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Nell’attesa dell’imminente relazione annuale sulle droghe per il Parlamento, può essere utile  ragionare su alcuni dei dati ottenuti da parti diverse, con diversi metodi e su diverse popolazioni. In particolare, in maggio è stato diffuso il rapporto ESPAD 2011 (“Indagine sul consumo di alcol e altre sostanze nella popolazione scolastica”, scarica in versione pdf) dell’Istituto di fisiologia clinica del CNR di Pisa, che si aggiunge a quelli riguardanti la stessa e altre popolazioni e sui quali si sono accese a più riprese vivaci polemiche.

Qui va ricordato che sia l’ESPAD che e il suo equivalente IPSAD per la popolazione generale erano stati usati per un certo tempo per acquisire i dati forniti dalle relazioni annuali al Parlamento; ma per motivi mai del tutto chiariti, erano stati sostituiti nelle relazioni più recenti (2010 e 2011) da sistemi di rilevamento basati su metodologie almeno paraezialmente diverse, con diverse dimensioni dei campioni e con  diverse parti affidatarie delle indagini: il GPS-ITA per la popolazione generale (gestito dal torinese International Training Center) e l’SPS-ITA (gestito dall’Università romana di Tor Vergata) per gli studenti delle scuole secondarie. Soprattutto nel caso della popolazione generale, si ricorderà anche come col cambio dei metodi e dei gestori si era “dimostrato” già dalla relazione 2010  un calo delle frequenze dei consumi variabile da una droga all’altra e da una popolazione all’altra. Alcuni aspetti di questo calo erano apparsi talmente clamorosi da suscitare un coro di critiche severe al livello sia nazionale che internazionale. Per esempio, si era fatto notare che per i dati sull’uso di cannabis “almeno una volta nella vita”,  il calo dichiarato era talmente forte (di quasi un terzo) e talmente rapido che si sarebbe potuto spiegare solo con  il decesso in breve lasso di tempo di un gran numero di soggetti,  per lo più giovani e forti. E infatti i dati dell”indagine IPSAD  per la relazione 2008 e quelli del GPS-ITA per le relazioni 2010 e 2011 non erano tra loro in alcun modo confrontabili: ambedue si basavano su questionari postali, ma con un ritorno del 33% sul circa 30.000 invii nel primo caso, e un ritorno di  un misero 12,7 % su circa 100.000 invii nel caso della relazione 2010 (il numero di invii e di ritorni non sembra specificato nella pur fluviale relazione 2011; comunque qualsiasi principiante di epidemiologia sa che tra i profili dei rispondenti e quelli dei non rispondenti ci sono spesso differenze abissali in direzioni imprevedibili). Insomma, difficile capire con che faccia tosta si è osannato – tra suoni di campane, rulli di tamburi, squilli di trombe e sparo di mortaretti – lo strepitoso successo della tolleranza sero nella Fini-Giovanardi.  E questo, quando già la relazione 2008 sommessamente ammetteva che un ritorno del 33%, cioè quasi il triplo di quello della vittoriosa relazione successiva, creava forti rischi sia di sovrastima che di sottostima dei fenomeni indagati. Una possibile spiegazione è quella offerta già un secolo e mezzo fa dal noto  politico britannico Benjamin Disraeli, nobilitato dalla regina Vittoria come Lord Beaconsfield: “Vi sono  tre tipi di menzogne: le menzogne, le maledette menzogne, e… le statistiche”.

Inoltre i dati drammatici – soprattutto, ma non soltanto, sull’aumento delle carcerazioni per violazioni della Fini-Giovanardi – messi in evidenza dal Secondo Libro Bianco sulla Legge Fini-Giovanardi (Scarica il Dossier di Fuoriluogo, giugno 2011), apparivano assolutamente incompatibili con il quadro ottimistico delle relazioni ufficiali. In particolare, in appendice al Libro Bianco si trova una più ampia analisi critica di tali relazioni, condotta con il contributo dell’esperto sociologo olandese Peter Cohen del quale è nota la lunga esperienza in materia.

