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Hai visto? Esiste un sistema con il quale si può controllare e contenere la delinquenza: il braccialetto elettronico. Che ne pensi? Una volta si sarebbero dette delle sciocchezze come quella che è bene trattare le persone come persone e non come cose, ma una volta è una volta. Meno male che almeno Caselli ha detto che il braccialetto è odioso e Corleone ha messo in guardia sui ritrovati tecnici: si sa – dice – dove si comincia e non si sa dove si finisce.

Ma tutti sono del parere che, comunque, si può procedere se questo salverà le misure alternative. Sei d’accordo su questo? Dico subito di no, ma cerco di ragionare con ordine. Sentiamo il tuo ragionamento ordinato. Se è vero che ciò che è in grande aumento è il senso di insicurezza, mentre i dati della criminalità sono stabili e i reati commessi da persone in misura alternativa sono in percentuali insignificanti e non alterano l’andamento complessivo dei dati stessi, se così è, ripeto, braccialetto si o braccialetto no, il senso di insicurezza non cambierà affatto. Così il braccialetto risulterà essere un placebo di cui finirà presto l’effetto.

La tua riflessione, contro le certezze esibite nei media, si basa quindi sulla inutilità del braccialetto elettronico. Chiarisci perché il braccialetto non modificherebbe la situazione. C’è bisogno di una precisazione tecnica. Anche i giornali hanno spiegato che gli strumenti del sistema di controllo sono tre: il braccialetto, portato dalla persona, e uno strumento periferico di controllo, posto nel luogo dove la persona si trova. Se questa si allontana da quel luogo, lo strumento periferico indicato dà l’allarme al terzo elemento del sistema: la stazione centrale di controllo. Allora è chiaro che questo sistema non segue la persona nei luoghi in cui eventualmente si sposta (come , credo, molti suppongono), ma verifica soltanto se la persona si trattiene in quel luogo unico e specifico in cui è posto lo strumento periferico di controllo.

Da che deriva? Sinteticamente: che è un’idea sbagliata che il braccialetto possa consentire il controllo di una persona 24 ore su 24, come molti pensano. Vediamo perché. Ci sono intanto situazioni in cui la persona è inserita in una struttura, sia essa una comunità o un istituto di assistenza e cura. In queste strutture la vita della persona non è limitata a un unico luogo: nelle comunità i luoghi di vita e di lavoro sono molteplici, in un ospedale, ad esempio, si viene spostati frequentemente per accertamenti o cure. Come si può pensare a collocare lì la strumentazione periferica di controllo? In queste situazioni l’uso del braccialetto è improponibile.

Ci sono però individui che fanno riferimento ad un luogo determinato, dove la misura non detentiva si svolge. Esaminiamo le varie situazioni. Nell’affidamento in prova al servizio sociale, il soggetto è libero. Ha un domicilio, come tutti, ma svolge una vita attiva fuori . Può essergli imposto di trattenersi a casa in certe ore, generalmente quelle notturne, ma la sua vita si svolge di giorno in spazi non prevedibili. Anche se c’è un luogo di lavoro determinato, un controllo su due spazi (domicilio e lavoro) lascia sempre liberi dei periodi di tempo in cui tutto può succedere. Si è parlato anche di un controllo della semilibertà, nel periodo, ovviamente, di uscita dall’istituto. Ebbene, anche qui non si tengono presenti molte cose: che il lavoro per cui la semilibertà è concessa non si svolge necessariamente in un luogo fisso; che non sono esclusi, per esigenze aziendali, spostamenti fuori dal posto di lavoro; che i luoghi di lavoro sono sovente ampi e articolati e questo non è compatibile con il funzionamento della strumentazione periferica di controllo. E non basta. Il programma di trattamento per la semilibertà non copre solo gli spazi di lavoro, ma prevede periodi di alcune ore (come la pausa pranzo) fuori da quegli spazi. E non dimentichiamo le licenze, durante le quali la persona è impegnata a restare al proprio domicilio solo nelle ore notturne.

