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Nella primavera del 2009 i rappresentanti politici di tutte le nazioni si riuniranno a Vienna per decidere la linea politica in materia di controllo internazionale del fenomeno delle droghe.
Il risultato di questo confronto, così come del processo istruttorio che lo precede, è incerto, perché molti stati stanno mettendo in discussione l’approccio penale dominante e la centralità della riduzione dell’offerta nella soluzione dei problemi droga correlati, e stanno invece puntando molto su politiche e approcci che mettano al centro la salute e le conseguenze sociali del mercato illegale e del consumo delle droghe.
Molte associazioni in tutto il mondo stanno ragionando su come partecipare a questo processo, per influenzarne l’esito. La presente Guida per un protagonismo “dal basso” è stata redatta dall’IDPC – International Drug Policy Consortium – per dare alle ONG informazioni su come questo processo si sta strutturando e idee su come sia possibile fare azioni di pressione.
La Guida è stata redatta in settembre ed è una introduzione per comprendere questo processo e capire quali siano i temi posti all’ordine del giorno. Nuovi aggiornamenti saranno prodotti in itinere e nel dicembre 2008 vi sarà una seconda versione, con nuovi contributi dell’IDPC e informazioni attorno all’incontro del marzo 2008 della Commission on Narcotic Drugs.
Nei prossimi 18 mesi l’IDPC organizzerà anche numerose sessioni di lavoro che metteranno i nostri membri nella condizione di discutere i temi, incontrare amministratori e politici, e decidere i passi successivi. Il primo incontro previsto è per gennaio 2008.

COME È ORGANIZZATO IL CONTROLLO DEL FENOMENO DROGHE?

Il sistema attuale di controllo globale delle droghe si basa su tre Convenzioni internazionali. La prima è del 1961, Single Convention on Narcotic Drugs, poi modificata dal protocollo del 1972; la seconda è del 1971, Convention on Psychotropic Substances e la terza è del 1988, Convention against Illicit Traffic in Narcotic Drugs and Psychotropic Substances. Al luglio 2007 sono 183 i paesi aderenti alle prime due Convenzioni, 182 quelli che hanno aderito alla terza.

Un gran numero di agenzie sono coinvolte nella gestione e nel controllo delle Convenzioni: Economic and Social Council (ECOSOC), Commission on Narcotic Drugs (CND o Commission), International Narcotics Control Board (INCB o Board) e United Nations Office on Drugs and Crime (UNODC o Office).
ECOSOC è un forum globale che discute questioni economiche e sociali e formula raccomandazioni da inviare agli stati membri e alle Nazioni Unite. La Carta dell’ONU affida a ECOSOC competenze in materia di questioni sociali, culturali, economiche, educative e sanitarie. Aspetti specifici sono poi affidati a singole Commissioni ad hoc, come la Commission on Narcotic Drugs (CND).
La CND è il cuore della politica sulle droghe dell’ONU. Ha compiti di conoscenza della situazione mondiale e di elaborazione di linee di indirizzo politiche per combattere i problemi droga-correlati e per garantire il controllo. In quanto agenzia ONU, la CND si riunisce una volta all’anno per otto giorni. Comprende 53 stati membri, eletti da ECOSOC. Le sue funzioni sono stabilite dalle Convenzioni. Esse autorizzano la CND a considerare tutte le questioni relative agli obiettivi delle Convenzioni e a sovrintendere alla loro implementazione. Sovrintende a tutte le decisioni sulle sostanze narcotiche e psicotrope e sui precursori, in rapporto con l’OMS e l’INCB. Ha pertanto un ruolo preminente nelle politiche globali. Da punto di vista amministrativo e tecnico, la CND fa affidamento sull’UNDOC.

