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La sieropositività per HIV coinvolge tutta la persona in quanto unità inscindibile di corpo e mente. Diviene inevitabile farsi carico di un lavoro psicologico che tramite la rilettura della storia di tossicodipendenza e dei vissuti relativi alla sieropositività, porti il soggetto a riscoprire il senso del proprio esistere. Con la comparsa della sieropositività, di primo acchito, si insinua nel soggetto il dubbio sulla droga, che da alleata diviene traditrice (è la fase in cui ci si dichiara disposti all’abbandono), ma tale dubbio, in un secondo momento, spesso si scioglie e la droga ridiventa l’unica possibile consolatrice di paure e solitudine. Così come una ferita cutanea necessita di un determinato tempo per rimarginarsi, allo stesso modo la ristrutturazione dei significati della nostra esistenza necessita di un tempo per renderci disponibili a nuovi progetti o aspettative. L’intervento deve essere rivolto al soggetto sieropositivo ma deve includere tutte le persone in relazione significativa con lui: il benessere del soggetto malato dipende anche da loro. La popolazione colpita dall’infezione da HIV presente a Trieste non è mai stata rilevante come in altre città. Il problema ancor oggi interessa soprattutto i tossicodipendenti, che rischiano il contagio e si infettano a causa di pratiche o comportamenti quali il buco e il sesso "non sicuri". Tra tutti, il gruppo più esposto è quello dei giovani. All’interno della propria attività di screening per le patologie infettive, il servizio per le tossicodipendenze (Ser.T.) sta verificando come, a fronte di una bassa prevalenza di infezione da HIV (12% dei soggetti esaminati), ci sia un’altissima prevalenza di epatite C (più dell’80% dei soggetti esaminati, a conferma del dato nazionale). Tale evidenza ci orienta a credere che l’epatite C possa essere uno degli indicatori di permanenza o meno di comportamenti a rischio. Gli interventi di educazione e coinvolgimento dell’utenza hanno mediamente innalzato il livello informativo ma scarsamente influenzato la percezione del rischio e gli atteggiamenti. Nel colloquio di counselling, la persona tossicodipendente tende a denunciare all’operatore una situazione meno pesante per timore, imbarazzo o perché sottostima l’effettivo rischio. Il contrario succede, invece, in esperienze di coinvolgimento di tipo gruppale, soprattutto quando queste non insistono direttamente su tematiche a forte impatto emotivo, ma puntano a valorizzare il fare in positivo. Abbiamo in tal senso sperimentato gruppi di animazione sul tema della prevenzione e della salute che hanno stimolato gli utenti attraverso attività artistiche, produzione di materiali rivolti agli altri tossicodipendenti, uscite in città. L’inclusione nell’équipe di nuove figure professionali come gli accompagnatori ex- tossicodipendenti è servita a catalizzare i processi, a rafforzare la motivazione e la tenuta nel tempo degli utenti (compagni di strada, modelli identificativi). Negli ultimi anni, il Ser.T. ha peraltro dato risalto a questi nuovi operatori, scegliendo di investire su di loro molteplici risorse volte alla loro formazione teorico-pratica. Si è voluto valorizzarne storie e sapere "di strada", responsabilizzandoli all’interno di un delicato e coinvolgente lavoro di affiancamento e supporto agli utenti. Un allenamento a creare relazioni di aiuto non specialistiche, non episodiche, caratterizzate da continuità e orientate alla crescita umana. In generale, la strategia di lavoro adottata dal nostro servizio è quella dell’offerta, di suscitare il bisogno, piuttosto che dell’attesa; al contempo, in particolare, si sta cercando di rendere più accessibili e fruibili appuntamenti inerenti al tema della salute e della cura di sé. Per la fascia d’utenza femminile, si è costituito un ambulatorio ginecologico nel Ser.T., che ospita specialisti della Clinica universitaria e del Consultorio familiare, coadiuvati da una nostra infermiera e da un’accompagnatrice. Questa scelta si spiega con alcune peculiarità dell’infezione da HIV che riguardano il sesso femminile, che risulta essere il più esposto al contagio per via sessuale. La promiscuità, la prostituzione, l’alta incidenza di malattie sessualmente trasmesse, il rischio di trasmissione materno-fetale dell’HIV (che si presenta con maggiore evidenza in donne tossicodipendenti), le condizioni socio-economiche spesso precarie e uno scadimento progressivo delle condizioni fisiche, contribuiscono a un aumento significativo di patologie ginecologiche. Il ricorso alle normali strutture del sistema sanitario nazionale, esigenza reale in queste donne, trova difficoltà di realizzazione in pazienti che spesso non sono in grado di pianificare la soluzione di problematiche legate alla propria salute, che viene così ulteriormente compromessa. L’accompagnatrice facilita un clima relazionale più intimo e sincero anche a partire dall’espressione di problemi legati a un cattivo rapporto col proprio corpo, con la sessualità, con la propria immagine femminile. Queste donne appaiono spesso molti dipendenti dalle scelte e dai comportamenti sessuali del maschio. Scarsissimo è l’uso del profilattico, sia a fini contraccettivi che di prevenzione delle patologie. Nelle coppie a sierologia HIV discordante, soprattutto in quelle dove la donna è negativa, l’atteggiamento più diffuso è quello del "rischio per amore" in una visione idilliaca, mitica della relazione. Viene denunciato come un problema il dover chiedere o giustificare all’altro l’uso di precauzioni. In donne che si prostituiscono si verifica di frequente la pratica del "sesso a rischio" finalizzata a un più lauto compenso. Risulta quindi centrale il tema della contraccezione, che è misconosciuto ed estraneo alle abitudini della quasi totalità delle donne. Si sottolinea un’immagine positiva e non terroristica della sessualità, pur all’interno di un’attenzione alla prevenzione di patologie. L’offerta gratuita e discreta dell’ambulatorio ginecologico risulta molto gradita alle utenti che vi affluiscono numerose, pubblicizzandola spontaneamente all’interno del gruppo. Le attività fin qui descritte si integrano con le altre del Ser.T., al fine di garantire una presa in carico della persona "a tutto tondo", e una maggiore qualità della risposta assistenziale e terapeutica. Particolare attenzione si riserva ai soggetti positivi all’HIV. Questi possono fruire anche di un programma di assistenza domiciliare specifico, che ha come obiettivo la personalizzazione degli interventi. Si affianca il soggetto nei vari momenti significativi come i ricoveri ospedalieri, i controlli ematici e le terapie, ma anche a domicilio come supporto, ascolto, collegamento per bisogni materiali, nei rapporti con i familiari e nelle attività del tempo libero. Anche in questo progetto lavorano accompagnatori ex-tossicodipendenti.

* Operatrici Ser.T. di Trieste