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Care/i consoci/e,
   L’assemblea statutaria annuale di Forum Droghe si è svolta nel pomeriggio del 26 marzo a Firenze, dopo il seminario “Tossicodipendenti e carcere” (25-26.03), una iniziativa di notevole rilevanza e intensamente partecipata. L’assemblea ha confermato all’unanimità i soci nelle cariche sinora ricoperte: presidente, vice-presidentesse, comitato direttivo, comitato scientifico, segretario, tesoriere, direttrice di Fuoriluogo e webmaster. Ringrazio vivamente per la fiducia accordatami, così come ringrazio con grande stima e affetto tutte/i le/i titolari delle cariche appena citate per il loro fattivo e spesso oneroso impegno mirato al buon andamento delle attività dell’associazione. Debbo tuttavia  nuovamente ricordare che il mio contributo è condizionato da una storia di ricercatore di laboratorio biomedico, molto diversa da quella della stragrande maggioranza di voi operatori impegnati sul campo.

   Riguardo ai temi ai quali già avevo fatto cenno nel documento allegato alla convocazione, varie proposte sono state avanzate per far fronte alla sproporzione tra le risorse di Forum Droghe e quelle disponibili ai nostri (eufemisticamente parlando) interlocutori: in particolare il Dipartimento Politiche Antidroga (DPA) e i suoi alleati sia dichiarati, sia  prudentemente arroccati sul silenzio-assenso. Si fanno infatti sempre più insistenti le campagne mediatiche che se spesso rasentano il grottesco, tuttavia vanno incontro al “medio sentire” di una parte consistente dell’opinione pubblica e contribuiscono a rafforzare l’immagine di riprovevole/punibile diversità di chi usa sostanze. Si moltiplicano le  pubblicazioni cartacee e/o elettroniche che comportano un notevole sperpero di risorse, come il volume sui danni della cannabis (oltre 500 pagine, oltre 50 autori). Si ampliano e si “modernizzano” i canali di “informazione”, come nel caso del portale web  www.droganews.it che succede al vecchio “Bollettino…” e che anch’esso ha certamente  un costo assai elevato; e via di seguito.

   In assemblea si sono discusse le nostre numerose e diversificate iniziative, che incontrano un successo spesso superiore alle aspettative. Per esempio, la Summer School sulle bevande alcoliche del settembre scorso, oltre a fornire una esaustiva  informazione a un folto gruppo di operatori di ogni parte del Paese (purtroppo alcune richieste di iscrizione dell’ultimo momento si sono dovute rifiutare per superamento del tetto logistico), è stata teatro di confronti spesso aspri tra posizioni diverse (consumo moderato/controllato vs tolleranza zero): scontri secondo me utili, al di là degli aspetti formali che suscitano lo sdegno dei c.d. benpensanti, in quanto sono serviti a chiarire una situazione a lungo segnata da non poche ambiguità e reticenze.

   Riguardo al Libro bianco sulle conseguenze della normativa attuale, si è proposto di aggiornarlo, anche per tener conto della drammatica situazione documentata nel seminario “Tossicodipendenti e carcere” e delle interessanti ipotesi di lavoro che ne sono scaturite. E ancora, vanno almeno menzionati  il lavoro sui consumi nella Regione Toscana; il volume sul consumo controllato di cocaina e altre sostanze curato da Grazia Zuffa; quello di prossima pubblicazione sui servizi in rapporto ai bisogni degli utenti (Progetto IRRMA, Interventi regionali rivolti alla marginalità); l’edizione italiana fresca di stampa dell’importante volume della Transform Drug Policy Foundation “Dopo la guerra alla droga – Un piano per la regolamentazione legale delle droghe”, dedicato alla  memoria del compianto Giancarlo Arnao nel decimo anniversario della sua scomparsa. Determinanti per la tempestiva andata in porto di quest’ultima impresa sono state la disponibilità della casa editrice EDIESSE e la lunga e fattiva collaborazione con la CGIL e in particolare con il suo responsabile per la Politica delle tossicodipendenze Giuseppe Bortone. Questi e il responsabile del Dipartimento Welfare e nuovi diritti della stessa CGIL, Sandro del Fattore, hanno firmato la presentazione dell’opera che precede la prefazione di Franco Corleone e Grazia Zuffa.

