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Non è usuale che nell’iter di un protocollo di ricerca in campo farmacologico si inserisca una iniziativa della società civile. Si tratta di iter che si svolgono al chiuso del mondo scientifico, di cui per lo più poco si sa e su cui ancor meno si può prender parola. E tuttavia a Torino è accaduto. Il protocollo è quello relativo allo studio «Aripiprazolo versus Ropinirolo: studio pilota, in aperto, prospettico, randomizzato, controllato, multicentrico, per la terapia con aripiprazolo o ropinirolo in pazienti affetti da dipendenza da cocaina», promosso dal Dipartimento delle dipendenze dell’Azienda Usl 5 di Pisa. L’Aripiprazolo è un antipsicotico di cui si vuole sperimentare l’efficacia per il controllo del craving da cocaina. Ne ha già parlato nel numero scorso di Fuoriluogo Henri Margaron, l’unico responsabile toscano di un Dipartimento per le dipendenze a non aver aderito al protocollo. Il 10 giugno scorso il Comitato etico Torino2 ha preso in esame il protocollo per un parere, dato che anche sotto la Mole un Dipartimento ha aderito alla sperimentazione.
Al Comito è pervenuta, prima della discussione, una inusuale lettera: dodici tra farmacologi, psichiatri, operatori, neurologi, psicologi e sociologi da anni attivi nel campo delle dipendenze – da Giorgio Bignami a Franco Prina, da Leopoldo Grosso a Enrico Morgando, da Stefano Vecchio a Giovanni Pepino – hanno chiesto una presa in esame del protocollo particolarmente cauta e attenta, dando anche la disponibilità propria e di altri studiosi per una audizione. La lettera fornisce, a sostegno di questa invocata cautela, ragioni di tipo scientifico – connesse ad una attenta analisi della vastissima letteratura in termini di valutazione ed efficacia nonché di rapporto rischi/benefici del farmaco in oggetto – metodologico, clinico-terapeutico e etico deontologico, indicando per ogni argomentazione fonti e riferimenti in letteratura (il testo integrale della lettera e del protocollo in www.fuoriluogo.it). L’allarme dei firmatari – tra cui chi scrive e Grazia Zuffa, con il sostegno di Forum Droghe – si basa sugli affetti avversi del farmaco dimostrati in letteratura, sulla inesistenza di studi che diano una qualche credibile indicazione attorno all’efficacia contro il craving da cocaina, sul fatto che il protocollo non indichi alcuna misura di cautela per la prevenzione e il controllo dei rischi in cui i soggetti che si sottopongono alla sperimentazione potrebbero incorrere, oltre ad alcune altre incongruenze contenute nel testo del protocollo. Sullo sfondo, una domanda, già sollevata da Margaron: «Data l’evidenziata complessità multifattoriale, sia nell’esordio che nel determinismo delle ricadute, è credibile ipotizzare una qualche validità scientifica ad uno studio che sembra avere l’ambizione di “confrontare”, “asetticamente” (e riduttivamente) l’efficacia di due molecole, come se il comportamento di addiction fosse prioritariamente relato a disfunzioni dopaminergiche e queste non fossero, anche, un portato della storia dell’individuo e delle condizioni di vita di questo in un contesto dato?». L’esito della discussione nel Comitato etico torinese non è nota: pare si debba inoltrare formale richiesta per poterlo visionare. Cosa che certamente i firmatari faranno.