Il governo messicano ha ottenuto il sostegno degli Stati Uniti nella lotta al narcotraffico, messa in discussione dal Congresso statunitense per presunte violazioni dei diritti umani da parte di militari e polizia. Nel corso del quinto vertice dei leader del Nord America (Usa-Messico-Canada), che si e’ concluso ieri nella citta’ messicana di Guadalajara, il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha infatti ribadito i suoi elogi agli “importanti sforzi” fatti dal suo omologo messicano Felipe Calderon nel combattere il traffico di stupefacenti. Obama ha evidenziato come “i principali violatori dei diritti umani siano proprio i cartelli della droga” e si e’ detto convinto che, in parallelo con il miglioramento della preparazione e del coordinamento delle forze dell’ordine messicane, migliorera’ anche la trasparenza del loro operato.
Il leader statunitense ha inoltre ricordato come il suo Paese abbia dato un forte sostegno al “Piano Merida”, un progetto di sicurezza regionale che prevede un investimento di 1,4 miliardi di dollari in tre anni per combattere il narcotraffico in Messico, nel Centro America e nei Caraibi.
Il 15 per cento delle risorse dipendono pero’, in questo momento, dal dossier che il Dipartimento di Stato deve presentare al Congresso in merito al la situazione dei diritti umani nell’ambito della lotta al traffico di droga, messo in dubbio da alcuni parlamentari. Nel corso del summit di Guadalajara Calderon ha assicurato che il suo governo garantisce “un impegno assoluto e categorico” nel rispetto dei diritti umani e che lo fa con “convinzione” e non per ottenere gli aiuti. La lotta ai cartelli della droga, ha aggiunto e’ fatta per difendere i diritti dei cittadini a “lavorare senza essere danneggiati” e a “vivere in sicurezza con le proprie famiglie”.
Calderon ha poi invitato Obama a non dimenticare il peso che gli immigrati messicani hanno nell’economia statunitense, pur evidenziando il “coraggio” del leader statunitense nell’affrontare la questione dell’immigrazione. Il presidente americano ha sottolineato di avere fiducia nella possibilita’ che una bozza di riforma delle leggi sull’immigrazione possa essere pronta entro la fine dell’anno per essere discussa nel 2010. “Sara’ difficile” ha spiegato Obama, sostenendo che ci sara’ bisogno dell’appoggio di tutte le forze politiche, ma che l’attuale legislazione non risolve la situazione e crea forti tensioni con il governo messicano. Calderon ha incontrato una disponibilita’ minore da parte del primo ministro canadese Stephen Harper, nel contestare la decisione del suo Paese di imporre la necessita’ del visto a tutti i cittadini messicani che vogliono visitare il Canada. “Ci dispiaciamo profondamente e respingiamo la decisione del governo canadese che, pur totalmente legittima, rende piu’ difficili e ostacola il buon rapporto tra i due Paesi”.
Ottawa ha giustificato la decisione, presa il 12 luglio scorso, con l’aumento delle richieste da parte di rifugiati politici, nel 2008 poco meno di 10 mila, che rappresentano il 25 per cento delle richieste totali. Il primo ministro Stephen Harper ha spiegato che “il problema e’ relativo alle leggi sui rifugiati canadesi” che faciliterebbero il percorso delle pratiche per il riconoscimento dello status anche se le motivazioni che sono alla base della richiesta sono false.
LULA PRONTO A MEDIARE TRA VENEZUELA, USA E COLOMBIA – Lula mediatore fra il Venezuela e gli Stati Uniti, ma anche fra il Venezuela e la Colombia. Doppio, delicato ruolo per il presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva che, secondo la stampa brasiliana, al summit dell’Unasur, Unione delle nazioni sudamericane, a Quito dovrà assumere il ruolo di mediatore in un clima molto teso.
Al centro dei colloqui c’è la discussione sull’ accordo militare fra Bogotà e Washington per permettere ai soldati americani l’uso di sette basi colombiane. Un’intesa inaccettabile per il presidente venezuelano Hugo Chávez, il leader sudamericano più critico nei confronti degli Stati Uniti e delle politiche colombiane. Al vertice non partecipa il presidente colombiano Álvaro Uribe, ma questo non impedisce il dibattito sullo spinoso argomento. Ed è probabile, sottolinea Zero Hora, che Chávez o l’omologo ecuadoregno Rafael Correa tornino alla carica contro le scelte colombiane. Da Lula, alla guida di un governo di sinistra più moderato e sostenuto da alti indici di popolarità, nonostante i dubbi sulle basi espressi a più riprese, molti analisti si aspettano una posizione di possibile intermediazione. E questo non vale solo per i vicini sudamericani. Secondo Folha de Sao Paulo, il Brasile tenta la carta del dialogo fra Caracas e Washington.
All’origine di questa scelta ci sarebbe il viaggio del consigliere speciale di Lula per gli affari esteri, Marco Aurelio García, la scorsa settimana a Caracas per incontrare Chávez.
García ha proposto al leader venezuelano di stabilire un contatto diretto con l’amministrazione americana, rivolgendo poi lo stesso invito a Jim Jones, consigliere per la sicurezza nazionale Usa.
Intanto il vertice Unasur apre i battenti senza Uribe. Il presidente colombiano ha detto e ripetuto che l’obiettivo dell’accordo militare è aumentare la cooperazione con gli Usa nella lotta contro il narcotraffico, ma nella regione sudamericana c’è scetticismo e preoccupazione. Qualcuno vede in quest’intesa una sorta di contrappeso ai recenti accordi fra il Venezuela e nazioni come l’Iran. C’è attesa per gli sviluppi: se il Brasile riuscisse realmente a ridimensionare i toni del conflitto, sarebbe un importante successo diplomatico per il governo di Lula.