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Botanica, farmacologia, effetti

Secondo la tassonomia ufficiale moderna, la cannabis va inclusa nella famiglia delle Cannabaceae, insieme al luppolo, dopo essere stata inserita dapprima tra le Moracee e successivamente tra le Urticacee.

Riguardo la specie, la maggior parte dei botanici oggi segue la classificazione risalente al 1924 ad opera di D. E. Janichewsky, diffusa in occidente da Richard Schultes negli anni settanta. Studiando le piante selvatiche che crescono nell'Asia centrale, il botanico sovietico classifico' tre diverse specie: C. sativa, la piu' diffusa, arriva anche a tre metri d'altezza, molto resinosa e dalla forma piramidale; C. indica, piu' piccola e con molte foglie; C. ruderalis, al massimo mezzo metro d'altezza e senza rami.

Viene cosi' confermata la tesi di Linneo che gia' nel 1753 parlo' esclusivamente di C. Sativa, secondo gli studi condotti sulle piante che crescevano nell'Europa settentrionale. Esiste pero' una classificazione alternativa, pur se in netta minoranza, proposta da Small e Cronquist nel 1976. I due studiosi canadesi affermano che esiste una sola specie molto variabile, C. sativa, con due sottospecie, sativa e indica: la prima si trova nei paesi settentrionali ed e' usata per fibra e olio, la seconda invece cresce paesi caldi del sud ed e' ricca di resina e proprieta' intossicanti. Entrambe le sottospecie avrebbero poi varianti selvatiche e domestiche, secondo il luogo di coltivazione.

La cannabis e' una pianta dioica, ovvero esistono separatamente il maschio (produce il polline) e la femmina (fecondata, produce fiori e semi). Solo in ambienti particolarmente ostili possiamo trovare infiorescenze maschili e femminili sulla stessa pianta. Le inconfondibili foglie a sette punte partono tutte dallo stesso stelo, in numero variabile e sono sottili, verde intenso, dai bordi seghettati, con evidenti nervature e sottile peluria. Lo stelo diventa molto resistente man mano che la pianta si avvia a maturazione, e puo' tranquillamente superare i cinque metri di altezza. L'apparato radicale, invece, rivela un fittone di 30 - 40 centimentri da cui si diramano sottili ramificazioni.

Pianta annuale, la cannabis ha un ciclo breve, con semi piantati all'inizio della primavera, fioritura a meta' estate e maturazione autunnale. I semi germogliano in meno di una settimana e l'impollinazione avviene generalmente con il vento, poiche' insetti come le api non sono attratti dai fiori della cannabis. Se coltivate per fibra, generalmente le piante vengono tenute molto vicine tra loro, e in tal modo si allungano a dismisura, senza produrre rami, con un piccolo cespuglio in cima. In questi casi non si procede neppure alla divisione tra maschi e femmine, cosa invece essenziale per coltivazioni a scopo medico e/o intossicante. Sono i fiori della femmina a produrre la maggiore quantita' della sostanza resinosa contenente il principio attivo, il delta - 9 - tetraidrocannabinolo, meglio noto con la sigla THC. Le infiorescenze spuntano all'estremita' dei rami, e cosi' raccolte proteggono lo sviluppo dei semi, ovali e coriacei. Pur se le ricerche non sono ancora definitive, pare che la pianta produca tale sudorazione come difesa dall'eccessivo calore, in modo da trattenere l'umidita' necessaria alla maturazione dei semi: quando il processo riproduttivo e' concluso, la resina non viene piu' prodotta.

Sono oltre 460 i componenti chimici della pianta, e piu' di 60 rivelano la struttura tipica dei cannabinoidi. Tra questi, il delta - 9 - THC, presente intorno all'1 - 5% del peso totale, e' l'unico finora scoperto ad avere notevoli proprieta' psicoattive. Tale percentuale si riduce a meno dello 0.5 % nelle piante coltivate per fibra, che invece sono ricche di cannabinolo.

