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ROMA – Tanti i potenziali “oggetti del desiderio”, ma il sentiero per inseguirli è sempre uno solo. Da un lato il ventaglio delle possibili dipendenze si allarga, e ai tradizionali fumo, alcol e droga si affiancano le trappole tecnologiche: cellulari, internet, videogiochi, e-mail. Dall’altro, i medici cominciano a dare al fenomeno contorni precisi fra i circuiti del nostro cervello. Le immagini della risonanza magnetica o altri apparecchi per “visualizzare il pensiero” rivelano che il meccanismo alla base delle nostre pulsioni incontrollate è sempre, a grandi linee, identico a se stesso.

Eroina e anfetamine, gioco d’azzardo, bisogno compulsivo di scaricare l’e-mail o controllare i messaggi sul cellulare ogni pochi secondi sono tutte ossessioni che percorrono lo stesso sentiero fra i neuroni. Luigi Janiri insegna psichiatria all’università Cattolica di Roma e dirige il day hospital per le tossicodipendenze al Policlinico Gemelli. “Se cinque anni fa osservavamo solo pazienti dipendenti da sostanze come droghe o alcol, ora affrontiamo i problemi più vari. Un paziente su quattro si rivolge a noi perché non può staccarsi dal gioco d’azzardo, da un partner, dallo shopping, da sesso o pornografia”.

I mille “oggetti del desiderio” che ci circondano come ami pronti ad agganciarci non fanno altro che sfruttare un meccanismo innato nel cervello: quello della ricerca del piacere e dell’appagamento dei bisogni. Nati per spingere l’uomo e gli altri animali a cercare cibo, a provare piacere nell’accoppiarsi e a difendersi dal dolore troppo intenso, questi meccanismi si sono spostati ora su altri bersagli. E tutto, dalla cocaina alla mania per lo sport, rischia di diventare una necessità imprescindibile per chi viene colpito da dipendenza.

“Armati di un arsenale di tecnologie sempre più sofisticate – scrivono Michael Lemonick e Alice Park sull’ultimo numero di Time dedicato a un problema che sta diventando più poliedrico che mai – fra cui spiccano risonanza magnetica funzionale e tomografia a emissione di positroni, i ricercatori hanno iniziato a capire cos’è che va storto nel cervello di una persona affetta da dipendenza. Quali neurotrasmettitori subiscono uno sbilanciamento e quali regioni del cervello sono danneggiate. In una parola, si sta scoprendo quanto profondamente droghe o altro sfruttino le emozioni e prendano in ostaggio i processi di memorizzazione”.

Una delle “strade del piacere” del cervello sfrutta il neurotrasmettitore dopamina, legato alla sensazione dell’appagamento. Un secondo sentiero passa invece per le endorfine, sostanze prodotte dal nostro organismo, ma simili dal punto di vista chimico agli oppiacei contenuti in molte droghe. Un altro circuito è preposto all’accensione dei desideri e all’impulso verso il loro raggiungimento anche passando per situazioni rischiose. Tutti questi ingranaggi erano evidentemente utili a un uomo che viveva di caccia e pesca negli habitat primordiali.

“Oggi gli oggetti che possono creare dipendenza sono talmente tanti e così vicini a ciascuno di noi che diventa difficile tracciare il confine tra comportamenti normali e patologici” sostiene Janiri. Marketing e carte di credito precipitano la situazione per i malati di shopping. Una tendenza alle relazioni interpersonali discontinue può mettere invece in risalto i comportamenti ossessivi nei confronti del partner.

“Le dipendenze da affetto rappresentano una sfida particolarmente impegnativa” riflette Janiri. “Non riuscire a staccarsi da un partner, reagire in modo violento e impulsivo, cadere trappola della gelosia morbosa sono gli ingredienti di base di molti fatti di cronaca nera”.