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“In quanto principali associazioni che lavorano in Italia nel campo della riduzione del danno, siamo molto preoccupate della posizione del governo italiano sulla riduzione del danno”. Questo l’inizio della lettera che un gruppo di Ong e di operatori delle dipendenze hanno inviato alla presidenza del gruppo europeo sulle droghe a Bruxelles e a Vienna. Un passo grave ma necessario per evitare di essere strumentalizzate nella guerricciola che il governo italiano sta portando avanti in Europa contro le politiche sulla riduzione del danno.
Veniamo ai fatti. In Europa, nel corso degli anni è stata trovata una posizione comune sulla riduzione del danno, sancita nella Strategia sulle droghe dell’Unione Europea 2005-2012 (sottoscritta anche dall’Italia, peraltro). Da un po’di tempo però l’Italia pretende di imporre a tutti la propria idea della riduzione del danno. Da noi il furore ideologico si è accanito alle fondamenta, cancellando perfino il nome (sostituito da una dizione riduttiva ed efficacemente stigmatizzante, “prevenzione delle malattie e dei comportamenti devianti droga correlati”). Nel Vecchio Continente, dove la riduzione del danno ha preso avvio, la cancellazione del termine è battaglia persa. La delegazione italiana si è allora attestata nell’esigere una sua “definizione”, tramite l’elenco degli interventi “accettabili” e di quelli “inaccettabili”: questi ultimi sono i trattamenti con eroina medica, le stanze del consumo, il pill testing.
I paesi che applicano queste misure (e sono tanti in Europa) saranno rimasti allibiti, c’è da giurarci. Nessun paese ha il diritto di imporre ad altri alcun genere di intervento, così come ognuno è padrone di sperimentare a casa propria ciò che vuole. Ma questo è il galateo dei paesi civili, non certo roba di casa nostra. Per non dire che la pretesa italiana cozza contro qualsiasi principio di razionalità: c’è bisogno di nuove pratiche convalidate scientificamente, non di anatemi. Ma la razionalità è ancora meno roba di casa nostra. Il diktat sulla riduzione del danno non passa, ma intanto la linea “dura” italiana mette in crisi la cooperazione europea nel campo delle droghe. Tanto per essere coerenti nell’antieuropeismo.
Come in tutte le guerre e guerricciole, un po’di propaganda non guasta. Così, gli Italiani si presentano a Bruxelles sventolando un documento del Dipartimento antidroga. Il testo, che mette all’indice le tanto esecrate pratiche ( trattamenti con eroina, stanze del consumo, pill testing) è presentato come una posizione “concordata” fra il governo e le associazioni.
Non è affatto così. Al gruppo di lavoro che ha discusso le “linee guida sulla prevenzione delle patologie correlate” (è questo il famigerato documento), hanno partecipato solo alcune associazioni. Per di più, un gruppo delle più significative si è rifiutato di sottoscrivere il testo finale (Gruppo Abele, Cnca, Lila). Da qui la lettera agli organismi europei per ristabilire un po’ di correttezza.
La guerra è guerra e la macchina della propaganda non ha riposo. Se un colpo fa flop, meglio spararlo ancora più grosso, avrà pensato il Dipartimento Antidroga. Così, qualche giorno fa, all’indomani dell’ultima riunione a Bruxelles, Giovanardi proclama alla stampa italiana la sua “interpretazione autentica”dei risultati: finalmente l’Europa ha fatto propria la posizione dell’Italia sulla riduzione del danno, facendo chiarezza sugli interventi “spendibili” e condannando gli altri (le suddette esecrate pratiche). In tempi di ben più gravi e dubbie interpretazioni autentiche, quella di Giovanardi potrebbe non preoccupare più di tanto. Ma per amor di verità la bufala va svelata. La mozione riguarda il trattamento e il sostegno ai consumatori per via iniettiva affetti da Hiv; e chiede all’Onu di promuovere l’accesso alle forme di prevenzione basilari (come lo scambio siringhe), che ancora in larga parte dei paesi del mondo non sono applicate. Non c’entra niente la posizione dell’Europa sulla riduzione del danno, anche perché questa è una strategia più ampia. Dunque l’Europa non ha sancito l’eresia di nessuna pratica, come hanno sottolineato diversi delegati presenti all’incontro di Bruxelles.
Se la war on drugs è in crisi, la guerricciola di Giovanardi la fa precipitare nella farsa. A tutto  discredito dell’Italia in sede internazionale.