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Dopo il Puck Building di Soho a New York e la conferenza sorella di Amsterdam, anche per i giorni del CPA fiorentino la fede nella libera comunicazione telematica ha radunato, prima volta in Italia, centinaia di persone, collettivi, BBS, gruppi di utenti, sistemisti, webmaster, amanti della questione “privacy”, difensori a tutto campo del “free speach”, molti dei quali animati dall’intento di scambiare idee e notizie, di sperimentare, di discutere dell’uso sociale e politico di modem e compagnia, altri semplicemente curiosi di vedersi finalmente in faccia dopo appassionanti carteggi telematici o lunghe nottate in chat… Anche per chi non era del giro si è trattato di respirare una volta tanto, di sentirsi parte di un open air festival, di un meeting, di un hacking party, di un momento di riflessione, di fruire di un modo di apprendimento collettivo, di far proprio un atto di ribellione, uno scambio di idee, di esperienze, di sogni, di utopie, di amore e di campeggio, di seminari autorganizzati e autogestiti, di corsi per chi voleva saperne di più, di connettività 24 ore su 24, di gare, sfide e tornei su tutto lo scibile e il giocabile telematico.

Pensando ai preparativi, all’impegno, al lavoro a esaurimento fisico, alle aspettative, alle febbrili discussioni in mailing-list, alla grinta, all’abilità e alla determinazione degli organizzatori, l’Hack-it ’98 non era certo un evento autorganizzato e no-profit fra i tanti, ma un alto esercizio di strategie, tecnica e abilità nell’inventare e metter su, con poche risorse umane ed economiche e di corsa, un vero e proprio quarto di mondo dove maghi, e non solo, si potessero finalmente ritrovare intorno a grandi totem di connettività e di hardware.

Partecipare ha significato anche schierarsi apertamente per un CPA, sede di una storica occupazione, forse ormai sull’orlo dello sgombero e assumere un sostegno simbolico di tutti i centri sociali occupati, riconoscendo il valore di luoghi in cui iniziative aperte, gratuite, autogestite e non contaminate da burocrazie e da pesanti mediazioni e contropartite di istituzioni varie, restano anche oggi possibili. C’era anche così una testimonianza profonda di mobilitazione a difesa delle opportunità che la presenza di centri occupati e autogestiti a dispetto di certo perbenismo bigotto, caro anche alla così detta sinistra di oggi, offrono a molti, voci diverse da quelle supportate dai media e dalle istituzioni. Tant’è che, a dimostrazione tangibile di quanto sia vero che si possono organizzare iniziative e valorizzare rapporti sociali in forme non mediate dal denaro e di come possano essere realmente cacciate fuori dalla porta a calci certe umilianti questue pro-finanziamento, l’accesso all’iniziativa, ai seminari e ai workshops, la connessione alla rete, lo spazio per dormire, tutto era puntigliosamente, orgogliosamente per principio politico rigorosamente “free” nella doppia interpretazione di libero e gratuito.

Da qui muovono non pochi interrogativi. Che cosa avvicina sempre più la popolazione dei centri sociali alla comunicazione telematica? La negazione delle barriere? La negazione di supremazie? “Il potere, è ancora questo il bersaglio degli hacker”, dice Di Corinto in Beyond Hope: Hacker on Planet Hearth.

La conoscenza e l’uso diretto degli strumenti e delle potenzialità telematiche infatti disvelano bene l’enorme apparato di controllo sociale costituito dai database on-line, dove ogni società può agevolmente configurarsi, anche esclusivamente, come un gigantesco mercato nel quale le proiezioni dei dati demografici e sociali sono immediatamente strumentali a schemi di consumi da gestire attraverso la produzione in tempo reale di beni sempre più personalizzati. E poi non si tratta soltanto di dilagante logica mercantile, c’è qualche cosa anche di ben più grave… c’è sempre più, infatti, aria di controlli politici sempre più pressanti sulla vita delle persone, una pratica che traspare sempre più anche dalle maglie dei provvedimenti e delle proposte di nuove leggi in Italia: tutto appare funzionale al grande giro di vite…

