Il 6 e 7 novembre a Bruxelles, in una sala del Parlamento Europeo, si è svolto un seminario organizzato da Encod per definire la strada per l’appuntamento del 2008, in cui si dovrebbe fare dopo dieci anni il bilancio della strategia antidroga definita nel 1998 a New York. Vittorio Agnoletto negli stessi giorni ha lanciato l’allarme denunciando la manovra di Antonio Costa, il direttore dell’Onudc, l’agenzia specializzata nella war on drugs che intenderebbe rinviare l’appuntamento di un anno e convocare l’assise a Shangai, per festeggiare i cento anni dalla Conferenza che si svolse in quella città e introdusse il sistema di controllo sulle droghe, il regime di proibizione che ha esercitato fino ad oggi un’influenza planetaria.
Antonio Costa, il piccolo zar antidroga, è consapevole del fallimento della mission ambiziosa di un mondo senza droga e comprende che sarà difficile replicare alle contestazioni del mancato raggiungimento degli obiettivi della eradicazione completa della coltivazione di coca, oppio e canapa e della riduzione della domanda fino all’astinenza. Sa che sarà difficile per la narcoburocrazia prolungare all’infinito una guerra stupida e violenta che sperpera ingenti risorse per alimentare una struttura di potere e quindi sta cercando di individuare strategie che appaiano meno arroganti e più inclini al dialogo.
Così si spiega l’incontro con il Presidente Morales per tentare una alleanza assai ardita, basata sul riconoscimento della legittimità della coltivazione in Bolivia della coca, ottenendo in cambio il sostegno al contrasto alla cocaina. L’ineffabile Costa in una intervista al Manifesto ha spiegato questa ridicola tesi dell’esistenza di sostanze buone e cattive dicendo: sì al papavero da oppio e no all’eroina; sì alla foglia di canapa e no all’hashish (sic!).
Si tratta evidentemente di una manovra per gettare polvere negli occhi del movimento, se non addirittura per tentare di dividerlo. Noi non solo non cadiamo in questa trappola, ma denunciamo questa ennesima provocazione ricordando le nefandezze compiute in questi anni da Costa. Alla fine il suo attivismo non ci deve preoccupare più di tanto perché la sua ispirazione forcaiola esce allo scoperto con prepotenza. Dopo la visita in Bolivia infatti ha pensato bene di rendere visita all’Iran e di elogiare il Governo per l’impegno nella lotta al narcotraffico, sorvolando sul fatto che lo strumento di repressione è la pena di morte per impiccagione pubblica in piazza. Niente di nuovo sotto il sole: Fondamentalisti e integralisti si ritrovano insieme contro i diritti umani e la ragione.
Il documento finale sottoscritto da 50 organizzazioni provenienti da tutta l’Europa costituisce la base per una mobilitazione impegnativa di un Movimento che vuole essere protagonista.
In Italia dobbiamo imporre che nel 2007 il cambiamento della legge Fini-Giovanardi sia posto al centro dell’agenda della politica e chiedere al governo italiano segni espliciti di discontinuità profonda nelle sedi internazionali. Per questo dobbiamo esigere che i ministri D’Alema, Bonino, Ferrero e Turco non diano copertura all’azione di Antonio Costa ma mettano pubblicamente in discussione la sua permanenza a capo dell’Agenzia dell’Onu di Vienna. Questa campagna darà un ruolo all’Italia e all’Europa.