertà dei singoli. Un equilibrio naturalmente instabile, sempre esposto allo sbilanciamento e quindi alla mancata soddisfazione dei diritti. Non sappiamo se siamo riusciti a dare il senso del ‘nostro’ lavoro, in questi anni di strada comune. Eppure è proprio questo pronome possessivo in prima persona plurale che dà il senso dell’impresa: fuoriluogo è stato per ciascuna e ciascuno di noi uno spazio in cui è stato possibile parlare in prima persona plurale. Pur senza indossare la stessa casacca, abbiamo potuto riconoscerci in un ‘noi’ fatto di sensibilità e cultura. Questo patrimonio va conservato e rilanciato in una nuova battaglia delle idee, tanto più difficile quanto più ardua è una proposta credibile ed efficace quando in ballo sono la vita e la libertà di persone. In questi anni di governi amici ma solo sporadicamente attenti alle tematiche sollevate da questo giornale, abbiamo imparato la difficoltà di tradurre in pratica i buoni propositi. Ciò non può significare la rinuncia al migliore di essi, ma deve darci la consapevolezza che anche le riforme – come le rivoluzioni – non si fanno prendendo il Palazzo d’Inverno o sedendosi nella stanza dei bottoni, ma producendo cultura e mutamento di senso, nell’opinione pubblica e tra gli interlocutori istituzionali. Questa elaborazione di nuovo senso comune non c’è stata, non è stata sufficiente, o forse non sarà mai bastevole alle necessità che abbiamo di fronte. Ma è la tensione verso di essa che ha giustificato l’esistenza di fuoriluogo e che potrà giustificarla in futuro.

*Associazione Antigone