L’INCB è un organo definito “indipendente e quasi-giudiziale” per l’implementazione delle Convenzioni, creato dalla Convenzione del ’61 e insediato nel 1968. Tecnicamente è indipendente dai governi e dall’ONU ed è formato da 13 membri singoli. Tra loro, tre membri sono candidati dall’OMS, gli altri dai governi degli stati membri. Vengono designati dall’ECOSOC e possono richiedere expertise all’OMS.
L’INCB ha il potere di controllare in tutto il mondo l’accesso a, e la circolazione di, sostanze ad uso medico in base alle stime degli stati membri e allocarle coerentemente in modo da evitare il passaggio delle sostanze dal mercato legale a quello illegale. Compie anche un monitoraggio del rispetto delle Convenzioni, anche se non ha poi il potere di farle rispettare. Tuttavia, in caso di mancato rispetto delle Convenzioni del ’61 e del ’71, può raccomandare agli stati il blocco dell’esportazione o dell’importazione, o di entrambi, dai territori oggetto del monitoraggio. Queste misure tuttavia non sono mai state applicate e il Board si limita alla tattica del “nominare e biasimare” gli inadempienti nel suo Rapporto annuale. Negli ultimi anno, l’INCB ha visto accrescere il suo potere, con analisi sul mercato e sul consumo illegale, sui precursori, come previsto dalla Convenzione dell’88, e con commenti sulle politiche seguite dai diversi stati membri.

L’UNODC è una agenzia ONU con compiti di coordinamento globale delle attività di controllo, insediato nel 2002 e ora con circa 500 operatori. Il sua quartier generale è a Vienna, ha 21 funzionari e un ufficio a New York. E’ stato creato dal Segretario generale ONU con lo scopo di “mettere l’ONU nella condizioni di saper individuare e coordinare le sue attività di controllo delle droghe, prevenzione del crimine e del terrorismo internazionale in tutte le sue forme”. Nell’assolvere il suo compito rispetto agli stati membri, l’UNDOC poggia a sua azione su tre pilastri: ricerca e analisi, azione normativa e progetti di cooperazione. A questo scopo, l’UNODC Drug Programme, prima United Nations International Drug Control Programme (UNDCP), produce progetti alternative di sviluppo, monitoraggio dei raccolti illegali e di lotta al riciclaggio del denaro sporco. Come agenzia leader, gioca un ruolo importante verso gli stati membri, soprattutto quelli produttori. Ha inoltre un ruolo importante per quanto attiene alla rilevazione di dati, relativi ai trend nella produzione e traffico, e nel consumo, e anche per quanto riguarda la disseminazione di buone prassi e di politiche sulle droghe.

QUALI SONO LE DEBOLEZZE STRUTTURALI DI QUESTO SISTEMA?

Sebbene in realtà strettamente interconnesse tra loro, si possono individuare diverse aree di criticità.

a) Strutture istituzionali
INCB. In relazione al doppio ruolo del Board, “quasi-giudiziale” e di classificazione delle sostanze, vi sono debolezze nel modo in cui l’INCB svolge attualmente i suoi compiti. In questo contesto, si possono individuare 4 aree di criticità interconnesse tra loro.
–    Interpretazione dei trattati. L’INCB attualmente dà una interpretazione molto rigida, limitata e non universalistica delle Convenzioni, che si ritrova nei Rapporti e nelle comunicazioni con gli stati membri. Più che un garante dei trattati sembra un mero controllore e genera non poche tensioni sia con singoli stati che con altre agenzie del sistema internazionale. (Vedi http://www.internationaldrugpolicy.net/reports/BeckleyFoundation_Report_07.pdf).
–    Classificazione: conflitto tra l’INCB e l’OMS sulla classificazione delle sostanze. Gli anni recenti hanno visto l’INCB andare oltre il proprio mandato per offrire consigli non richiesti sulla classificazione delle sostanze agli stati membri. Questo è particolarmente problematico perché in tutti questi casi le raccomandazioni del Board contraddicevano quelle provenienti dall’OMS, l’organismo preposto alle questioni relative alla classificazione delle sostanze.
–    Mandati: lo straripamento del Board. Anche se i suoi compiti sono ben definiti nella Convenzioni, l’INCB li travalica costantemente e negli ultimi anni li ha estesi illegittimamente. Questo è dimostrato, tra l’altro, dall’attuale atteggiamento del Board nei confronti degli stati membri, rispetto ai quali sembra considerarsi quantomeno su un piano paritario, e nei confronti di altri settori del sistema ONU (ad esempio l’OMS), rispetto ai quali sembra considerarsi addirittura superiore.
–    Cultura della segretezza. Il Board opera sempre in una sorta di coltre di segretezza e opacità. Per esempio le migliaia di lettere, raccomandazioni ecc. che ogni anno vengono emanate sono tutte “confidenziali”, non sono ammessi osservatori alle riunioni e non vi sono verbali delle stesse, nemmeno per gli stati membri interessati. Questo comporta una mancanza di verifica delle procedure, e ha fatto del Board la più opaca e segreta delle agenzie ONU.

