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La presidenza del Consiglio e il Parlamento europeo hanno raggiunto un accordo provvisorio su una proposta di regolamento in merito all’Osservatorio europeo sulle droghe e le dipendenze (in inglese EMCDDA) che lo trasformerebbe in un’Agenzia europea per la droga. L’accordo è soggetto all’approvazione definitiva del Consiglio e del PE ma il più è fatto.

Salutata con entusiasmo (proibizionista) dalle dichiarazioni (poliziesche) della presidenza svedese dell’UE, l’agenzia, almeno sulla carta, sembra ripropone in toto le solite ricette per “rispondere alle nuove sfide per la salute e la sicurezza poste dalle droghe illegali in modo più efficiente.”

Tra i compito principali della “nuova” istituzione: “sviluppare capacità di valutazione delle minacce alla salute e alla sicurezza per identificare rapidamente nuove minacce e condurre esercizi di previsione per identificare (sic) le sfide future; coprire specificamente il consumo di poli-sostanze (lecite o illecite) sempre più comune; rafforzare la cooperazione con gli Stati membri; creare una rete di laboratori per accedere a informazioni forensi e tossicologiche; sviluppare interventi basati su evidenze per sensibilizzare le istituzioni e lanciare allarmi quando sul mercato compaiono sostanze particolarmente pericolose”.

Niente, letteralmente niente, di nuovo. Quando si parla di politiche, ancor prima che di leggi, sulle droghe, pare che il tempo non sia mai passato. Questa riorganizzazione dell’Osservatorio in Agenzia non lascia ben sperare in quanto a possibili prospettive di aggiornamento o adeguamento delle misure necessarie per legare le proposte di revisione o valutazione delle politiche europee in materia di droghe tanto alla scienza quanto alle riforme necessarie per garantire salute e scelte libere.

A metà marzo scorso l’EMCDDA ha risposto a una lettera dell’intergruppo che al Parlamento europeo si interessa di “scienza psichedelica” in cui le e gli eletti manifestavano una sincera preoccupazione “per la mancanza di progressi in materia di ricerca rispetto a quanto sugli psichedelici invece è in corso in Regno unito, USA, Canada e Australia” il documento lamenta in particolare una disattenzione regolatoria continentale che sta creando uno “svantaggio per milioni di persone che (anche) in Europa sono affette da condizioni di salute mentale e disturbi da uso di sostanze” auspicando che il centro di Lisbona possa “svolgere un ruolo più attivo” nello studio e adozione di terapie psichedeliche –  le richieste sono firmate da Sara Cerdas, Alex Agius Saliba e Robert Biedroń (S&D), Frédérique Ries (Renew Europe), Jarosław Duda (PPE) e Tilly Metz (Verdi).

La lettera chiede inoltre che l’Agenzia europea per le medicine, EMA, “svolga un ruolo più attivo” in materia di terapie innovative elencando prospettive e problemi che occorre affrontare in preparazione all’adozione di tali terapie facendo tesoro dei progressi regolatori di altre parti del mondo, come per esempio quanto in fase di definizione presso la Food and Drug Administration relativamente all’MDMA per la cura dello stress post-traumatico perseguito dalla Multidisciplinary Association for Psychedelic Studies, MAPS.

L’interesse dell’intergruppo “psichedelico” va (in buona parte – e opportunamente) anche oltre le competenze regolatorie europee, nella lettera si legge infatti “Riteniamo che il sistema internazionale di programmazione dei farmaci debba essere riformato per garantire che gli psichedelici con un forte potenziale medicinale siano più accessibili a scienziati e pazienti prima che vengano approvati da autorità di regolamentazione come EMA e FDA”. Tanto l’agenzia per i medicinali quanto il centro di Lisbona “hanno una grande opportunità di fornire alle istituzioni dell’UE, compresi i membri del Parlamento europeo, le informazioni vitali – e la direzione di cui hanno bisogno – per prendere decisioni informate che abbiano un impatto sulla salute della popolazione europea e servano da un modello per i responsabili politici a livello globale”. Buoni propositi che si scontrano con la fine della Legislatura e l’inopportuna revisione delle competenze e focus dell’EMCDDA.

La risposta da Lisbona è arrivata dal direttore Alexis Goosdeel, che ha ricordato l’incompetenza del Centro circa la programmazione dei medicinali e la centralità della valutazione scientifica dell’OMS e le successive decisioni politiche, in sede di Commissione Droghe dell’Onu, CND, per la riprogrammazione.

Questo scambio epistolare torna a suonare le dolenti note dell’adeguatezza dell’architettura istituzionale in materia di droghe, le competenze tecniche di chi siede in quelle istituzioni (EuropParlamento compreso) e stigma proibizionista. Pare impossibile che nel 2023 ci sia ancora chi non sappia che ci sono sostanze elencate nelle convenzioni delle Nazioni Unite che hanno già l’autorizzazione per uso medico e scientifico che, comunque, l’organo mondiale che può prendere suggerire ulteriori modifiche è il gruppo di esperti sulle droghe e le dipendenze dell’OMS che, sulla base di evidenze scientifiche in relazione al possibile valore terapeutico di una sostanza, si rimette alla decisione politica della CND. Possibile che non ci si ricordi – o si conosca – cos’è avvenuto nel 2020 relativamente alla cannabis?

Goosdeel ha giustamente ricordato che la programmazione non dovrebbe rappresentare un ostacolo alla ricerca, certo nella pratica, le infinite regolamentazioni, il clima politico sfavorevole e il carico (anche economico) imposto dalla burocrazia dei controlli e delle autorizzazioni scoraggia l’impresa creando irragionevoli ostacoli, ma questa non è proibita.

Da qualche tempo esiste una coalizione europea che si chiama PAREA nata per promuovere “un’integrazione moderna, razionale, sicura ed eticamente responsabile delle terapie assistite da sostanze psichedeliche nei servizi sanitari tradizionali”. A dicembre scorso PAREA ha organizzato un incontro al PE dove molte delle questioni discusse sono poi rientrate nella lettera. Anche dal quel dibattito è nata l’idea di un’Iniziativa civica europea (1 milione di firme da raccogliere in 12 mesi in almeno 7 stati UE) per chiedere alla Commissione di Bruxelles di favorire e finanziare la ricerca e le applicazioni cliniche degli psichedelici a partire dagli impegni per la salute mentale, la raccolta firme è prevista per l’inverno 2023.

Concludendo la sua risposta, il direttore dell’EMCDDA ha affermato secondo lui la trasformazione del Centro in Agenzia, che però si chiamerà “antidroga” ma “con un mandato più ampio e maggiori risorse finanziarie per sostenere il proprio lavoro” potrà consentire incursioni anche nel settore della regolamentazione delle medicine. Beato chi ci crede.

In attesa che il Centro di Lisbona pubblichi il suo programma di lavoro per il 2024 c’è da sperare che i venti conservatori che stanno caratterizzando le elezioni nazionali si plachino perché un parlamento europeo conservatore potrebbe consolidare un’alleanza continentale di centro-destra e sostenere nel 2024 la composizione di una Commissione che di molte cose si interesserà tranne che promuovere il buon senso quando si parla di sostanze psicoattive sotto controllo internazionale.