La legalizzazione della marijuana e di altre droghe serve a risanare i conti pubblici: ed è questo il principale motivo alla base della recente ondata di istanze antiproibizioniste negli Stati Uniti. Con il consueto pragmatismo che caratterizza gli economisti della ‘scuola austriaca’, lo afferma Mark Thornton, del Ludwig von Mises Institute. “La crisi economica sta accelerando la presa di coscienza sul fatto che la guerra alle droghe non può essere vinta. Per decenni ai contribuenti è stato raccontato che sarebbe bastato spendere poco più e rimuovere poche garanzie costituzionali per vincere questa guerra”.
Ma dopo decenni “di promesse non mantenute e buchi di bilancio da migliaia di miliardi di dollari”, secondo l’economista “sempre più gente” si orienta su posizioni antiproibizionistiche. Questo soprattutto perché “il proibizionismo sulle droghe è la maggiore singola voce sui costi della giustizia – prosegue Thornton -.
Mentre la carcerazione di centinaia di migliaia di individui non violenti che hanno violato i divieti sulla droga spesso porta alla lacerazione di famiglie, creando altri fardelli sul bilancio dei sistemi di assistenza sociale”.
Per questo “all’improvviso nel mondo c’è un gran parlare di legalizzare la marijuana e altre droghe. Il dibattito coinvolge politici, candidati, ex presidenti, gruppi internet e perfino istituzioni, che chiedono riforme nel settore”, rileva Thornton in un libro – intitolato l’Economia della proibizione o “The economics of Prohibition” – di cui il Mises ha diffuso un estratto. “Di colpo tutti hanno forse realizzato che il proibizionismo è irrazionale? No il motivo più importante è di ordine economico. Il proibizionismo è un costo sui contribuenti, sul sistema giudiziario e sui costi del sistema sanitario. La crisi economica ha appesantito tutti questi fardelli e la legalizzazione li ridurrebbe o li eliminerebbe”.
Nell’appoggiare questa tendenza Thornton si arrischia però in un terreno insidioso quando, come presunto esempio virtuoso dell’antiproibizionismo, va a citare il Portogallo. Secondo l’economista dopo l’abolizione cinque anni fa di diversi divieti, nel Paese sono calati sia l’uso di droghe che le violenze e le patologie correlate. Ma certo è difficile citare il Portogallo come esempio da seguire sul risanamento dei conti pubblici, quando è uno dei tre Paesi, assieme a Grecia e Irlanda, ad aver dovuto chiedere gli aiuti di Unione europea e Fondo monetario internazionale a causa del suo dissesto di bilancio.
Ad ogni modo secondo Thornton la crisi globale costituisce “una opportunità di smascherare la vera natura del controllo da parte dello Stato, e di dimostrare – scrive – la superiorità dell’individualismo in un contesto liberale. Dobbiamo fare dell’antiproibizionismo una priorità”.