UNODC. Esso si compiace di essere una vera agenzia multilaterale, che “come un vero, onesto broker, non rappresenta gli interessi di alcun singolo stato”. Ma in realtà finanziamenti e diplomazia politica hanno ricadute significative sulla implementazione di principi-guida, sui progetti che diventano operativi e infine il funzionamento complessivo dell’agenzia. Il budget consolidato dell’UNODC – che consiste nei budget dei programmi contro crimine e droga – si basa per il 90% su contributi volontari di donatori, mentre il restante 10% proviene dall’ONU, cioè fondi che vanno a coprire i costi dello staff e di qualche attività. Negli anni recenti è stata sempre più evidente la tendenza dei donatori a dare fondi solo per alcune iniziative mirate: nel periodo 2006-2007 i donatori hanno vincolato in questo modo circa il 70-80% dei contributi. Questo comporta che l’UNODC sta operando con una carenza di fondi lasciando in lista d’attesa numerose attività programmate, mentre i donatori chiedono all’agenzia un impegno in attività che rispecchiano i loro interessi e le loro politiche, spesso configgenti. Questo tipo di economia porta a una politicizzazione dei programmi dell’agenzia e a una debolezza del suo ruolo nel sistema globale. L’UNODC dovrebbe dare il meglio di sé come fornitore di dati obiettivi e mediatore tra posizioni politiche diverse. Troppo spesso invece agisce come un attore politico, e difende lo stato di fatto delle politiche e dei programmi vigenti.

b) Coerenza del sistema
Pur se vi sono significative convergenze tra le posizioni delle agenzie ONU, persistono anche delle contraddizioni, sia all’interno della cornice stessa del controllo delle droghe che tra questa e le altre, più ampie competenze e finalità dell’ONU. Queste contraddizioni sono fluide e mutevoli come lo sono le politiche e la scienza in materia di droghe. Tuttavia vi sono alcune costanti, in queste contraddizioni, come quella che esiste tra l’approccio penale e di tolleranza zero con cui INCB e UNODC leggono le Convenzioni, da un lato, e quello di salute e sviluppo sociale di UNAIDS, OMS, Banca Mondiale e Programmi di sviluppo dell’ONU dall’altro, che danno delle Convenzioni una interpretazione più ampia. Inoltre, le strategie dominate dall’approccio repressivo dimostrano una mancanza di coerenza tra alcuni settori del sistema internazionale di controllo della droga e i più ampi principi dell’ONU sui diritti umani, così come li troviamo espressi in strumenti quali la Carta dell’ONU e più recentemente negli Obiettivi del Millennio.

c) I dispositivi della CND
Uno degli esiti della scarsa coerenza del sistema è che i delegati degli stati membri a questo importante forum mondiale politico provengono dagli affari esteri e dal penale. E questo non fa che rafforzare l’approccio penale, in una materia che invece implica sguardi plurali, sociali, sanitari e di diritti umani.

Ci sono inoltre difficoltà procedurali, negli anni ogni conflitto interno alla CND è stato risolto con il consenso il che significa – come nota un analista – che “ogni decisione proviene da un minimo denominatore comune, quello che è meno offensivo per la gran parte dei membri” questo dispositivo vuol dire che è molto facile per un singolo membro bloccare ogni decisione. Il risultato è che spesso passano risoluzioni che “salvano la faccia” con dichiarazioni assi vaghe. Inoltre, la struttura e la formulazione finale delle risoluzioni sono spesso soggette a trattative tra i membri della CND in cui entrano in gioco fattori che, pur essendo estranei ai temi delle droghe, ne influenzano comunque le scelte.

