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Nei giorni 21, 22 e 23 settembre la Camera dei deputati ha discusso e approvato le disposizioni per il Fondo nazionale di intervento per la lotta alla droga. Mentre scriviamo è ancora in corso la crisi di governo e i lavori del Parlamento sono fermi. Se la legislatura proseguirà, toccherà al Senato esaminare il disegno di legge. Purtroppo, ancora una volta, la Camera ha nettamente peggiorato il testo, grazie a un colpo di mano delle destre, reso possibile anche dalle assenze della maggioranza. Con un solo voto di differenza è stato approvato l’emendamento dell’onorevole Carlesi (AN), che preclude i finanziamenti dei progetti di riduzione del danno che prevedano la somministrazione delle sostanze contenute nelle tabelle I e II e limita la possibilità di somministrazione del metadone a progetti e servizi “interamente gestiti dalle aziende USL” e “purché i dosaggi somministrati e la durata del trattamento abbiano la esclusiva finalità clinico-terapeutica di avviare gli utenti a successivi programmi riabilitativi”.

Un gruppo di operatori aderenti al Forum Droghe sta raccogliendo le adesioni a un documento da far pervenire ai senatori. Il testo denuncia la strumentalità di chi vieta inesistenti e inimmaginabili programmi di somministrazione di cannabis e il pregiudizio ideologico che preclude la possibilità di avviare eventuali programmi di sperimentazione con eroina terapeutica.

In riferimento ai programmi di somministrazione di metadone viene sottolineata la miopia che porta a negare la pluralità di interventi. Mentre “diversificando le risposte in più sedi e diluendole tra più attori (ad esempio, i medici di base) e ampliando le possibilità di intervento (ad esempio, l’intervento sulla strada) del sistema dei servizi attraverso progetti condivisi tra pubblico e privato e terzo settore, il tossicodipendente avrà a disposizione un ventaglio di offerte e di opportunità che potrà garantirgli una migliore e più adeguata risposta ai suoi bisogni particolari”. Altrettanto grave è l’indicazione del tipo di trattamento per l’invasività che così si determina nei confronti delle scelte degli operatori. Anche se, sottolineano sempre gli estensori del documento, il termine “riabilitativo”, correttamente inteso, indica il “lavorare sulle abilità dell’individuo per potenziarle, senza per questo misconoscere bisogni particolari quali quelli di un farmaco sostitutivo come il metadone. … La riduzione del danno è parte di un percorso riabilitativo e il metadone ne è un importante strumento”. E comunque permane una fascia di tossicodipendenti che, pur non aderendo a programmi più complessi, grazie all’uso del metadone riduce i rischi di overdose o di infezioni.

Vale la pena rileggere i resoconti delle sedute della Camera, per capire meglio le motivazioni portate a sostegno di un simile testo di legge e il dibattito che si è svolto attorno al problema della somministrazione di eroina.

Già in sede di discussione generale, l’onorevole Carlesi, dopo aver sostenuto di non condividere una concezione della riduzione del danno intesa come “il cronicizzare una condizione che – per quanto contornata di siringhe sterili, preservativi, metadone, eroina di stato – resta comunque quella di automa che ha perso le caratteristiche essenziali dell’uomo”. Terrorizzato alla sola idea che a decidere i criteri dei progetti siano regioni come l’Emilia-Romagna, il Lazio e la Toscana, spiega che i suoi emendamenti mirano a collegare la riduzione del danno “al processo di riabilitazione e non a quello di cronicizzazione”. Del resto, anche il popolare (nel senso del Ppi) Fioroni aveva spiegato coma “la riduzione del danno non possa significare il mantenimento di uno stato di tossicomania”.

Il vero oggetto del contendere è la possibilità di sperimentare anche in Italia la somministrazione di eroina. Lo spiega l’onorevole Cè (Lega) sostenendo che, pur non essendo inserita nella farmacopea ufficiale, in assenza di una norma che vieti esplicitamente la sperimentazione delle sostanze delle tabelle I e II, non si può escludere un loro utilizzo. Da qui il bisogno di fare chiarezza sulla materia. Subito l’onorevole Fioroni si preoccupa di tranquillizzare i colleghi, spiegando che nessuna sperimentazione potrà far entrare l’eroina nella farmacopea ufficiale. Per poterlo fare l’eroina dovrebbe “seguire i tre livelli della sperimentazione: manifestare un’attività biologica, successivamente dimostrare che questa ha un effetto terapeutico, infine stabilire che l’effetto terapeutico sia prodotto sull’uomo”. Solo in seguito a tali dimostrazioni può iniziare la somministrazione. Anche il relatore Lumia ha rimandato alla normativa generale sull’utilizzo a fini terapeutici di una sostanza, negando che oggi si possa utilizzare l’eroina. Gli stessi argomenti sono stati utilizzati dalla ministra Livia Turco.

Sfugge un po’ a tutti il senso della sperimentazione della somministrazione dell’eroina, e più in generale della riduzione del danno. Lo lamenta giustamente il documento degli operatori: in questo modo chiudiamo le porte alle “necessità reali di alcune fasce di soggetti tossicodipendenti particolarmente resistenti ai trattamenti oggi usati e che sono a rischio costante di overdose e di deriva sociale”. La scelta delle strategie della riduzione del danno è, prima di tutto, la tutela della salute, a prescindere dalla maturazione della scelta dell’abbandono della sostanza. E, comunque, nessun programma di somministrazione di eroina si limita all’uso della sostanza, ma si fa forte di più interventi (alloggio, lavoro) di reinserimento.

Ma il problema è l’idea di cura espressa più volte nel dibattito parlamentare. Lo dice esplicitamente Fioroni: “l’eroina non è un farmaco e ho qualche difficoltà a ipotizzare che qualcuno riesca ad iscriverla nell’ambito dei farmaci, a meno che non si ritenga di curare la tossicomania consentendone il mantenimento”. Si torna sempre al nodo di fondo. È su questo che bisogna decidere, perché il T.U. 309 prevede che il ministero della Sanità possa autorizzare l’impiego della sostanze stupefacenti comprese nelle tabelle (art. 17). Far finta che l’ostacolo sia l’entrata dell’eroina nella farmacopea ufficiale è solo un modo, politicamente debole, di non affrontare il merito delle questioni.