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La ripresa della ricerca scientifica sulle sostanze psichedeliche (nonché sui loro aspetti socio-culturali) risale ad oltre 25 anni fa, grazie a una variegata comunità internazionale tesa a studiarne e metterne a fuoco innanzitutto i potenziali benefici terapeutici.  Per superare lo scoglio delle attuali norme proibizioniste, pur se in teoria la Convenzione Onu del 1961 dovrebbe favorire l’accesso per fini medico-scientifici a piante e sostanze “proibite”, tale comunità continua a farsi carico di ogni incombenza legale, burocratica ed economica pur di portare avanti questo percorso innovativo. Da qui l’estrema importanza di notizie come quella arrivata la settimana scorsa dal Johns Hopkins Medicine, con sede a Baltimore, in Maryland (Usa).

Si tratta del lancio del Center for Psychedelic and Consciousness Research, con un progetto iniziale di cinque anni dedicato alla ricerca scientifica sugli psichedelici. Gli studi si concentreranno sulla psilocibina (il principio attivo dei ‘funghetti magici’) per il trattamento di svariate condizioni mediche, in particolare depressione, anoressia, dipendenza da oppiacei e da alcol, malattia di Lyme e di Alzheimer, disturbo post traumatico da stress (Dpts). Si tratterà quindi di studiare possibili applicazioni del tutto nuove, vista anche l’attuale assenza o scarsità di cure efficaci come nel caso dell’anoressia, dell’Alzheimer o delle dipendenze. Mentre rispetto al Dpts finora i test clinici hanno riguardato soltanto l’Mdma, di cui è ora in corso la terza e ultima fase basata sul protocollo speciale messo a punto dalla Maps (Multidisciplinary Association for Psychedelic Studies) e convalidato dalla Fda (Food and Drug Administration).

Ciò grazie al fatto che la psilocibina rivela potenzialità curative adatte a molteplici disfunzioni. Secondo Roland Griffiths, docente di psichiatria e neuroscienze presso la Johns Hopkins Medicine, questa sostanza è in grado di «produrre cambiamenti positivi e di ri-scrivere le narrative individuali per superare blocchi psicologici di qualsiasi tipo, dalla dipendenza alla depressione». D’altronde i ricercatori della Johns Hopkins sono all’avanguardia in queste indagini, con ricerche iniziate già nel 1999 con  i vari risultati positivi; tra questi, nel dicembre 2016 un test (in collaborazione con la New York University) su 80 soggetti volontari aveva riportato che una singola dose di psilocibina con l’ausilio della psicoterapia “dava sollievo dall’ansia e dalla depressione associate con il cancro per almeno sei mesi”.

L’iniziativa è resa possibile da donazioni private per un totale di 17 milioni di dollari, in buona parte ricevuti dalla Steven & Alexandra Cohen Foundation, oltre ai contributi di Tim Ferriss (imprenditore e animatore di un noto podcast), Matt Mullenweg (cofondatore della piattaforma web WordPress), Blake Mycoskie (ideatore delle calzature TOMS) e l’investitore Craig Nerenberg. Cifra apparentemente consistente ma forse solo per i primi anni, considerando che la stessa Maps calcola in 27 milioni di dollari la spesa complessiva per le varie procedure e i test clinici condotti in questi anni con l’Mdma. Da notare inoltre che Ferriss ha stanziato dei fondi anche per ricerche analoghe presso l’Imperial College londinese e per progetti individuali condotti alla University of San Francisco, in questo caso usando la psilocibina come coadiuvante anti-stress per pazienti affetti dall’Aids.

Altra notizia di primo piano di pochi giorni fa, l’Usona Institute sta per lanciare la Fase 2 dei test per l’uso della psilocibina contro la depressione cronica. Lo studio verrà condotto in sette cliniche statunitensi e tra i ricercatori coinvolti ci sarà anche lo stesso Roland Griffiths. Entro due mesi verranno selezionati i  partecipanti, rispettando tutti i parametri scientifici odierni, cioè a doppio cieco, con placebo e randomizzato. Il tutto con la massima condivisione e trasparenza possibili, grazie a una piattaforma Open Science sulle procedure in corso.

L’Usona Institute è un ente non-profit che sponsorizza e gestisce i test clinici sulla psilocibina, con l’obiettivo di rifornire il mercato una volta ottenuta l’approvazione delle autorità federali al termine dell’attuale fase di sperimentazione. Tra i suoi animatori c’è Robert Jesse, già fondatore del Council on Spiritual Practice e parte del gruppo di esperti impegnati a favorire questo revival della ricerca psichedelica, in particolare dopo un apposito evento tenutosi nel 1993 all’Esalen Institute di Big Sur, sull’impervia costa pacifica un paio d’ore a sud di San Francisco.

Un revival che, infine, prosegue a tutto campo anche con convegni ed eventi internazionali: dopo la quinta Breaking Convention, svoltasi a fine agosto all’Università di Greenwich di Londra, il prossimo appuntamento è fissato dal 10 al 14 ottobre a New York per la 13.ma edizione della Horizons Conference. Previste sessioni su scienza e medicina, cultura e filosofia, arte e cultura, con decine di presentazioni da parte di esperti e animatori di ogni parte del mondo. Fra l’altro, verranno presentati uno studio sull’uso delle microdosi di Lsd e le novità su neuroscienze e psilocibina, oltre a classi per l’introduzione alla terapia con l’Mdma e la chetamina specificamente mirate al personale medico.