Il risultato è che negli incontri annuali per la definizione delle politiche si spreca molto tempo in complimenti e autocelebrazioni tra i membri, e raramente vengono discussi i temi e i dilemmi posti dal sistema attuale, in quanto gli stati membri non assumono su di sé il rischio di una discussione reale.

Infine, l’intero processo avviene con una scarsissima partecipazione della società civile, soprattutto di quelli che sono più coinvolti, come i consumatori e i produttori. In altre aree dell’ONU la società è molto più coinvolta, le ONG sono coinvolte nel processo politico decisionale; ad esempio, nell’UNAIDS, le ONG fanno parte del Board. Per lo più, nel sistema ONU sulle droghe le ONG vengono viste come una minaccia alla qualità del dibattito, piuttosto che come una fonte esperta da valorizzare. I rappresentanti di consumatori e coltivatori potrebbero essere una fonte importante per la discussione a livello istituzionale.

CHE SIGNIFICATO HA QUESTA REVISIONE?
Nel giugno 1998, l’Assemblea generale dell’Onu si è riunita in una Sessione Speciale (UNGASS) per definire una risposta globale alle droghe illegali. L’UNGASS del 1998 è culminata nell’adozione di una dichiarazione che impegnava gli stati membri a raggiungere risultati significativi e misurabili nella riduzione dell’offerta e della domanda di droghe illecite entro il 2008. Una revisione dell’andamento in relazione a questi obiettivi è stata avviata, e sarà presentata alla CND del 2008. Sono già stati espressi dubbi circa l’oggettività e la credibilità di questa revisione. Essa si basa quasi interamente sui dati ufficiali forniti dai governi all’UNODC, e non affronterà alcuni dilemmi politici fondamentali che sono connessi al consumo di droghe ed ai mercati delle droghe, come la prevenzione dell’HIV. Nonostante questi limiti, la revisione mostrerà certamente che l’auspicata riduzione significativa dell’offerta e della domanda non è stata raggiunta. Il modo in cui gli stati membri reagiranno a questa realtà, detterà la politica internazionale sulle droghe dei prossimi dieci anni.

Al meeting della CND del 2007, i delegati hanno stabilito che, dopo il meeting del 2008, dovrà iniziare un periodo di riflessione globale che porterà al meeting politico della CND del 2009, per trarre le conclusioni e pianificare le politiche future. Questo processo 2008/2009 offre una opportunità significativa alla società civile per affrontare le questioni che riguardano l’attuale regime di controllo internazionale sulle droghe, e chiedere riforme essenziali, in modo particolare per quanto riguarda l’HIV/AIDS e i diritti umani.

Come risulta sempre più evidente, gli approcci attualmente messi in campo all’interno del regime internazionale di controllo della droga indeboliscono i tentativi di promuovere una risposta efficace all’HIV, minando il sostegno ufficiale agli interventi di riduzione del danno a livello sia nazionale che internazionale. Allo stesso tempo, l’attuale approccio internazionale alle droghe ha l’effetto di incoraggiare e giustificare il fatto che almeno 200 milioni di consumatori vengano trattati come criminali, cosa che in molti paesi può condurre a violazioni dei diritti umani perpetrate ai danni dei consumatori, sotto forma di “law enforcement”, riduzione dell’offerta o programmi di trattamento (comprese le incarcerazioni di massa, le uccisioni illegali, i trattamenti coatti, e il ricorso alla pena di morte per reati di droga).

La determinazione del sistema ONU a contrastare la produzione di cocaina ed eroina ha portato a politiche nei paesi produttori che, senza raggiungere l’obiettivo di ridurre la produzione, hanno contribuito ai problemi ambientali, sociali ed economici che si sono determinati nelle zone di produzione. Nel frattempo, il potere delle organizzazioni criminali che fanno affari con il narcotraffico continua a crescere.

Il processo di revisione 2008/2009 rappresenta perciò una opportunità significativa di affrontare queste sfide politiche. Non basta più che l’UNODC e gli stati membri si limitino semplicemente a riconfermare i programmi esistenti. La società civile può dare un contributo significativo sotto questo aspetto, promuovendo idee costruttive per migliorare il sistema internazionale di controllo delle droghe, e fare in modo che i rappresentanti dei governi al meeting del 2009 rappresentino seriamente l’esperienza e l’opinione pubblica dei loro paesi.

