Tempo di lettura: 2 minuti

Accogliendo l’invito di Don Ciotti a digiunare contro le leggi ingiuste e raccogliendo l’iniziativa lanciata da Franco Corleone, come CNCA assieme ad altre associazioni (A Buon Diritto, Acli, Antigone, Arci, Cgil, Forum Droghe, L’Altro Diritto, La Società della Ragione, Ristretti Orizzonti) abbiamo lanciato il 29 aprile uno sciopero della fame a staffetta contro il Decreto sicurezza.

Chiunque può partecipare segnalando il giorno del digiuno; ad oggi quasi 300 persone hanno già aderito al digiuno per uno, due o tre giorni ed altre reti lo hanno rilanciato. La staffetta terminerà il 30 maggio, vigilia della grande manifestazione nazionale che si terrà a Roma e che ci vedrà coinvolti.

Il digiuno è un gesto simbolico che ha due scopi principali: aumentare la sensibilizzazione sulla portata antidemocratica di questo Decreto Legge, allargando al massimo il fronte della dell’attenzione ai diritti civili, umani e democratici che questo decreto e denunciando evidenti profili di incostituzionalità. Allo stesso tempo vogliamo solidarizzare con tutte e tutti coloro che ne stanno già subendo le conseguenze violente. Digiunare è un modo per richiamare l’attenzione degli altri mettendo in gioco il nostro corpo. È una forma di protesta, ma anche una forma di condivisione e solidarietà.

In Italia, la Costituzione con gli articoli 17 e 21 garantisce il diritto di riunirsi pacificamente e la libertà di manifestare il proprio pensiero.

Tuttavia, negli ultimi anni, le politiche di sicurezza adottate dai governi hanno spesso messo in discussione questi principi. I cosiddetti decreti sicurezza, approvati nel 2018 e nel 2019 sotto il governo gialloverde, hanno riguardato principalmente le politiche migratorie e hanno colpito gli stranieri, smantellando il sistema di accoglienza e penalizzando le organizzazioni non governative impegnate in operazioni di soccorso in mare.

Questo ultimo Decreto del governo Meloni ha esteso questa logica repressiva anche al diritto di protestare, portando a un controllo “militare” dei territori (le cosiddette zone rosse) che si traduce in fogli di via, obblighi di firma, Daspo e divieti di manifestare. Le forze dell’ordine intervengono con sempre maggiore frequenza e durezza contro manifestazioni e proteste, segnando un vero e proprio salto di qualità in termini di repressione.

Il testo mira a colpire le forme di lotta più efficaci, come blocchi stradali, occupazioni di case sfitte o proteste nelle carceri e nei centri di detenzione di immigrati senza permesso. Introduce nuovi reati arrivando a criminalizzare un intero settore produttivo come quello della canapa senza effetti psicoattivi a soli fini di propaganda.

Anche se molte parti di questa legge potrebbero essere bocciate dalla Corte costituzionale è evidente che nel frattempo molte fasce sociali vulnerabili saranno criminalizzate. Come non pensare alle donne detenute con i propri figli e figlie: il Codice penale disponeva all’art. 146 il rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena per una donna incinta o madre di un bambino di meno di un anno di età. Ora il rinvio dell’esecuzione della pena diviene facoltativo e la pena dovrà in ogni caso essere eseguita presso un Istituto a Custodia Attenuata per Detenute Madri (ICAM) che sono comunque carceri (e ad oggi già pieni) con la minaccia di separare i bambini dalle madri come sanzione disciplinare.

Mi viene in mente Don Milani quando diceva ai suoi ragazzi che quando vedranno che le leggi non sono giuste, cioè quando non sanzionano il sopruso del forte, essi dovranno battersi perché siano cambiate, mettendosi in gioco di persona; non possiamo rimanere in silenzio e soprattutto non possiamo restare inerti.

Oggi alle 13.00 presso il Senato della Repubblica, e in diretta su Fuoriluogo.it, ci troveremo in una conferenza stampa per rilanciare con ancora piu forza la nostra resistenza civile.