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Quali opzioni hanno a disposizione le migliaia e migliaia di pazienti americani per la cui salute la canapa è molto importante, quando non essenziale? Possono usare il Marinol (il tetraidrocannabinolo sintetico approvato dalla Food and Drug Administrationnel 1985), che molti tra loro trovano insoddisfacente; oppure possono usare la marijuana violando la legge. Perché il governo Usa li sta criminalizzando? Che problema ha con la marijuana medica? Il governo federale vede l’accettazione della marijuana medica come l’anticamera della catastrofe, come la fine del proibizionismo sulla canapa. Poiché giudica una iattura qualunque impiego della marijuana, è difficile immaginare come possa accettare una soluzione legale che ne consenta l’uso medico perseguendo con vigore, allo stesso tempo, una politica proibizionista per qualunque altro impiego. Eppure sono in molti a credere che una soluzione di questo tipo sia possibile e praticabile.

Vediamo cosa comporterebbe creare e mantenere un simile assetto legale negli Usa. La prima condizione ritenuta necessaria in questo momento è l’approvazione da parte della Food and Drug Administration (Fda), ma si può obiettare che nel caso della canapa essa sarebbe superflua. Per essere approvati dalla Fda e poi immessi sul mercato, i farmaci devono essere sottoposti a test rigorosi e costosi, che richiedono molto tempo. Lo scopo è tutelare il consumatore accertando la loro sicurezza ed efficacia. Poiché nessuna medicina è completamente sicura, né sempre efficace, si presume che per essere approvata abbia soddisfatto un’analisi rischi-benefici. Il sistema è congegnato in modo da regolare la distribuzione commerciale dei prodotti farmaceutici e proteggere il pubblico da pretese false o fuorvianti sulla loro efficacia e sicurezza. La casa farmaceutica deve presentare alla Fda evidenze derivanti da studi controllati a doppio cieco, le quali dimostrino che la sostanza in esame è più efficace di un placebo. I casi già osservati, l’opinione degli esperti e l’esperienza clinica (dati aneddotici) non sono giudicati sufficienti. Da quando l’attuale sistema fu varato nel 1962 i criteri sono diventati più rigidi, e poche tra le medicine approvate all’inizio degli anni ’60 sarebbero nuovamente approvate oggi. Certamente abbiamo bisogno di maggiori ricerche cliniche e di laboratorio per migliorare la nostra conoscenza della canapa medica, sono però giunto a dubitare che le regole della Food and Drug Administrationdebbano applicarsi nel caso della canapa. La sicurezza di questa pianta non è in discussione. È una delle medicine più antiche dell’umanità, e le evidenze di effetti tossici significativi sono minime. Imporre alla canapa il protocollo moderno della Fda per stabilire una stima rischi-benefici non è necessario. Sarebbe come imporlo all’aspirina, che fu autorizzata oltre sessant’anni prima dell’avvento dello studio controllato a doppio cieco. Molti anni di esperienza ci hanno insegnato che l’aspirina si presta a molti usi e ha una tossicità limitata, eppure oggi essa non supererebbe il vaglio della Fda. Il brevetto è scaduto da molto tempo e, con esso, l’incentivo a sobbarcarsi il pesante costo finanziario di questo moderno sigillo di approvazione. Anche la canapa non è brevettabile, perciò le uniche fonti di finanziamento per un’eventuale approvazione sarebbero le organizzazioni non-profit o il governo, che, per usare un eufemismo, difficilmente sarebbe disposto a collaborare. Altre ragioni per dubitare che la marijuana possa essere ufficialmente approvata sono l’attuale clima di intolleranza nei confronti del fumo e, soprattutto, l’impiego diffuso di canapa per scopi disapprovati dal governo. Per individuare alcuni degli ostacoli insiti in questo approccio al problema, consideriamo che effetto avrebbe autorizzare la marijuana come medicina, proibendola per qualsiasi altro uso. In che modo sarebbero determinati gli usi “autorizzati”, e come sarebbero monitorati gli usi “non autorizzati”? Supponiamo che vengano effettuati degli studi ritenuti soddisfacenti dalla Fda; che questi affermino che la marijuana è sicura ed efficace per trattare la sindrome di deperimento da Aids e/o la neuropatia connessa all’Aids; e che in questi casi i medici abbiano la possibilità di prescriverla. La situazione presenterebbe problemi enormi. Generalmente, quando un farmaco è approvato per una indicazione medica, i medici sono liberi di fare prescrizioni “fuori etichetta”, ossia di prescriverla anche per altre patologie. Se la marijuana fosse approvata per uso medico, come giocherebbe la prescrizione fuori etichetta? Sicuramente i medici più aggiornati vorrebbero prescriverla ai loro pazienti sofferenti di sclerosi multipla, morbo di Crohn, emicrania, disturbi convulsivi, sintomi spastici, ed altri disturbi per i quali l’effetto positivo della canapa è testimoniato da una montagna di evidenze aneddotiche. Ma che dire della sindrome premestruale? Sicuramente le donne che soffrono di questo disturbo lo considerano un problema serio, e molte di loro trovano la canapa il trattamento più utile e meno tossico. Poi ci sono la perdita della capacità erettile nei paraplegici, e il singhiozzo non trattabile. E poi c’è la depressione: non il disturbo emotivo più grave, definito nel Dsm IV, ma la comune condizione disforica più lieve per cui i medici di base prescrivono spesso farmaci come il Prozac. E che dire infine del disturbo bipolare? Parlando in generale, più un farmaco è pericoloso, più grave o debilitante deve essere il sintomo o la malattia per cui esso è approvato. Di contro, più grave è il problema di salute, più il rischio è tollerato. Se il vantaggio è molto grande e il rischio molto piccolo, la medicina diventa un farmaco da banco. I farmaci da banco sono considerati talmente utili e sicuri che si consente ai pazienti di usare il proprio giudizio senza il permesso o il consiglio di un medico. Perciò oggi chiunque può acquistare e usare aspirina, per qualunque scopo. Ciò viene permesso perché l’aspirina è considerata sicura; costa “solo” da mille a duemila vite all’anno negli Usa. L’ibuprofene ed altri farmaci antinfiammatori non steroidei (Fans) possono essere acquistati senza ricetta perché considerati anch’essi molto sicuri: costano “solo” 10.000 morti all’anno. L’acetaminofene (Tylenol), un altro farmaco da banco, è responsabile di circa il 10% dei casi di insufficienza renale cronica. Al pubblico è anche permesso acquistare molti prodotti officinali i cui pericoli e la cui efficacia non sono stati determinati bene.