Può almeno funzionare questo benedetto braccialetto per chi si trova in custodia cautelare in regime di arresti domiciliari o in esecuzione di una pena con la detenzione domiciliare? E’ noto che anche queste alternative al carcere prevedono spostamenti dal domicilio, che è la sede principale, ma non esclusiva di esecuzione della misura. C’è il malato che si deve recare all’ospedale, c’è il tossicodipendente che svolge il programma presso il Sert o la comunità diurna; c’è chi ha un lavoro, per mantenere sé e i suoi; c’è chi vive da solo e deve comprarsi quello che gli occorre per vivere; c’è, alla fine, anche chi ha ragione di chiedere le ore d’aria di cui fruirebbe in carcere: anche se ci sono illustri arrestati domiciliari con ville in città o in campagna o al mare, la massa meno illustre popola i complessi popolari delle periferie. Certo qualche disgraziato, senza difensore, senza aiuti e anche senza cervello, c’è, che non riesce ad avere l’autorizzazione ad uscire di casa per qualche ora. Ecco: questa razza pericolosa, fatta di emarginati senza risorse, può essere destinataria di questo sistema moderno e avveniristico.

Non buttare la cosa in politica: i tempi sono cambiati. Hai ragione. Ma fammi aggiungere un’osservazione. La realtà delle alternative al carcere è quella che ho detto, formatasi in questi 20 anni di applicazione. Se vogliamo che questa si adegui al braccialetto, deve cambiare la realtà, irrigidirsi, il che vuol dire: escludere molte possibilità di lavoro e, quindi, ridurre le misure e, per quelle sopravvissute, imporre limitazioni che ne renderanno difficile l’effettivo funzionamento. Se vogliamo, invece, che il braccialetto rispetti questa realtà, possiamo benissimo fare a meno del braccialetto: non è in grado di ridurre in alcun modo i rischi.

Se è come dici, perché il braccialetto ha trovato un certo credito in Europa? Domanda pertinente, solo che in Europa è applicato con finalità estremamente diverse da quelle per cui lo si propaganda in Italia. Il braccialetto è utilizzato solo per esecuzione di pena, quindi non in situazioni di custodia cautelare agli arresti domiciliari (nelle quali le persone non possono essere ancora considerate colpevoli: particolare, direi, non trascurabile); per pene molto modeste (in alcuni paesi non superiori a tre mesi, in altri sei mesi, mai più di un anno); e su persone non pericolose, limitatamente ad una certa fascia oraria della giornata. Si è anche detto che questo tipo di intervento, impersonale, senza alcun contatto (umano) con gli interessati, deve accompagnare il vero e proprio intervento del personale operante a fini riabilitativi. La finalità del braccialetto, nei paesi in cui è applicato, è quella di ricostruire ritmi di vita regolari in persone che, spesso per problemi di dipendenza da alcool o droghe o comunque in situazioni devianti, li hanno abbandonati. Queste sono le limitate finalità del braccialetto negli altri paesi, mentre da noi viene presentato come la panacea che azzera i rischi di evasioni e commissione di reati da parte di chi si trova in misure alternative alla detenzione. Per questo, occorrerebbe che il braccialetto desse una copertura in tutte le situazioni e lo facesse 24 ore su 24: il che, come sopra si è spiegato, non è possibile. C’è poi un altro particolare. Si parla di un braccialetto, ma non si deve pensare alla bigiotteria: il costo del sistema è quello della gioielleria fine. Porre l’organizzazione e la gestione di tale sistema a carico della Polizia di Stato non sembra semplice, né gradito. Vi sono organizzazioni private che si offrono di coprire tutto: strumentazione, organizzazione, gestione, ma i prezzi non sono modici. E anche questo aspetto può lasciare l’amaro in bocca: forse ai palati più esigenti. Nell’ultimo libro di Vasquez Montalban – Quintetto di Buenos Aires – si ipotizza che, in futuro (ma, nel romanzo, se ne colgono delle anticipazioni nel presente), la intera sicurezza degli Stati sarà affidata a imprese private: non è mai troppo tardi per cominciare.