QUALI SONO LE QUESTIONI CHIAVE DELLA REVISIONE?
Anche se le organizzazioni della società civile di tutto il mondo avranno molte idee e priorità diverse per la revisione, l’IDPC ha proposto di focalizzarsi su quattro questioni chiave, nelle quali si ritiene che le politiche e i programmi attuali potrebbero realisticamente registrare un miglioramento grazie a questo processo:

RIFORMA STRUTTURALE. A livello nazionale e locale, le strutture per creare, implementare e sottoporre a revisione la politica sulle droghe sono diventate sempre più trasversali, mentre le amministrazioni prendono coscienza delle interconnessioni tra gli aspetti di contrasto, e quelli sanitari e sociali. La maggior parte dei paesi hanno ormai varato strategie nazionali che sono supervisionate da organismi di coordinamento in cui sono rappresentati tutti i rami significativi del governo. All’interno del programma dell’ONU, non esiste alcun meccanismo del genere. In assenza di un meccanismo strategico a livello di sistema, l’UNODC e la CND si focalizzano sui problemi inerenti la criminalità e il controllo, per promuovere una prospettiva di “law enforcement”. Questa prospettiva è rafforzata dalla rigida interpretazione delle Convenzioni da parte dell’INCB. Nel frattempo, le agenzie ONU molto più grandi, che si occupano delle conseguenze del mercato della droga (ad esempio OMS, UNAIDS, UNDP e gli organismi per i diritti umani) giocano solo un ruolo marginale nella formulazione delle politiche sulle droghe e nella implementazione dei programmi. È necessario passare a un sistema in cui possa essere messa a punto, in una atmosfera di vera collaborazione, una strategia coordinata che rifletta un equilibrio tra le preoccupazioni e i criteri di tutte le agenzie ONU interessate.

Una sfida collegata riguarda l’esigenza di rimettere a fuoco il ruolo dell’UNODC e dell’INCB. Queste agenzie dovrebbero essere centri di expertise obiettivi e indipendenti, che supportino gli stati membri nell’analisi della complessità dei problemi inerenti alle droghe nei loro territori, e nello sviluppo di risposte efficaci. Troppo spesso, nella pratica, la leadership di entrambi gli organismi ha assunto un ruolo politico, facendosi portavoce di un particolare approccio, anche di fronte a opinioni chiaramente divergenti tra gli stati membri, o tra diverse agenzie ONU. L’opportunità di questa revisione decennale dovrebbe essere sfruttata per rivedere il ruolo di questi due organismi. Nel caso dell’UNODC, ciò significherebbe ampliare il suo ruolo di ricerca e analisi, e la sua capacità di fornire consigli e linee guida agli stati membri, sulla base delle evidenze raccolte. Nel caso dell’INCB, questo significherebbe tornare al suo compito originale di identificare le debolezze funzionali nella adesione degli stati membri al sistema di controllo delle droghe, piuttosto che entrare in questioni che dovrebbero restare nell’ambito delle politiche nazionali.

Il documento IDPC n. 5 (Position Paper 5) discute queste questioni in modo più dettagliato; nei prossimi mesi intendiamo presentare raccomandazioni costruttive su come possa essere creata una struttura funzionale attraverso l’attuale agenda di riforma dell’ONU, che gli stati membri possono vedere come un miglioramento rispetto alla situazione attuale.