Dopo un recente, inconcluso e avvilente tentativo di normare l’etica, senza porre soluzione alcuna, peraltro, ai problemi reali posti dalle tecniche della riproduzione assistita, è di questi giorni per esempio un altra “encomiabile” impresa del nostro Parlamento nel serial dell’orrore perbenista: siamo all’approvazione da parte della Commissione infanzia del Senato del testo unificato contro la così detta pedofilia. Una proposta di legge dove si ritiene di far fronte a una tra le più subdole e sconvolgenti tragedie dell’umanità, a opera molto spesso non del comodo lupo mannaro, ma del più insospettabile dei familiari, con il solito provvedimento culturalmente emergenziale, l’onda anomala sviluppata nell’emotività e nella riprovazione sociale, che tende a esaurire la propria efficacia nello stantio troppo visto: raccolta di firme su giornale femminile, repressione e basta, pene detentive e pecuniarie, quando non si è arrivati a parlare di pena di morte, castrazione chirurgica e chimica, e tanto per gradire, quando la previsione di finanziamenti è esclusivamente indirizzata alla ricerca universitaria, piuttosto che al sostegno di centri e consultori in prima linea… E anche in questa proposta, caratterizzata per di più da un’insopportabile generalizzazione tra bambino-bambina e persona minorenne, il rimedio a ogni male pare essere l’inasprimento, il controllo, la perquisizioni, la pena, pecuniaria e detentiva, questa volta anche per la sola detenzione di materiali pornografici se riguardano minori, e, per tornare al nostro tema, si approfitta dell’occasione per avallare ulteriori, nuove liceità di intercettazioni telefoniche da parte delle forze dell’ordine, si coglie l’occasione per demonizzare ancora una volta Internet, distinguendo la telematica dagli altri mezzi di diffusione, si consente e incoraggia, sempre per le forze dell’ordine, la creazione di “siti trappola”…

Chi pratica uno stile di vita alternativo e comunitario non può che essere avanguardia nel prendere molto sul serio tutto ciò, le censure sotto vari pretesti, anche legati a giustificati allarmi sociali, la mercificazione delle reti e degli aspetti della vita stessa, la politica che continua a produrre mostri. Ma non è il solo ad indignarsi.

E questo porta ad un’altra domanda… durante l’Hack-it ’98 ogni qual volta, magari per puro incidente verbale, veniva sfiorato il concetto di partito o di sindacato, la reazione immediata, omologa, unanime, era di schifo e di irrisione, tanto da indurre a chiedersi come accostare l’intelligenza e la conoscenza indubbia del mondo da parte delle persone presenti a una forma così scontata, qualunquista e senza appello di condanna generalizzata di realtà tanto grandi, complesse e variegate, rappresentate invece costantemente a ogni occasione come tane popolate in via esclusiva da furbastri profittatori o da vecchie muffe rincoglionite.

E quindi se indubbiamente il mondo politico deve correre a un radicale e drastico cambiamento dei suoi esponenti, si può anche pretendere che in presenza di identità di vedute e di comuni idee e battaglie non si sia scartati o demonizzati a priori, proprio da coloro che potrebbero essere gli alleati migliori, per un’appartenenza spesso faticosa, dolorosa, difficile a quanto viene definito “istituzione”, talché molti anche “da dentro” lottano per un rinnovamento e con più problemi magari di chi, scartando confronti e appartenenze cosiddette istituzionali, si ferma a realtà di grande impegno e orgoglio, ma alquanto appartate, chiuse in se stesse e vagamente autoreferenziali.

“Ma se non sei un vero hacker, niente da fare”… all’Hack-It potevano partecipare infatti solo veri hacker, cioè coloro che ben conoscono il significato di gestire se’ stessi e la loro vita come vogliono, e che “sanno s\battersi” per farlo… il fatto è che anche nelle tanto bistrattate realtà non “autogestite” ci sono, pochi ma buoni, dei veri Hacker…

* CGIL Nazionale – Ufficio Nuovi Diritti