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Gent.ma Ministra Turco, ho avuto modo di leggere sui giornali la proposta – definita choc – di inviare i Nas nelle scuole per contrastare il consumo e lo spaccio di droghe. Non so fino a che punto vi sia stata una forzatura giornalistica. So per certo che di questo non vi era stata discussione all’interno della Consulta sulle Dipendenze da lei istituita e di cui faccio parte.
Si tratta di una proposta che nulla ha a che fare con la prevenzione e sposta l’asse culturale e operativo tutto sul piano della repressione. Chiunque oggi si occupa di tossicodipendenze sa perfettamente che non saranno i carabinieri né i cani anti-droga a dissuadere stili di vita giovanili.
Si creerà un’ulteriore frattura sociale tra la vita reale e la vita politica. Inoltre si trasformerà la scuola in uno strano e ibrido luogo dove le ragazze e i ragazzi avranno paura ad andare.
Per queste e altre motivazioni che richiedono una analisi ben più approfondita ritengo, qualora dovesse essere confermato quanto preannunciato dai media, di dover rinunciare alla mia partecipazione in qualità di membro al gruppo di lavoro ministeriale sulle dipendenze.
Cordiali saluti,
Patrizio Gonnella

Quando l’associazione Forum Droghe mi ha fatto l’onore di chiedermi di rappresentarla all’interno della Commissione Consultativa in materia di dipendenze patologiche, istituita dal Ministero della Salute, ho accettato con entusiasmo. Le premesse lasciavano sperare in un cambiamento di stagione nel modo di affrontare le dipendenze patologiche, speranze rinforzate dalla lettera inviataci dalla Ministra.
Purtroppo i miei entusiasmi iniziali si sono tramutati, negli ultimi giorni, in un imbarazzo riguardo al mio ruolo in seno a tale commissione, nonché in forti preoccupazioni sulle politiche che il Ministero della Salute intende realmente perseguire. Le affermazioni reiterate della Ministra della Salute sull’opportunità di inviare i Nas con i cani antidroga nelle scuole, così come il suo appoggio all’iniziativa del sindaco di Milano, signora Letizia Moratti, di offrire a tutti i genitori milanesi un «kit antidroga» per controllare se i figli si drogano, mi preoccupano e mi sconcertano.
Il motivo avanzato dalla Ministra a sostegno di tali iniziative è il sacrosanto dovere di rispetto nei confronti della legalità, tuttavia rivolgendosi ad adolescenti, occorrerebbe soprattutto tener conto del dovere dell’educazione alla legalità da parte degli adulti. Sappiamo che purtroppo i giovani si drogano, non abbiamo bisogno del kit della signora Moratti e, se lo fanno, non è perché le droghe «spengono la vita», come recita lo spot della campagna di prevenzione del Ministero della Salute, bensì perché la «illuminano», anche se purtroppo si tratta di luce artificiale. La nostra curiosità, il nostro impegno dovrebbero essere rivolti a comprendere perché così tanti giovani hanno bisogno di questo tipo di luce. La luce naturale, di cui evidentemente mancano e che dobbiamo ridare loro, può provenire solamente dall’affetto che possono ricevere dagli altri, dalla famiglia in primis. Purtroppo la società moderna non sa tener conto di questo tipo di bisogno, così come non è disposta a rispettare i tempi di maturazione dei suoi figli. Le espressioni di sofferenza o di disagio rappresentate dal consumo di droga, anche quando essa sembra assunta per puro scopo ricreativo, richiedono rispetto ed ascolto, e non la violenza di indagine a sorpresa. Ma che tipo di relazione vogliamo stabilire con i nostri figli?
Con questa lettera ho voluto comunicare le mie preoccupazioni, pregando di renderla nota a tutti i membri della Commissione Consultativa, poiché credo che molti la condivideranno, e di farla recapitare alla signora Ministra, per poter ricevere dei chiarimenti. Nell’attesa e con rammarico non posso che autosospendermi.
Cordialmente,

Henri Margaron