RIDUZIONE DEL DANNO. Negli ultimi vent’anni, questa espressione è stata associata principalmente alla adozione di misure di salute pubblica per i consumatori, che li aiutino a non contrarre l’HIV ed altre infezioni, ma anche ad evitare overdose ed altre conseguenze sanitarie negative che possono derivare loro dal consumo di droghe. La riduzione del danno è anche diventata oggetto di un dibattito continuo negli ambienti delle politiche sulle droghe, poiché questo insieme di attività rappresenta la più chiara e la più diffusa presa di distanza da una politica di tolleranza zero che mira unicamente a ridurre al minimo o sradicare il consumo e il commercio di sostanze. Il concetto di riduzione del danno, perciò, ha implicazioni molto più vaste per le politiche sulle droghe e per i programmi di intervento. L’UNODC stesso non cita più tra i suoi obiettivi lo sradicamento del consumo, ma il contenimento del mercato ai livelli correnti. L’IDPC, pur essendo scettico rispetto alla pretesa secondo cui il contenimento sarebbe stato raggiunto, ritiene che questo cambiamento di atteggiamento consenta di orientare gli sforzi internazionali nel senso di dare risposte alle conseguenze derivanti dal consumo. Questo significherebbe maggiori sforzi per dare risposta ai rischi sanitari del consumo, ma anche alle conseguenze sociali come la tossicodipendenza, l’impatto sulla famiglia e sulla vita di relazione, e sui reati connessi alla droga. Anche all’interno del “law enforcement”, un riallineamento di prospettiva significherebbe prendere le distanze dall’ossessione delle eradicazioni delle colture, dei sequestri di sostanze e dell’arresto dei consumatori per misurare i successi, ad esempio, in termini di riduzione del potere e dei profitti del crimine organizzato, o di riduzione del fenomeno della corruzione connessa alla droga.

Un cambiamento di questo genere non richiederebbe alcuna modifica delle Convenzioni o delle legislazioni nazionali, ma avrebbe un impatto enorme sui programmi ONU. Nel corso degli anni, pochissima attenzione è stata prestata, a livello dell’ONU, alle conseguenze sociali e sul territorio del consumo di droghe, e le agenzie antidroga dell’ONU talvolta hanno fatto da freno, ad esempio, rispetto alla adozione crescente di misure per la prevenzione dell’HIV tra i consumatori. Una strategia futura più produttiva dovrebbe vedere un chiaro impegno delle agenzie ONU nel fronteggiare le conseguenze del consumo di droghe e dei mercati delle droghe, e l’espansione di programmi che sostengano la riduzione della domanda, la riduzione dei reati e le misure di prevenzione dell’HIV. Il documento dell’IDPC n. 2 (Position Paper 2) analizza questa questione in modo più dettagliato, e nei prossimi mesi intendiamo lavorare con gli stati membri per promuovere l’adozione di queste priorità attraverso il processo di revisione.

I PAESI PRODUTTORI. Negli ultimi anni, la produzione globale di oppio si è concentrata in Afghanistan. Allo stesso modo, la maggior parte della coltivazione globale di coca si è concentrata in Colombia, Bolivia e Perù. La risposta predominante delle autorità è stata quella di tentate di eradicare con la forza queste colture, o di disincentivare i contadini a coltivare queste piante attraverso strategie repressive molto aspre. Questi tentativi hanno portato a risultati limitati, e comportano serie conseguenze per uno sviluppo economico e sociale legittimo, nonché per i diritti umani delle comunità colpite. La maggior parte degli agricoltori coltivano piante usate nella produzione di droghe illegali come mezzo di sostentamento primario. Eradicare quella che spesse volte è la loro unica fonte di reddito senza avere fornito loro delle alternative si traduce per loro in una spirale di povertà, e implica che presto ricominceranno a coltivare, con la conseguente espansione geografica di questi raccolti. Il continuo ricorso a programmi di eradicazione forzata nelle Ande e in Afghanistan non può essere giustificato né in termini di prospettive di successo per la riduzione dell’offerta totale, né in termini di impatto sulla situazione locale. I programmi di eradicazione forzata sono spesso controproducenti, perché generano conflitto sociale e violenza politica minando la legittimità del governo. I programmi di fumigazioni aeree effettuati nell’ambito del “Plan Colombia” sono stati implementati al costo di miliardi di dollari sin dal 2002, ma negli ultimi cinque anni la quantità di cocaina prodotta in Colombia è aumentata del 20%. Le truppe occidentali sono presenti in Afghanistan dal 2001, ma i livelli della produzione di oppio negli ultimi due anni sono stati più alti che mai. Si potrebbe obiettare che queste campagne necessitano di più tempo, e che alla fine produrranno risultati, ma le evidenze provenienti dai paesi dove la coltivazione è scesa suggeriscono che lo sviluppo di forme di sussistenza alternative realistiche, e di strutture sociali legittime, è molto più efficace per minare il potere della criminalità organizzata in queste aree.

