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L’annuncio dell’inasprimento delle pene per i consumatori di cannabis da parte del Primo ministro Gordon Brown e la valanga di confessioni dei membri del suo gabinetto che ha precipitosamente fatto seguito, hanno lasciato spazio alla credenza che la litania sulla cannabis – quella di una volta, quella sì che era buona e innocua, mentre oggi è molto più potente e dannosa di quando la si fumava noi – possa avere un qualche fondamento di verità e costituisca una valida giustificazione alla criminalizzazione dei consumatori. Niente di più falso. È quanto ci ricordano, e non lo si ripeterà mai abbastanza, alcuni articoli apparsi in questi giorni su due importanti organi di informazione britannici, il Guardian e l’Independent.

Per Francis Sedgemore, in «Cannabis: la grande bugia», la Skunk può essere forte, sì, ma non più dell’hashish di alta qualità che è sempre stato fumato in Gran Bretagna. “Si fa un gran parlare di ri-criminalizzare milioni di consumatori di cannabis, ed è tutto basato su una bugia. Vale a dire che politici e medici stanno spacciando dati ingannevoli con l’intento di mostrare che la skunk attualmente sul mercato è almeno 10 volte più potente di qualsiasi cosa il ministro degli Interni abbia potuto fumare quando studiava a Oxford negli anni ’80.

È semplicemente falso, e ripetere una bugia ad nauseam non la rende vera”.

«L’erba è sempre più verde», titolava qualche giorno prima l’articolo di Tom Clark, che – sempre dal sito del Guardian – ricordava come le preoccupazioni sulla cannabis non possano certo giustificare il ritorno a una politica fallimentare. “Uno studio del Lancet dello scorso marzo ha concluso che, ferma restando la pericolosità della cannabis, questa costituisce un problema meno grave dell’alcol e del tabacco. Nonostante ciò, nessuno mette in discussione che il metodo corretto per porre l’attenzione dei bevitori e dei fumatori sui rischi che corrono sia quello di utilizzare le campagne di informazione – non quello di gettare in galera i tabaccai e i gestori dei pub”.

Dalle colonne dell’Independent, Jeremy Laurence ripropone, in un articolo intitolato «Smontata la scusa dei politici che la cannabis sia diventata più potente», un’interessante dichiarazione del Prof. Leslie Iversen, farmacologo della Oxford University, il quale afferma che la credenza diffusa che la skunk sia 20 o 30 volte più potente è “semplicemente falsa”. “Il cambiamento più significativo negli ultimi decenni – continua Laurence nel suo articolo – è rappresentato dalla potenza della marijuana coltivata in casa, ma questa è solamente raddoppiata, arrivando al 12-14% di THC. In Gran Bretagna si trova sul mercato una Skunk particolarmente potente, ma c’è sempre stata, come testimoniato dallo UN Drug Control Program”. In conclusione, viene trattata un’altra questione “scottante” e di grande attualità: quella riguardante la relazione causale tra l’uso di cannabis e la schizofrenia. “Gli esperti guidati dal Prof. David Nutt, specialista in psichiatria della tossicodipendenza all’università di Bristol, hanno affermato lo scorso marzo sul Lancet che non è stato stabilito alcun legame di tipo causale”. Perché un’associazione non costituisce una causa.