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ROMA – “Ho cercato di liberarmi in tutti i modi, ma non ci riuscivo. Inciampavo, sbattevo, cadevo per terra. Lui non era solo, c’era qualcun altro ad aiutarlo. Sono riusciti a farmi tutto questo perché non c’era sicurezza: altro che festa patrocinata dal Comune di Roma, quello era un inferno”. I ricordi sono confusi. E ripercorrere quegli istanti fa soffrire Gaia, la ragazza di 23 anni aggredita e violentata durante la notte di Capodanno ad “Amore 09”, festival di musica elettronica alla Nuova Fiera di Roma. Sdraiata sul letto con addosso un pigiama da bambina, il viso leggermente truccato, due amiche accanto, una sotto le coperte con lei e una sulla poltrona. La rabbia per tutto “il casino che i giornali stanno facendo: ormai lo sanno tutti che sono io, non so con che faccia tornerò a casa”. Si vedono ancora gli enormi lividi sul collo e le escoriazioni sul viso e sulla gamba. In una mano gli aghi della flebo, gli occhi spesso si alzano al cielo. Occhi tristi.

Gaia, fisicamente come si sente?

“Male: ho botte e lividi dappertutto. Ma il dolore più grande è quello interiore, per me, per i miei cari. Ci sono le notti in cui non riesco a dormire, mi sveglio urlando, mi sforzo di ricordare un particolare, un dettaglio. I giornali domani parleranno di altro, ma quello che è successo non passa, non per me”.

Cosa l’ha ferita di quello che è stato pubblicato?

“Le tante bugie, a partire dal fatto che ero drogata. Avevo bevuto due gin tonic, come dicono i test dell’ospedale: nel mio sangue c’erano solo tracce di alcol. Ho letto che avevo assunto cocaina, ketamina… ma se io nemmeno so cos’è?”.

Che altro?

“Hanno scritto che mia sorella era con me, come per far credere che lei avrebbe dovuto difendermi. Non c’erano né lei né il mio ragazzo, ero andata con altri amici. E nemmeno loro avrebbero potuto salvarmi perché in quel maledetto bagno c’ero andata da sola”.
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Gaia, che cosa ricorda di quegli attimi?

“Ero nel padiglione 1, suonava il dj Sven Vath. Mi sono allontanata per andare in bagno e mentre entravo mi hanno aggredita. Ho lottato con tutta la forza che avevo, ma invano. Mi sembrava di morire soffocata, con le mani quello mi teneva il collo e non mi lasciava respirare. Non so come, alla fine, sono riuscita a scappare. Se fossi stata drogata come dicono non ce l’avrei mai fatta”.

Ma lei ricorda una persona sola?

“Non era solo. C’erano altri con lui, ma non erano sette come è stato scritto”.

A che ora era arrivata alla Fiera?

“Intorno all’una, in macchina con quattro amici. Quella sera avevo lavorato fino alle 11, è per questo che siamo andati lì, a me quella musica piace. Se avessi avuto le ferie sarei andata in montagna con altri amici oppure avrei organizzato qualcosa nella mia “sala hobby””.

E invece?

“Sono finita in quell’inferno: 45 euro per un rave legalizzato. Quelli non autorizzati sono meglio, lì non hanno mai violentato nessuno. Era la festa del Comune di Roma, un delirio senza sicurezza. I vigili erano fuori a regolare il traffico e la security stava ai cancelli, mentre dentro ti chiedevano se volevi cocaina, speed e altre robacce. Posso chiedere una cosa io a lei: ma le telecamere non c’erano? Davvero non riescono a trovare il colpevole?”.

È la prima cosa che vorrebbe?

“Questa, sì. Oltre ad essere lasciata in pace. E dimenticare”.