L’ultimo a sferrare una campagna di controriforma è il New York Times, che attacca dopo poco più di due anni di attuazione, la Misura 110 (Drug Addiction Treatment and Recovery Act), con cui l’Oregon nel novembre del 2020 per referendum ha decriminalizzato l’uso e il possesso per uso personale di piccole quantità di droghe illegali (mantenendo per altro un sistema di multe e invii ai servizi), e investito 300 milioni di dollari (anche grazie alle tasse sulla cannabis legale) per virare da un sistema repressivo a uno basato su salute e inclusione. Secondo il NYT, tutti i dati disegnerebbero il “plateale disastro della decriminalizzazione delle droghe”: a dire il vero, gli editoriali sono infarciti di aneddoti relativi a uso in pubblico e a scarso accesso alle help line attivate, e quando si parla di dati in crescita o costanti (overdose) non vi è alcuna evidenza che siano correlati alla decriminalizzazione.
Ci sono due considerazioni generali che vale la pena fare: primo, ai critici sembra sfuggire come la situazione drammatica che la nuova norma si trova da soli due anni ad affrontare abbia la sua origine in 60 anni di ‘war on drugs’, se tanta veemenza nel valutare i risultati di una politica si fosse espressa qualche decennio fa forse non si sarebbe oggi a questo punto. Secondo: come sottolinea Drug Policy Alliance, primo promotore della riforma, se il decremento di overdose o episodi di uso in pubblico tarda, di contro la macchina del sanzionamento penale, del carcere e dello stigma è stata inceppata: ma sembra che di questo ai critici non importi molto.
Negli USA il 15% degli arresti è per droga, e di questi il 90% è per possesso per uso personale, e ne fanno le spese soprattutto le fasce più povere e gli afroamericani. Grazie alla M110, si è passati dai 1.244 arresti mensili per droga ai 209 dopo l’adozione della riforma, con un trend di 10 arresti in meno ogni mese dal 2021 e un risparmio ad oggi di 40 milioni di dollari. Stante la composizione degli arrestati, la decriminalizzazione ha un effetto concreto nella lotta alla cifra razzista che da sempre caratterizza la war on drugs. Circa l’andamento delle overdose, i primi due anni della M110, 2021-2022, sono quelli di un ulteriore picco delle morti in tutti gli States (+15%, dove il fentanyl incide per il 75%); in Oregon tuttavia il tasso di mortalità rimane al di sotto della media nazionale (26,8 /100mila, contro il 32,4), e resta inferiore a quello di molti stati dove vige la criminalizzazione. Non solo non vi è evidenza di una causalità tra decriminalizzazione e permanere di un numero certamente elevato di morti, ma la riforma concorre in due modi cruciali alla lotta all’overdose: abbattendo stigma e rischio legale, dunque rimuovendo le più frequenti barriere all’accesso ai servizi, e investendo con un piano straordinario, mai visto prima, in Riduzione del Danno, trattamento e sostegno sociale, che prevede servizi accessibili gratuitamente a tutti, il che per un sistema sanitario come quello americano, è una innovazione radicale. Nei primi sei mesi del 2023, oltre 60mila persone hanno ricevuto un intervento mirato a prevenire l’overdose.
Contestata da riformisti e operatori anche la narrativa mediatica circa un supposto aumento del degrado nelle città e all’impatto della popolazione senza dimora che usa droghe: al contrario, grazie all’enfasi che la Misura 110 pone sull’inclusione sociale, sono state attivate numerose accoglienze, e il sostegno abitativo è cresciuto del 125%.
E allora, sarebbe irrazionale, pretestuoso e ideologico pretendere adesso il ritorno indietro da una riforma approvata con il 60% dei voti, sostenuta dalla gran parte della popolazione, e che ha bisogno invece di tempo, fondi e sostegno politico.
Link e approfondimenti su fuoriluogo.it/decriminalizzazione