   Franco Corleone ha sottolineato il  fatto che potrebbe esser meglio valorizzata la notevole e diversificata produzione di articoli per la rubrica e il sito (che prossimamente sarà ristrutturato onde renderlo più fruibile), attraverso la diffusione di raccolte tematiche dei medesimi. Così un numero crescente di soggetti – addetti ai lavori e “laici” – potrebbero  rendersi meglio conto della sistematicità e puntualità degli interventi di Forum Droghe sia sui “fatti del giorno” nazionali e internazionali, sia sui principali prodotti della letteratura scientifica (v. Nota). Tali  interventi ovviamente non passano inosservati, come mostra le recente quasi-ossessiva reiterazione dei contrattacchi a firma Giovanardi o Serpelloni alle nostre critiche sulle storture della Relazione al Paarlamento 2010, sull’ iniziativa dei test sui lavoratori, ecc ecc. 

   Per quanto riguarda la situazione internazionale, si è constatato che a livello di “ufficialità” la situazione appare immobile sulle posizioni di sempre. La spinta al cambiamento che pareva potesse venire sia dalla elezione di Obama, fortemente impegnato prima e subito dopo il suo insediamento a porre termine alla “War on drugs”, a favore di politiche più rispondenti ai bisogni reali, sia dal termine della direzione Costa dell’agenzia delle Nazioni Unite (UNODC), si è rapidamente esaurita –  e non solo a causa delle crescenti difficoltà sui vari fronti interni statunitensi e internazionali. Così, malgrado le forti istanze di varie parti e in particolare dell’IDPC, alla quale Forum Droghe è federato, al termine della disastrosa direzione Costa è stato nominato direttore dell’UNODC  l’ex ambasciatore russo Fedorov: un soggetto diplomaticamente navigato e forbito nelle sue reiterate declaratorie “umanitarie”, ma pur sempre rappresentante di un Paese dove tutte le misure di riduzione del danno (metadone e scambi di siringhe compresi) sono rigorosamente vietate e dove gli indicatori di danno (in particolare la sieropositività e l’AIDS conclamato) crescono inesorabilmente.   

   Ma queste roccaforti dell’ufficialità appaiono sempre più isolate e accerchiate: infatti si moltiplicano le iniziative di documentazione, di protesta e propositive – attivissima in questi campi è la IDPC, nella quale quasi quotidianamente si vanno confederando altre organizzazioni di ogni parte del mondo (vivamente raccomando la iscrizione al notiziario mensile attraverso il sito http://www.idpc.net/ ). Assai rappresentativa delle iniziative propositive per un cambio radicale di una situazione oramai insostenibile è il succitato volume “Dopo la guerra alle droghe”, che analizza dettagliatamente le varie ipotesi di regolamentazione legale delle droghe. Nello stesso senso si muovono molte altre iniziative, e in particolare il prezioso rapporto della Fondazione Beckley sulla cannabis, purtroppo al momento disponibile solo nell’edizione in inglese (a cura di Robin Room et al, “Cannabis Policy: Moving Beyond Stalemate”, Oxford University Press, 2010).

    Per quanto riguarda le iniziative in corso di preparazione, un seminario ad hoc tenutosi in febbraio a Firenze con la partecipazione di Peter Cohen e dei rappresentanti di tre regioni (Emilia Romagna, Toscana, Umbria) ha lavorato alle linee generali di un documento che a breve scadenza un gruppo di lavoro dovrà estendere e diffondere, prima della prossima Relazione 2011 al Parlamento. Tale documento dovrà non solo fornire un quadro organico delle critiche alla Relazione 2010  –  questa, tra l’altro, malgrado la sua mole straripante, ha palesemente violato la normativa vigente, mancando di affrontare con un’adeguata articolazione non pochi dei principali argomenti da questa indicati -, ma anche – anzi, soprattutto –  indicare in modo forte e chiaro “come dovrebbe esser fatta la relazione”. In particolare, si dovranno definire criteri scientificamente validi per l’analisi delle ricadute delle leggi vigenti (Jervolino-Vassalli e Fini-Giovanardi), soprattutto ma non soltanto per quanto riguarda l’enorme numero di soggetti in carcere per “reati di droga” (Franco Corleone giustamente propone di usare sempre più insistentemente il termine “vittime della guerra alla droga”). Notoriamente si tratta  per la massima parte di consumatori, soprattutto di cannabis, di consumatori-piccoli spacciatori e di piccoli spacciatori tout court, detenuti per lo più in condizioni orrende  (per cui è lecito definire buona parte dei suicidi come “suicidi istigati”); mentre prevale l’abbandono dei soggetti usciti dal carcere e si tenta di nascondere le conseguenze spesso gravi delle sanzioni ammministrative (per es. il ritiro della patente di guida quando è indispensabile strumento di lavoro), gabellate come esempio di una positiva depenalizzazione. Di  tutto questo gli organi governativi sfiorano solo la prima superficie, tentando di far credere che grazie alle suddette leggi e grazie al loro operato oramai la cura e la prevenzione sono diventate prioritarie rispetto alla repressione e alla punizione – una affermazione che suonerebbe comica se non fosse tragica. Considerazioni analoghe si possono fare per diversi altri aspetti trattati in modo mistificante nella Relazione 2010, come per es. il valore dei test effettuati sui lavoratori. 