Oggi nessuno può dubitare che, come ha detto il giudice amministrativo della Dea, Francis L. Young, la canapa sia “tra le sostanze terapeutiche più sicure che l’uomo conosca”. Se fosse nella farmacopea ufficiale, potrebbe seriamente aspirare al titolo di sostanza meno tossica di quel compendio. Nella sua lunga storia, essa non ha mai causato una sola morte per overdose. Infine, c’è la questione dell’approvvigionamento. Il governo federale attualmente fornisce la marijuana della sua coltivazione in Mississippi ai cinque pazienti che ancora rientrano nel “Compassionate Investigational New Drug Program”, un programma ormai interrotto. Ma sicuramente il governo non potrebbe o non vorrebbe produrre marijuana per le molte migliaia di pazienti cui verrebbe prescritta, non più di quanto faccia per altre medicine su prescrizione. Il prezzo della marijuana farmaceutica dovrebbe essere calmierato: non troppo alto, perché i pazienti non siano tentati di acquistarla sulla strada o coltivarla da sé; non troppo basso, perché le persone con problemi di salute marginali o fittizi ricoprano i loro medici di richieste di prescrizioni? Quando viene chiesto ai lavoratori di sottoporsi ai test delle urine, quali sarebbero i costi burocratici, e gli altri costi, per identificare coloro che usano la marijuana legalmente come medicina distinguendoli da coloro che la usano per altri scopi? Per realizzare le potenzialità della canapa medica nel contesto dell’attuale sistema proibizionista, dobbiamo risolvere tutti questi problemi, ed altri ancora. In un simile campo minato, il sistema di somministrazione sarebbe inefficiente e burocratizzato. Le commissioni, governative e mediche, incaricate di rilasciare le autorizzazioni pretenderebbero rigide restrizioni, mettendo in guardia i medici come se la canapa fosse una sostanza pericolosa ogni volta che fosse usata per qualunque nuovo paziente o scopo. Vi sarebbe un conflitto costante, con uno dei due esiti seguenti: i pazienti non avrebbero un beneficio pieno; oppure, pur di averlo, abbandonerebbero il sistema legalizzato per il mercato nero o per il proprio giardino o spazio privato.

La Versione integrale della relazione di Lester Grinspoon è disponibile, in lingua inglese, qui.