Le agende per gli aiuti e lo sviluppo promosse, ad esempio, dall’UNDP e dalla Banca Mondiale rappresentano una soluzione molto più realistica alla povertà e alla assenza della legge nelle attuali aree di coltivazione, rispetto alla prosecuzione di programmi di eradicazione che colpiscono principalmente i coltivatori poveri. Molti stati membri sostengono questo approccio legato allo sviluppo, ma altri continuano a promuovere i programmi di eradicazione forzata. La revisione dell’ONU dovrebbe sottoporre a nuova valutazione le loro prospettive di successo, e fissare una strategia futura che dia la priorità ai diritti e alle esigenze dei cittadini nelle zone di produzione.

Il documento dell’IDPC n. 3 (Position Paper 3) approfondisce ulteriormente queste questioni. Intendiamo presentare proposte sulle priorità e i principi che dovrebbero essere utilizzati nelle future strategie d’intervento internazionali nelle aree dove vengono coltivate le piante usate nella produzione delle droghe illegali.

DIRITTI UMANI. Sta diventando sempre più chiaro che vi sono molti aspetti dell’implementazione del sistema di controllo globale delle droghe che contraddicono potenzialmente i diritti umani e gli standard giudiziari che sono promossi da altri organismi ONU. Ad esempio:
–    Più di 30 stati membri prevedono ancora la pena di morte per reati di droga, e molti hanno continuato la pratica delle esecuzioni pubbliche di consumatori e spacciatori per “celebrare” la giornata internazionale della lotta alla droga, il 26 giugno.
–    Azioni di polizia e militari finalizzate a colpire i mercati della droga possono includere atti illegali quali uccisioni, tortura e detenzione senza formulazione del capo d’accusa o senza processo.
–    Le campagne di eradicazione contro specifiche colture, o contro l’uso di specifiche sostanze, possono tradursi in attacchi ai diritti umani di determinati gruppi.
–    Le azioni di polizia tese a identificare, arrestare e punire i consumatori possono portare alla violazione del diritto alla privacy, del diritto al giusto processo, e del diritto alla proporzionalità della pena.

Poiché il processo di riforma dell’ONU richiede sempre di più che vi sia coerenza tra le politiche e i programmi delle varie agenzie ONU, dovremmo quantomeno aspettarci che le agenzie per la lotta alla droga condannino chiaramente qualunque attività che contravvenga ai diritti umani internazionali e agli standard giudiziari. L’IDPC intende produrre un documento all’inizio del 2008 che esamini queste tensioni, e che conterrà raccomandazioni per una maggiore coerenza dell’operato dell’ONU tra le due aree.

COME POSSONO PARTECIPARE LE ONG?
In passato, le opportunità per il coinvolgimento delle ONG ai processi di elaborazione delle politiche sulle droghe dell’ONU sono state molto limitate, ma ora ci sono segnali promettenti per un maggior coinvolgimento. Le ONG che sono interessate a contribuire a questi dibattiti, e ad influenzarne l’esito, hanno le seguenti opzioni a disposizione:

L’INIZIATIVA “OLTRE IL 2008”. Il Comitato ONG Vienna 2008 ha ricevuto uno stanziamento di fondi per organizzare una serie di seminari di consultazione per le ONG in ciascuna regione del mondo. Questi seminari si svolgeranno tra il settembre 2007 e il marzo 2008, e forniranno una piattaforma di discussione per le ONG sull’impatto che il sistema di controllo globale delle droghe ha avuto nei loro paesi o regioni negli ultimi dieci anni. Le date e i luoghi per i seminari nella vostra area sono reperibili sul sito di VNGOC (www.vngoc.org). I temi emergenti da queste consultazioni saranno esaminati in una conferenza globale delle ONG che si terrà a Vienna nel luglio 2008. Le conclusioni saranno comunicate agli stati membri, e saranno presentate formalmente al meeting politico del 2009. Il sito web VNGOC contiene anche un questionario scaricabile che le ONG possono completare e restituire. Le informazioni contenute in questi questionari saranno raccolte e presentate ai policy-makers.