Le contraddizioni appaiono, è vero, meno marcate nel caso dei consumi della popolazione studentesca pur rilevati con diversi metodi –  per esempio, l’ESPAD ricorre a questionari cartacei anonimi, con l’SPS lo studente deve  invece compilare il questionario sul computer della scuola (qui pare superfluo dilungarsi sulle evidenze sostenute da una crescente letteratura, ampiamente pubblicizzate dai media, ben note ai nostri figli e nipoti “nativi digitali”, sui possibili usi impropri dei dati pur apparentemente protetti immessi in rete). Cioè sia l’ultima rilevazione SPS, relativa al 2010 e al primo semestre 2011, sia il rapporto ESPAD basato sul confronto tra i dati del 2011 e quelli di parecchi anni precedenti, mostrano una tendenza a una lieve riduzione della maggior parte dei consumi di droghe sia lecite che illecite. Alcuni dati ESPAD destano comunque  notevoli preoccupazioni. Per esempio, delle quattro modalità di consumo considerate – consumo nella vita, negli ultimi 12 mesi, negli ultimi 30 giorni, frequente – il consumo frequente tende ad aumentare per l’eroina, per la cocaina, per gli allucinogeni e per gli stimolanti. Resta inoltre elevato il numero dei soggetti che ricorrono al binge drinking – sempre al di sopra del 30%, con lievi oscillazioni da un anno all’altro (manca tuttavia una disaggregazione delle frequenze di tale tipo di consumo come quelle sopra citate per le altre sostanze). Resta costante, dal 2000 in poi, l’uso di tabacco, mentre per il 2011 compaiono anche le frequenze di “consumo” del giuoco d’azzardo: frequenze assai elevate – tra i 15 e  i 19 anni crescono dal 50 al 65% nei ragazzi, dal 30 al 40 % nelle ragazze; e per buona giunta, con un regolare incremento dalle regioni del Nord a quelle del Centro e a quelle del Sud, cioè dagli studenti di famiglie a più alto reddito a quelli di famiglie a più basso reddito.

Per ultimo, ma non da ultimo, il rapporto ESPAD fornisce i dati sul ricorso a psicofarmaci. Per alcuni tipi di prodotti le  frequenze sono relativamente basse, ma non trascurabili (tra il 2 e il 3% dei soggetti nel caso dei farmaci per l’umore, per le diete e per l’iperattività), mentre salgono a oltre il 5% nel caso dei farmaci per dormire. Per tutti i prodotti il ricorso è maggiore nelle ragazze che nei ragazzi: non di molto nei casi dei  farmaci per l’umore e per l’iperattività, invece del doppio per i farmaci per dormire, quasi del triplo per i farmaci per le diete. Si noti che i farmaci per l’umore sono in genere antidepressivi mediamente poco tossici, ma che in alcuni casi possono dare reazioni violente o addirittura favorire – paradossalmente- il tentativo di suicidio; i sonniferi sono per lo più benzodiazepine ad alto rischio di tolleranza e dipendenza; i farmaci per l’iperattività sono psicostimolanti amfetaminici o amfetamino-simili; gli antifame sono anch’essi  per lo più a base di psicostimolanti, da soli o in orrendi miscugli concordati tra medici e farmacisti poco scrupolosi. Preoccupano anche il fatto che in buona parte dei casi solo alla domanda “a che età la prima volta?” la risposta è “prima dei 15 anni”; e inoltre il fatto che i canali di acquisto sono spesso illeciti e assai vari, cioè senza una ricetta medica presentata in farmacia

L’ultima notizia poco confortante riguarda i dati rivelati alla recente Festa della Polizia del 25 maggio: i sequestri di eroina a Milano sono passati da 1,732 chili nel primo quadrimestre 2011 a 46,837 chili nel primo quadrimestre 2012, un aumento di circa 25 volte -; quelli di cocaina a Torino da 26 a 60 chili, un aumento di “soltanto” due volte e mezzo. Anche supponendo che possa essere un pò cresciuta la percentuale sequestrata rispetto al circolante (poco probabile: detta percentuale è assestata da sempre intorno al 10%),  l’aumento dell’offerta e del consumo soprattutto di eroina appare più che preoccupante, il che trova purtroppo un puntuale riscontro nei frequenti casi di overdose.

Insomma, seguitiamo pure ad accanirci contro il de minimis, come direbbero i  giuristi, cioè contro le canne innocue salvo particolari stili e tempi di consumo (come l’assunzione prima della guida); e seguitiamo a registrare con bella indifferenza, reggendo il moccolo a lauti profitti in parte leciti, in parte illeciti, gli ammalati e i morti da tabacco e da alcol, il binge drinking, l’assunzione di psicofarmaci medici da parte di ragazzine e ragazzini, le giocate della speranza dei figli di famiglie spesso prossime alla canna del gas. Questo pare il normale modus operandi delle nostre istituzioni, a fronte di una carta costituzionale la quale sancisce che “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”, con la buona giunta che  “la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.