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Una road map per lo sviluppo della Riduzione del Danno non può essere intrapresa senza la partecipazione attiva e convinta della Società civile italiana. I partner italiani del progetto CSI-DP nel primo semestre del 2017 hanno realizzato un sondaggio rivolto ad associazioni e network coinvolti nella RdD a diversi livelli – operativi, di advocacy, di ricerca. L’obiettivo era quello di rilevare le valutazioni in materia di processi partecipativi e di dialogo tra società civile e politica, sulle droghe e specificamente sulla riduzione del danno.

Al sondaggio hanno partecipato 73 operatori, di 14 regioni italiane, con un’età media di 48 anni. Gli aspetti dell’approccio di RdD che risultano prioritari per attivare un dialogo con la politica riguardano la limitazione dei rischi/uso sicuro (punteggio ottenuto pari a 4.5 su un massimo di 5), la valenza sociale della RdD (4.4) e gli aspetti giuridico-penali e la salute in carcere (4.3).

Tra i nodi critici del sistema che vanno posti all’attenzione dei decisori politici vengono prioritariamente segnalati l’intermittenza dei sevizi di RdD (4.5), i limiti/assenza di un sistema RdD in carcere (4.3), l’assenza di linee guida aggiornate (4.2).

Tra gli obiettivi al centro del dialogo con la politica, i partecipanti hanno individuato la definizione operativa della RdD nei LEA (4.6), la sua inclusione come Quarto Pilastro in un nuovo Piano d’azione nazionale (4.5), e infine l’elaborazione di linee guida aggiornate a livello nazionale (4.4) e di scelte di intervento basate sulle evidenze scientifiche. Emerge come essenziale la convocazione, attraverso un percorso partecipato, di una Conferenza Nazionale sulle droghe, in cui sia dato uno spazio specifico alla RdD (come avvenuto in quella tenutasi a Genova nel 2000). Viene ribadita l’importanza di un monitoraggio, con strumenti scientifici, degli interventi realizzati a valenza nazionale, e quindi includere la RdD nel Sistema Informativo Nazionale delle Dipendenze (SIND).

I fattori che nel contesto italiano ostacolano lo sviluppo della partecipazione della Società civile ai percorsi decisionali in tema di politiche sulle droghe, e sulla RdD in particolare, sono la mancanza di sedi di partecipazione e il fatto che l’interlocuzione con la politica sia di fatto consentita a pochi attori forti; la costruzione di una road map è messa a rischio a causa dei continui tagli al welfare (indicati dal 38,4%) e dalle scelte dei decisori poco basate sulle evidenze (37%). Sono segnalati come massimo rischio, ma con valori percentuali non elevati, la debolezza delle organizzazioni dei consumatori (27,4%) e quella relativa alla voce degli operatori del settore (24,7%).

Viene segnalata l’indifferenza della politica nazionale al tema droghe (50%) e l’instabilità del quadro politico italiano (42,5%). Una variabile su cui la società civile può incidere assai poco.

Per quanto concerne gli attori della Società civile da coinvolgere e valorizzare nei processi partecipativi, vengono segnalate le associazioni di advocacy di portatori di interessi (persone che usano sostanze, persone con HIV/HCV) con una percentuale del 52,1%, seguite da quelle del Terzo Settore che sono anche provider di servizi al 39,7% e da quelle che operano per la tutela della salute al 35%. Altri attori da coinvolgere sono gli enti di ricerca, e le organizzazioni sindacali e di settore.

In sintesi il sondaggio conferma la multidisciplinarietà dell’approccio di RdD ed evidenzia, oltre alle dimensioni sociali e sanitarie, anche quelle legislative, giuridiche e della percezione sociale. La RdD secondo questo sondaggio non può essere considerata solo come un insieme di preziose pratiche e interventi di tipo socio-sanitario, bensì un vero e proprio approccio al problema delle droghe, riguardando le politiche pubbliche nel loro complesso. Così declinata, la promozione della RdD va oltre la pur necessaria e urgente esigenza di attivare pratiche e misure di intervento, poiché mette in discussione l’impianto legislativo e le pratiche conseguenti.

Viene dipinto un quadro a tinte fosche sullo stato dell’arte dei processi partecipativi e del dialogo Società civile-decisori (tecnico)politici e si suggerisce l’urgenza di una inversione di rotta, in alcune delle sedi strategiche politiche, che sono anche sedi di partecipazione, in particolare la Conferenza nazionale di elaborazione del Piano d’azione nazionale.

Il sondaggio enfatizza la necessità di portare a regime la RdD, colmare i divari regionali e assicurare continuità e chiaro sostegno politico agli interventi attraverso due strumenti ritenuti prioritari: linee guida nazionali e LEA. Questi obiettivi chiamano in causa processi partecipativi che attribuiscono a diversi attori un ruolo cruciale, Dipartimento Politiche Antidroga, Regioni e Conferenza delle Regioni, Ministeri e Governo.

Un’alta attenzione viene prestata anche a fattori quali la ricerca, accademica e indipendente, attorno a consumi, impatto delle politiche e valutazione di ipotesi alternative, nonché del monitoraggio degli interventi. Attenzione che non stupisce nel mondo della Riduzione del danno, dove una conoscenza sempre aggiornata dei fenomeni ai fini di individuare approcci e metodologie pragmaticamente orientati, sono da sempre criteri-cardine.

Il sondaggio trova nella Società civile stessa limiti e debolezze e suggerisce un percorso di road map che faccia proprie queste sfide. Una maggiore capacità di coesione, una efficace negoziazione di obiettivi comuni, un ampliamento delle alleanze, una migliore capacità di mobilitazione, di advocacy e di comunicazione sociale, un sostegno e una inclusione delle associazioni di chi è portatore di interessi, appaiono obiettivi trasversali, da tenere “in filigrana” dentro un percorso di sviluppo partecipativo.

Al raggiungimento di tali obiettivi sarà dedicato ampio spazio durante il meeting per il rilancio di una strategia di advocacy, promozione e sviluppo della Riduzione del Danno in Italia organizzato a Napoli il 17 e 18 novembre prossimi. Il programma e tutta la documentazione è disponibile sul sito italiano del progetto: rdd.fuoriluogo.it.