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Qualche mese fa, i telegiornali del Belgio, per una volta unanimi nelle Fiandre come in Vallonia, decantavano nelle loro aperture le gesta della gendarmeria nazionale. In collaborazione con la polizia francese e quella olandese, aveva compiuto la più vasta operazione di controllo “antidroga” della loro storia, denominata “Frontal”, la terza di una serie di interventi coordinati cominciati il 15 marzo.

La polizia olandese forniva i numeri di identificazione di tutte la autovetture di targa belga o francese che in quel sabato sera avevano oltrepassato la loro frontiera, e i loro colleghi stranieri, con solerzia, le controllavano una a una, arrivando alla bella cifra di 18.400 perquisizioni e finendo per sequestrare 37 chili di droghe leggere tra hashish e marijuana.

Il governo si espresse con tono soddisfatto, gonfiando il petto per l’intransigenza dimostrata, sembrando appagare quella parte dell’opinione pubblica indignata per lo scandalo “del turismo della droga” e molto fiero di dare prova di efficienza nel cuore dello spazio Schenghen.

A distanza di poco tempo, gli argomenti all’ordine del giorno sono cambiati, questa volta prendendo i toni più seri della direttiva ministeriale del 17 aprile 1998 (già pronta due settimane dopo l’operazione “Frontal”), emanata a seguito del rapporto del gruppo di esperti incaricato dal Parlamento di seguire la questione. La direttiva ha di fatto completamente depenalizzato (ma non in tutti i casi) il consumo e la coltivazione a uso personale di drogues douces.

La direttiva, di sei pagine scarse, enuncia i principi della nuova politica belga, che sono “prevenzione, assistenza e repressione” (in ordine d’importanza). “Fra un approccio puramente repressivo, e una politica di tolleranza, un posto deve essere lasciato a una terza via, chiamata politica di normalizzazione”. Questa terza via, su cui molti hanno ironizzato per il suo carattere di compromesso tipicamente belga, esclude chiaramente una politica sul modello olandese, e quindi la creazione di coffee-shops, ma si allontana dall’atteggiamento rigidamente proibizionista finora tenuto dalla Francia.

Nell’elencazione delle sei priorità da seguire, ci sono alcuni passaggi di rilievo. Al primo posto è scritto: “Il principale obiettivo è sconsigliare e ridurre il consumo di droghe e diminuire il numero di nuovi consumatori di droghe”. Successivamente si aggiunge: “Non si può considerare possibile, né auspicabile, che la giustizia sia l’unico meccanismo di regolazione sociale (…). L’approccio penale, e in particolar modo la prigione, deve esser l’ultimo rimedio per regolare i casi laddove esista un uso problematico di certe sostanze”.

Come nella legislazione olandese, la legge non viene trasformata (la detenzione di droghe resta comunque un atto illegale), ma si instaura un nuovo principio guida per affrontare la questione, quello della “priorità minima”.

Tuttavia, la direttiva contiene un elemento inquietante. Considera ancora possibile un intervento penale nel caso in cui la polizia, seguendo i principi piuttosto dubbi prescritti nel testo, giudichi di avere a che fare con un soggetto “problematico”. Si lascia, cioè, libertà d’intervento alla polizia nell’individuare “dati relativi alla personalità dell’interessato” che sconsiglino l’attuazione del principio della “priorità minima”. Nel momento in cui il gendarme (categoria ultimamente nell’occhio del ciclone dopo il tentativo di fuga di Dutroux, capace di rubare una pistola a un distratto rappresentante delle forze dell’ordine) colga il consumatore nell’atto di consumare, deve decidere se si tratta di un consumatore “problematico” o meno. Alla direttiva è allegato un delirante facsimile di verbale di un sequestro di sette grammi d’erba, che illustra al vispo gendarme come intervenire.

Lascia esterrefatti la distinzione fra il consumatore socialmente sostenibile e quello che appresenterebbe un rischio per la società. Si vedrà nella pratica in che maniera questa parte verrà applicata. Vero è che la direttiva, comunque, rappresenta un passo in avanti notevolissimo, soprattutto nell’enunciazione dei principi e per l’effetto positivo nel dibattito europeo, e in piena sintonia con la filosofia della riduzione del danno. Tanto che, da ultimo, va registrata positivamente la recente decisione delle autorità belghe di iniziare, il prossimo anno, un programma sperimentale di somministrazione di eroina sotto controllo medico che dovrebbe coinvolgere 300 tossicodipendenti.