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Questo novembre, poco prima che milioni di elettori si recheranno alle urne per eleggere il 44esimo presidente degli Stati Uniti d’America, le autorita’ di polizia compieranno il loro 20milionesimo arresto per possesso di marijuana.

Nonostante cio’, nei giorni che precedono l’importante appuntamento elettorale, e’ improbabile che anche uno solo dei candidati chiedera’ -o anche solo suggerira’- un cambio di rotta nelle politiche sulla droga. E’ ancora piu’ improbabile che i mass media se ne interessino.

Dagli inizi degli anni ’90, il numero complessivo di americani arrestati annualmente per marijuana e’ quasi triplicato. Nel 1991, la polizia ha arrestato circa 288mila persone per piccole violazioni della legge sulla cannabis, secondo il rapporto annuale della FBI. Nel 2006 (l’ultimo anno per cui esistono queste statistiche), e’ stato raggiunto un record di 830mila arresti. Di questi, circa il 90 percento e’ stato accusato di piccole violazioni legate al possesso, e non al traffico, alla coltivazione o alla vendita della sostanza.

In altre parole, viene arrestato per marijuana un americano ogni 38 secondi.

Ma nonostante questo vertiginoso aumento negli arresti -le statistiche federali indicano che il consumo di marijuana nella popolazione adulta e’ rimasto pressoche’ invariato negli ultimi 10 anni- i mass media ed il Congresso continuano ad ignorare la questione.

In questo modo, essi ignorano il dramma di milioni di americani afflitti da forti sanzioni e difficolta’ a causa della legge sulla marijuana. Queste pene includono la liberta’ vigilata e test antidroga obbligatori; il licenziamento; la perdita della patria potesta’; lo sfratto dalle case popolari; confische dei beni; la perdita di borse di studio e prestiti a tasso agevolato per l’educazione universitaria; perdita del diritto di voto; perdita del diritto ad adottare; perdita di alcuni aiuti federali, come quelli alimentari agli indigenti.

Alcuni americani si fanno la prigione per marijuana. Circa il 13 percento dei detenuti nelle prigioni statali e il 12,4 percento dei detenuti nelle prigioni federali e’ incarcerato per cannabis, secondo il rapporto del Bureau of Justice.
In termini umani, questo significa che circa 34mila detenuti statali e 11mila detenuti federali sono in carcere per violazioni alla legge sulla marijuana.
In termini economici, questo significa che i contribuenti americani spendono un miliardo di euro l’anno per incarcerare i fumatori di marijuana.

Il costo totale per il sistema giudiziario penale -come il numero di ore impiegate dall’autorita’ per arrestare e processare il tipico fumatore- e’ di gran lunga superiore. Secondo alcuni ricercatori, come l’economista della Harvard University Jeffery Miron, stimano un costo di circa 7 miliardi l’anno.

Ma il costo economico e sociale sono solo parte della questione. Circa il 70 percento degli individui ricoverati in cliniche di disintossicazione da marijuana e’ li’ perche’ obbligato dai tribunali, secondo le statistiche pubblicate dalla U.S. Substance Abuse and Mental Health Services Administration. In altre parole, questi individui sono stati spediti li’ da un giudice per “riabilitarsi” in sostituzione al carcere, o come parte degli accordi per ottenere la liberta’ vigilata. Di coloro che prendono parte ai programmi di riabilitazione, le statistiche federali indicano che piu’ di uno su tre non ha neanche consumato marijuana nei 30 giorni precedenti al proprio ricovero.

E cio’ nonostante, la Casa Bianca sostiene che l’aumento del tasso dei ricoveri giustifica la necessita’ di arrestare i consumatori di cannabis, anche se sono le politiche, e non la sostanza, che fanno esplodere il tasso dei ricoveri. Allo stesso tempo, migliaia di americani che chiedono ed hanno bisogno di disintossicarsi veramente sono respinti perche’ mancano posti letto nelle strutture di riabilitazione.

Ugualmente preoccupante, ma raramente discusso, e’ il fatto che l’applicazione delle leggi sulla marijuana discrimina i cittadini a seconda della loro eta’. Secondo i dati della FBI, il 74 percento degli americani arrestati per marijuana ha meno di 30 anni. Uno su quattro ha meno di 19 anni.

Abbiamo quindi creato una generazione (o due) cosi’ alienata, che ormai molti giovani sono convinti che le forze di polizia siano uno strumento di oppressione piuttosto che di protezione.

Mentre i giovani soffrono le conseguenze delle leggi attuali, essi non hanno i mezzi economici e politici per influenzare i politici. Non hanno neanche i soldi per finanziare adeguatamente il movimento per la riforma delle leggi sulla droga a livelli sufficienti e necessari per proteggerli.

Il risultato? Gli arresti per marijuana continueranno a crescere senza freno. Pochi, pochissimi nel mondo dell’informazione -e ancora meno i politici- sentono la necessita’ politica di affrontare la questione.

Paul Armentano e’ vicedirettore di Norml e scrive per il Washington Post, il Christian Science Monitor e l’Huffington Post