    Dopo vari interventi che hanno sottolineato le drammatiche difficoltà dei servizi pubblici e non, e anche la ricorrente involuzione di questa o quella modalità di intervento – emblematico per es. il caso citato da Claudio Cippitelli: “militarizzazione” dei campi nomadi attraverso l’affidamento della gestione alla CRI e l’espulsione delle cooperative -, l’ultima parte dell’assemblea è stata dedicata a una approfondita discussione della prossima Summer School (Firenze 1-3 settembre), incentrata sulla riduzione del danno. Il lavoro preliminare di Grazia Zuffa e Susanna Ronconi, con l’input di Riccardo De Facci per conto del CNCA, tenuto conto della vastità del tema e delle nozioni  in materia degli operatori (non sempre complete e corrette), suggerisce una formula diversa da quella delle scuole precedenti: cioè  ‘meno convegno e più formazione, coinvolgendo tutti i partecipanti nella giornata di apertura in un open space di tematizzazione, sì da eliminare gli inconvenienti delle altre edizioni: una cesura fra le plenarie “a convegno” e i gruppi di lavoro “sacrificati” ‘.

   Rispetto a questa ipotesi, sostanzialmente condivisa, si sono avanzate due istanze: la prima, da parte di Claudio Cippitelli, per un “atto di forte rappresentanza” di massima risonanza esterna, mirato a rispondere alle esigenze di sostegno degli operatori in difficoltà (per es., conferenza stampa con partecipazione di 2-3 figure rappresentative politiche e sindacali); la seconda, da parte di Riccardo De Facci, per l’aggiunta prima dell’ open space di  un “processo alla riduzione del danno” con accusa e difesa. Anche se le decisioni in materia sono state rinviate a dopo gli scambi successivi (ma entro tempi molto brevi), mi è sembrato che un cenno a questa discussione fosse utile anche per testimoniare della vitalità della nostra associazione e del suo costante impegno a tenere aperte tutte le piste possibili, sinchè le circostanze consentiranno di avviare quei cambiamenti che tutti auspichiamo.

   In  conclusione: “L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà: se ce n’è uno è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e che cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno e farlo durare e dargli spazio” (Italo Calvino, Le città invisibili, 1972).

   Grazie, e cari saluti e auguri a voi tutte/i

   Giorgio Bignami

NOTA. Dati i miei 40 anni da ricercatore, debbo insistere su di una distinzione non a tutti ovvia,  che riguarda la letteratura scientifica e il suo “modo d’uso” Occorre cioè distinguere tra lo scarto “a colpo d’occhio” di una gran mole di lavori-spazzatura, dei quali è facile dimostrare l’inconsistenza (o peggio), e il problema più delicato e difficile delle diverse letture di lavori mediamente corretti nella metodologia e nella esposizione dei risultati, anche se non di rado segnati da  qualche forzatura nella interpretazione dei medesimi. L’importanza di questa distinzione la abbiamo fatta emergere con forza nella discussione dei lavori su cannabis e patologie mentali, utilizzati dal DPA, con toni spesso terroristici, a sostegno della Tabella Unica e delle strategie repressive goffamente mascherate da strategie curative. Grazie anche al qualificato sostegno di analisi come quella della Fondazione Beckley, abbiamo cioè potuto mostrare (a chi non è sordo a tali messaggi) che (i) nei lavori i quali hanno più accuratamente considerato i fattori c.d. di confondimento, il rischio relativo è in genere di non molto superiore all’unità, con “limite di fiducia” inferiore vicinissimo alla medesima; (ii) nessun lavoro ha potuto considerare tutti i  fattori di confondimento noti, tanto meno quelli non ancora identificati; e quindi (iii) di fronte all’impossibilità di verifiche indipendenti (come gli studi randomizzato in doppio cieco), e analogamente a quanto è avvenuto in passato per importanti studi osservazionali apparentemente supercontrollati (per es. gli studi sugli estrogeni in menopausa), i risultati di studi osservazionali come quelli su  cannabis e psicosi sono sempre a forte rischio non solo di azzeramento, ma addirittura di ribaltamento a 180°. Insomma, questa vicenda indica  che uno dei nostri compiti (di certo non l’unico) sia quello di mettere in pratica  la famosa battuta critica del ministro della Regina Vittoria d’Inghilterra Benjamin Disraeli (Lord Beaconsfield): Lies, damned lies, … and statistics! – Menzogne, dannate menzogne, … e statistiche!.