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“Sarà rinvio a giudizio”. Non è solo un’ipotesi per i genitori di Federico, ma una certezza quella di arrivare dopo più di un anno dalla morte di loro figlio a un processo che accerti eventuali responsabilità nella tragica fine del ragazzo. Sono gli avvocati però i primi a parlare all’uscita dell’aula C dove si è tenuta l’ultima fase dell’incidente probatorio sul caso Aldrovandi.

Il primo a rilasciare commenti è l’avvocato della difesa Francesco Zarbo: “Bisogna prima rileggere i verbali – avverte -. Non si può dire di essere soddisfatti né tristi, ma occorre lavorare ed essere attenti e cauti su ogni dettaglio, come abbiamo fatto finora”. Mentre gli altri colleghi della difesa si trincerano dietro un laconico no comment, altrettanto non può dirsi per gli avvocati della famiglia, che esprimono ai nostri microfoni la loro soddisfazione. Per Alessandro Gamberini “la perizia aveva lasciato alcune parti ancora poco chiare e l’incidente probatorio di oggi è servito a chiarire quegli interrogativi rimasti”. Dall’udienza sarebbe emerso, secondo l’avvocato, “il valore concausale di quello che alcuni chiamano pestaggio. È vero che nelle percosse non è stata riscontrata una gravità tale da causare la morte, ma quel tipo di situazione ha determinato l’excited delirium syndrome, che si è tradotta poi in asfissia e quindi arresto cardiaco. È stato un meccanismo plurifattoriale: l’intervento degli agenti è stata una componente concausale molto significativa nel provocare un’asfissia da costrizione fisica”. Gamberini avanza anche delle remore sul comportamento iniziale degli agenti: “in un caso di disagio psicofisico esiste tutta una serie di norme da adottare, una procedura che prevede l’intervento immediato di sanitari. Non si capisce perché gli agenti non abbiano chiamato immediatamente il 118 ma abbiano anzi messo in atto un atteggiamento di contenimento violento”. Più diretto ancora è Fabio Anselmo: “Ora ci aspettiamo il rinvio a giudizio. Per noi adesso è chiaro il ruolo avuto dai quattro agenti”. Dello stesso tono le dichiarazioni del collega Riccardo Venturi: “Oggi è stato fatto un passo avanti verso l’accertamento della verità processuale”.

La parola passa poi a genitori di Federico, che da mesi aspettavano questo momento. “È impensabile che con quello che si è detto oggi non ci sia un rinvio a giudizio e un processo – si sfoga Patrizia Moretti -. È stato ribadito che le sostanze assunte sia per quantità che per momento di assunzione, non possono aver inciso nel decesso. La morte di Federico è tutta in quel parchetto, quando ha incontrato i poliziotti”. Lino, il padre, ha solo una richiesta: “verità, cerchiamo verità, nient’altro”. “Dopo la lotta che abbiamo sostenuto come famiglia – irrompe Patrizia – e dopo quanto abbiamo saputo attraverso testimonianze, indagini e perizie, oggi voglio chiedere a chi il giorno dopo la morte di mio figlio mi disse che si trattò di overdose, che «capitava anche nelle migliori famiglie», che Federico era preda di atti di autolesionismo e che gli agenti sono intervenuti solo per fermarlo, a questi signori io chiedo con che coraggio al mattino riescono a guardarsi allo specchio”.