Celle stracolme, personale in affanno, detenuti ammassati e trattati come numeri: il XXI Rapporto di Antigone sulle condizioni di detenzione in Italia – significativamente intitolato Senza Respiro – descrive un sistema penitenziario vicino al punto di rottura. È il grido d’allarme lanciato da un’associazione che da oltre vent’anni monitora lo stato delle carceri italiane con rigore e determinazione, a partire dalle oltre 100 visite effettuate nel solo 2024, da Bolzano ad Agrigento.
Il titolo è tutt’altro che metaforico. Senza Respiro è lo stato di chi vive in celle sovraffollate, in spazi angusti e degradati, con livelli di tensione altissimi e accesso limitato alla salute, al lavoro, alla socialità. Ma senza respiro sono anche gli operatori del sistema: educatori, agenti, direttori, medici, volontari. Il carcere, oggi, è una macchina sfiancata, in profonda crisi di identità e sempre più distante dal dettato costituzionale dell’art. 27.
Al 30 aprile 2025, le persone detenute erano 62.445. A fronte di una capienza regolamentare di poco più di 51.000 posti, e considerata l’inagibilità di circa 4.000, il tasso di affollamento reale è almeno del 133% . Non si tratta solo di numeri: è l’effetto tangibile di un’impostazione politica e legislativa sempre più punitiva, culminata nel recente decreto legge sicurezza, che introduce il nuovo reato di “rivolta penitenziaria”. Nel 2024 si sono contati 1.500 episodi di protesta, coinvolgendo almeno 6.000 persone detenut: se ognuna di loro fosse stata condannata in media a 4 anni di carcere, si rischierebbero 24.000 anni di carcere in più per chi sta già scontando una pena.
I segnali di cedimento sono ovunque. Nel 2024 i suicidi sono stati 91. Le segnalazioni di rischio suicidario sono in aumento, come conferma il lavoro del Difensore Civico di Antigone che nel solo 2024 ha gestito oltre 500 richieste di supporto da detenuti e familiari . Le sezioni di isolamento, spesso utilizzate per contenere il disagio psichico più che per fini disciplinari, diventano luoghi di abbandono e sofferenza estrema .
Le criticità non risparmiano il circuito penale minorile. Al 30 aprile 2025, i minori detenuti erano 611, con una crescita del 54% in due anni. E sono 189 i ragazzi ultra-diciottenni trasferiti dal circuito minorile alle carceri per adulti, un’operazione punitiva che spezza percorsi educativi e vanifica ogni obiettivo di recupero .
Altro dato simbolico: 11 bambini vivono oggi in carcere con le loro madri. E il decreto sicurezza, abolendo l’obbligo di rinvio dell’esecuzione della pena per donne incinte o con figli piccoli, rischia di far salire questo numero. Inoltre, introduce per la prima volta la possibilità di sottrarre il figlio alla madre in caso di “condotta inadeguata”, una misura che ha il sapore della punizione esemplare .
Tra le proposte avanzate da Antigone per far tornare il sistema a respirare, tre emergono con urgenza: un provvedimento di clemenza per chi ha meno di due anni da scontare (17.000 persone), il divieto di ingresso in carcere se non c’è un posto regolamentare disponibile, e l’utilizzo straordinario di misure alternative per alleggerire immediatamente la pressione .
In parallelo, l’associazione denuncia la deriva retorica e culturale in atto: un linguaggio politico sempre più bellicoso e autoritario, che trasforma il carcere in una trincea e i detenuti in nemici interni da sottomettere. Un’“insubordinazione costituzionale”, la definisce Patrizio Gonnella nell’editoriale del rapporto, che colpisce anche gli operatori penitenziari, sempre più soli e sovraccarichi .
Nel segno delle parole di Papa Francesco – che invitava a una pena “mite e mai disumana” – Antigone chiama a raccolta le forze vive del paese: università, sindacati, associazioni, mondo delle professioni. È il tempo di costruire una nuova alleanza costituzionale, per rimettere al centro la dignità della persona anche – e soprattutto – dietro le sbarre.