IL PROGRAMMA IDPC. I membri dell’IDPC stanno mettendo a punto un “advocacy plan” per la revisione dell’ONU. Questo piano si baserà sui cinque principi per le politiche sulle droghe che sono già stati accettati dai membri IDPC (http://www.idpc.info/php-bin/documents.pl?ID=1000043), ma possono contribuire a questo lavoro anche ONG che attualmente non fanno parte dell’IDPC. Se la vostra organizzazione appoggia questi principi, e desidera lavorare attraverso l’IDPC per promuoverli attraverso il processo di revisione, potete contribuire in uno qualunque dei seguenti modi:
–    Aiutando a produrre idee e materiali. Abbiamo tenuto un meeting iniziale a Lisbona nel settembre 2007 per discutere le questioni chiave da affrontare nei prossimi 18 mesi, e identificare i materiali appropriati attraverso una serie di incontri e scambi di e-mail.
–    Espandendo i canali di comunicazione con i policy-makers. Poiché le decisioni sulla forma futura del controllo delle droghe saranno prese dai governi nazionali, è cruciale aumentare al massimo il numero e la qualità dei nostri contatti con funzionari e politici, che rappresenteranno il loro paese durante la revisione. Le ONG coinvolte in questo processo dovrebbero perciò cercare di identificare i referenti adeguati nei loro governi, stabilire contatti con loro per pubblicizzare le posizioni di IDPC, e valutare il livello di sostegno o di resistenza.
–    Stimolando l’interesse di ONG e agenzie governative attive in settori collegati, come quello della salute, dello sviluppo e dei diritti umani. Come menzionato sopra, l’impatto delle politiche relative alle droghe su questi settori ha ricevuto finora troppo poca attenzione, e c’è una mancanza di coordinamento a livello ONU tra le varie agenzie. Le ONG coinvolte in questo processo possono contribuire a identificare i soggetti principali, e cercare di coinvolgerli.
–    Mobilitando i politici e l’opinione pubblica. Nella gran parte dei casi, precedenti riunioni dell’ONU per discutere di politiche sulle droghe hanno ottenuto scarsa attenzione da parte dei media o dei parlamenti. Nonostante l’importanza della questione, pochi commentatori collegano il processo decisionale dell’ONU alle politiche nazionali. Le ONG coinvolte in questo processo decisionale dovrebbero perciò cercare di suscitare l’interesse dei media e dei politici del proprio paese, identificando giornalisti interessati nei principali media, piazzando articoli ed editoriali che riflettano le nostre posizioni, offrendo informazioni ai politici, e stimolando il dibattito politico durante la preparazione della posizione del governo rispetto alla revisione.

AZIONI INDIPENDENTI
Naturalmente, qualunque singola ONG (o gruppo di ONG) può avere le proprie idee sulle questioni da affrontare, o sugli approcci da seguire, che non sarà possibile perseguire attraverso le due strutture descritte sopra. Potreste perciò preferire seguire strategie e tattiche autonome. Una molteplicità di posizioni e approcci sarà segno di un dibattito vivace, e l’IDPC sarà felice di continuare a scambiare informazioni con qualunque gruppo che lavori in modo costruttivo per influire sulla revisione.

CHE SUCCEDE DOPO?

L’IDPC continuerà a sviluppare proposte costruttive che gli stati membri possono cercare di realizzare attraverso il processo di revisione, e a fornire informazioni e sostegno ai suoi membri e ad altre ONG. Versioni aggiornate di questa guida saranno prodotte e fatte circolare a mano a mano che il processo di revisione andrà avanti, e saranno organizzate con regolarità riunioni nelle quali le ONG potranno discutere l’agenda emergente, e concordare strategie comuni. La prima riunione si è tenuta a Lisbona nel settembre 2007, e la prossima è prevista per la fine di gennaio 2008.

International Drug Policy Consortium                        Ottobre 2007