Tempo di lettura: 3 minuti

Lasciamo stare la sinistra cosiddetta radicale che – in qualche modo coerentemente – già affastella sacchi di sabbia e transenne per le sue barricate, gridando allo “stato di polizia”.

E mettiamo da parte anche i festeggiamenti nel quartier generale del centrodestra, dove è tutto un darsi pacche sulle spalle perchè «hai visto, adesso danno ragione a noi». Insomma, facciamo pure come se non contassero né la sinistra estrema nè la destra d’opposizione: non è che ugualmente covi un problema costituito da questo continuo zig-zag, da questo avanti e indietro, da questo prima “molli” e poi “duri”, che dopo aver confuso le idee a molti adesso rischia addirittura di sconcertare?

Esiste, certo che esiste. Perchè si ha un bel dire che «non c’è contraddizione»: ma passare in dieci mesi dalle “stanze del buco” (Ferrero) e dal raddoppio della modica quantità (Turco-Mastella) all’invio dei Nas nelle scuole italiane, insomma ci sarà pure coerenza tra il prima e il dopo, ma è complicato da spiegare. Anche a gente, come dire, che di queste faccende se ne intende. Prendete, per esempio, il ministro di Grazia e Giustizia, Clemente Mastella, co-firmatario con Livia Turco del decreto (poi annullato dal Tar) col quale si raddoppiava la “modica quantità” di cannabis detenibile per uso personale. Il tono è pacatissimo, la sostanza assai di meno: «Che non mi porti più a firmare decreti, perchè non lo farei. Anzi, se vede la Turco, glielo dica. Sono stufo di fare figuracce e regali all’opposizione. E scriva pure che ci ho ripensato: se dovessi rifirmare il decreto di raddoppio della modica quantità, non lo rifirmerei. Sono veramente senza parole: questi della sinistra arrivano sempre tardi, e quando poi finalmente arrivano vogliono comunque fare i primi della classe».

E’ questo il punto? Arrivare tardi su questioni di senso comune e una volta arrivati andare oltre, fare il classico “più uno”, tentando così di cancellare (e far dimenticare) inadeguatezze culturali, lentezze e – magari – sensi di colpa eredità del tempo che fu? Può essere. O, almeno, così sembra pensarla Sergio Cofferati, il primo – o giù di lì – che ebbe il coraggio di dire alla sinistra, da sinistra, che era una follia continuare a considerare di destra valori come la legalità e la sicurezza. Ne pagò (e forse ne sta pagando ancora) un qualche prezzo: ma vuoi mettere, adesso, la soddisfazione… «Se lei mi chiede se il tema – intendo il consumo di droga tra i giovani – merita attenzione, io le rispondo due volte di sì. Poi possiamo farci intorno tutti i ragionamenti che vogliamo. Come, per esempio, il fatto che l’avvicinarsi a certe questioni sotto l’incalzare dell’emergenza – o semplicemente dei fatti – può a volte determinare che ci si arrivi, ammettiamolo, con qualche pressappochismo».

Dicono che si chiami “sarkozismo”. O anche “sindrome di Sarkozy”. Sarebbe, cioè, l’ultimo modello – l’ultimo innamoramento – della sinistra riformista italiana, sull’onda del travolgente successo del neopresidente francese. Fosse così, è evidente che si segnalerebbe un certo smottamento politico e programmatico che, insomma, dovrebbe far riflettere. Passi infatti per il primo amore, il “blairismo”. E niente da dire, naturalmente, nemmeno sulle seconde nozze, cioè lo “zapaterismo”: siamo pur sempre, infatti, dentro il grande album delle icone progressiste e riformiste d’Europa. Ma finire affascinati dalla politica del neopresidente conservatore d’oltralpe, qualche interrogativo dovrebbe pur sollevarlo: soprattutto in una fase in cui i partiti di Fassino e di Rutelli – il famoso “timone riformista” – sono alle prese con la definizione del patrimonio ideale, politico, culturale e programmatico del nascente Partito democratico.

«Certo che arrivano tardi alla meta – annota il ministro Mastella – e ci arrivano pure male. Con uscite come quelle della Turco, infatti, non soltanto fanno un regalo grosso così al centrodestra, che ora può andarsene in giro a sbandierare il fatto che avevano ragione. Ma si mostrano anche – anzi: si confermano – in totale crisi di identità. Il che mi conforta nella decisione di star lontano da quel guazzabuglio che sarà il Partito democratico». E’ una tesi, quella della crisi di identità. Più concretamente, Sergio Cofferati di problemi ne pone un altro. «Il rischio è evidente: è quello della perdita di credibilità. Il pericolo è che la gente finisca per pensare una cosa del tipo “dicono questo, ma tanto vedrai che cambieranno idea”…». Rischio mortale. In fondo, però, rintracciabile in quella sorta di parabola che è stato questo inizio di legislatura. Si era partiti con le “stanze del buco” e il raddoppio della modica quantità, e si è giunti ai Nas e ai cani antidroga nelle scuole. E più in generale, quel che si osserva è un grande impantanamento sul tema dei “diritti”, individuali e non. Alcuni progetti erano stati sventolati come una bandiera: una legislazione più civile per i figli nati fuori dal matrimonio, una norma sul testamento biologico, e poi i Dico, naturalmente. Partiti da lì, si è arrivati alle adesioni al Family day. Qualcosa non quadra, in tutta evidenza. E la domanda allora forse è: giacobini prima o eccessivamente moderati e preoccupati poi?