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La Quinta Conferenza nazionale sulle tossicodipendenze avrebbe dovuto essere organizzata dal governo Prodi – dal ministro Paolo Ferrero in particolare – entro il 2007. Viene invece annunciata dal governo Berlusconi per il marzo 2009 a Trieste, e sarà a carico del sottosegretario Giovanardi. La conferenza precedente era stata organizzata a Palermo nel dicembre 2005, sempre da Giovanardi; allora un fronte ampio, forte e determinato ne boicottò i lavori, con notevole successo.
Questo dice abbastanza sia sulle difficoltà precedenti, sia su quelle attuali e prossime. Cosa ci si aspetta da una conferenza di questo tipo? Per la legge, l’occasione è mirata a raccogliere pareri, idee, proposte per definire le linee strategiche nazionali nel campo delle droghe. Un momento di discussione e di confronto, indispensabile per capire quali direzioni prendere.
Ora, chiediamoci quali sono le questioni in ballo e quali quelle già ampiamente stabilizzate.
La prima questione è il contrasto al narcotraffico. In quest’area, le azioni sono necessariamente di carattere transnazionale e rimandano soprattutto all’impegno italiano nelle agenzie internazionali, quella dell’Onu sulla droga in testa (Unodc). Curiosamente, le date scelte coincidono quasi con il meeting annuale dell’Onu a Vienna, che avrà come tema principale la valutazione delle strategie globali sulle droghe lanciate all’Assemblea generale del 1998. Desiderio di rafforzare tutte e due, o minimizzazione della seconda?
La seconda questione è quella del sistema a regime. Qui, calma piatta con indicatori tendenti alla picchiata. La rete degli interventi, le strutture pubbliche e quelle accreditate denunziano il collasso. Il governo indica la responsabilità delle Regioni, che rispondono mostrando i tagli alla spesa sociale e sanitaria patiti negli ultimi anni. Le risorse sono in netta diminuzione, le idee per rinnovare il sistema languono.
La terza questione riguarda gli interventi «innovativi»: ampiamente superati e considerati quasi come attentati i tentativi di sperimentare le «stanze del consumo» e i trattamenti con eroina medica, ci si dedica ai controlli. Sono tempi, questi, di verifiche sui soggetti e sui loro comportamenti; bisogna attivare il controllo sulle professioni a rischio (sacrosanto, ma sarà efficace ed efficiente?), occorre chiamare telecamere e cronisti per i controlli sulle strade, per testimoniare un livello di pressione alto sui consumi. Anche qui, chi ne verifica l’attendibilità e soprattutto l’efficacia?
Ma, per tornare alla Conferenza, due sono i punti dirimenti per giudicarne l’adeguatezza: il percorso di costruzione, e le forme della celebrazione e della partecipazione. Per ambedue i punti, è indispensabile conoscere se vi saranno percorsi ed occasioni che garantiscano ampiezza di dibattito, partecipazione, apertura e che includano tutti i punti di vista, le opinioni, le proposte, i soggetti in campo. E l’inclusione deve essere palese e adeguata, non relegata a occasioni e momenti non significativi, semiclandestini o invisibili.
Sarebbe grave se, dopo la Conferenza di Palermo che è stata monca per scelta consapevole di una parte degli attori, passassimo a una Conferenza di Trieste monca per esclusioni pregiudiziali.
Infine: qualcuno si sta occupando di una verifica delle scelte legislative e normative sull’andamento dei fenomeni? Un paio di progetti della passata gestione avrebbero dovuto offrire dati e spunti relativi ai cosiddetti «percorsi amministrativi». Che fine hanno fatto?
Maurizio Coletti