Le piante che producono maggior sostanza resinosa (regolata dai fattori genetici) sono quelle che crescono nelle regioni dal clima caldo - umido, Messico, India, Medio Oriente, California - e in genere semi di unica provenienza producono piante molto diverse tra loro, se crescono in differenti luoghi geografici. Nel nord Europa, ad esempio, la produzione di resina e' minima, mentre in diverse zone dell'Italia meridionale si ottengono risultati simili a quelli delle coltivazioni africane. Questo conferma la notevole adattabilita' della marijuana e ne spiega la costante presenza al fianco dell'Homo Sapiens nel suo vagabondare sul pianeta.
Estremamente forte e resistente, la cannabis riesce a svilupparsi e riprodursi allo stato selvatico praticamente ovunque, pur se preferisce terreni sciolti e sabbiosi, ricchi di azoto e potassio. Non richiede particolari attenzioni, salvo discrete innaffiature in fase germinativa. Le tecniche di coltivazione differiscono molto tra loro a seconda delle zone e della destinazione finale. Negli ultimi decenni poi sono stati sviluppati sistemi piuttosto sofisticati e anche incroci genetici, in particolare negli Usa, per aumentare la concentrazione di THC e quindi gli effetti psicotropi. In genere, una sigaretta media contiene circa 500 mg. di marijuana e da 5 a 20 mg. di THC, di cui solo il 50% raggiunge i polmoni.

Gli effetti della cannabis sugli esseri umani sono stati riscontrati per dosi minime di 25 mcg. [un mcg. corrisponde a 1/1000 di un grammo] per 1 kg. di peso corporeo. Intense allucinazioni sono state riportate per dosi intorno ai 250 mcg. per kg.

Nessuna morte dovuta ad overdose e' stata finora riscontrata.

Una ricerca eseguita nel 1980 presso l'Universita' di Los Angeles ha dimostrato che gli effetti acuti e prolungati nel tempo non provocano modificazioni delle funzioni mentali dei soggetti. Gli unici effetti farmacologici negativi sulla salute documentati finora sono quelli relativi alle vie respiratorie, dovuti alla nicotina prodotta dalla combustione. Come ha confermato un recente studio condotto a San Francisco (Western Journal of Medicine, 9 giugno 1993): chi fuma regolarmente cannabis rischia malattie alle vie respiratorie per il 19% in piu' di chi non fuma. La ricerca ha anche trovato che tali consumatori rischiano il 30% in piu' di incidenti vari, riferendosi particolarmente agli incidenti automobilistici causati da chi guida sotto l'effetto della marijuana. In questo senso, comunque, non sono state riscontrate differenze significative rispetto agli incidenti provocati da chi guida in stato di ubriachezza. Infine, nessuna dipendenza e/o assuefazione fisica e' stata mai accertata, pur se in alcuni soggetti puo' insorgere una certa dipendenza psicologica. L'osservazione empirica ha comunque confermato che le motivazioni, l'ambiente e le circostanze in cui si assume la sostanza rivestono un'importanza fondamentale per l'intera esperienza - come pure nel caso delle sostanze psichedeliche.

D'altra parte le virtu' terapeutiche della cannabis sono note fin dai tempi piu' antichi, almeno alcune migliaia di anni prima di Cristo.

La pianta veniva impiegata in moltissime preparazioni e nei casi piu' disparati. La letteratura scientifica moderna ne documenta le applicazioni fin dal 1837 e negli ultimi 50 anni la cannabis e' stata usata con successo contro nausea, spasmi muscolari, sclerosi multipla, glaucoma, emicrania, vomito, dolori vari e in anni recenti per casi di AIDS e cancro.

Infine, la recente scoperta del recettore del THC nel cervello umano apre un campo di ricerca illimitato per le sue possibili applicazioni terapeutiche.


BREVE STORIA DELLA CANNABIS
Autore: Bernardo Parrella

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