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Terapia del dolore: la legge Mi riferisco agli articoli «La terapia del dolore è legge» e «Battuta l’ oppiofobia. Anche ai bambini il diritto di non soffrire» (Corriere, 10 marzo), in cui si fa riferimento ai derivati della cannabis e ai cannabinoidi in genere, come medicinali utilizzabili nell’ ambito della cosiddetta «terapia del dolore» per effetto della normativa approvata, in via definitiva, il giorno 9 marzo dall’ Aula della Camera. Al riguardo, mi preme precisare che, in nessuna parte della nuova legge, è previsto l’ utilizzo di questi principi attivi per la terapia antalgica. Infatti, tali terapie sono incentrate sull’ utilizzo, in regime di semplificazione, dei soli composti medicinali elencati nell’ allegato III-bis al Testo unico 309/90, limitatamente alle forme farmaceutiche non iniettive. In quell’ allegato, a fianco della morfina e di altri importanti farmaci oppiacei (cioè derivati dall’ oppio), non sono compresi né la cannabis, né i suoi derivati, né alcuno dei medicinali contenenti il tetraidrocannabinolo presenti nella farmacopea internazionale (peraltro non disponibili in Italia, nonostante il loro inserimento nella Tabella dei medicinali per effetto del decreto del Ministro Turco del 18 aprile 2007). L’ unico riferimento a questi prodotti a base di cannabis in tutto l’ iter approvativo della nuova legge sulle cure palliative e la terapia del dolore è, invece, inserito in un ordine del giorno (G102) approvato dal Parlamento, che impegna il Governo a valutare l’ opportunità e la fattibilità di una produzione in Italia, a certe condizioni, di medicinali contenenti i cannabinoidi.

Carlo Giovanardi
sottosegretario presidenza Consiglio dei ministri con delega alla famiglia, droga e servizio civile

Lascia almeno perplessi la replica del sottosegretario Giovanardi, pubblicata sul Corriere della Sera del 14.03 (p. 27) e qui sopra riportata], all’articolo del 10.03 sulla legge per le cure palliative definitivamente approvata il giorno precedente (per il testo completo vedi qui).

Intendiamoci: il nostro giudizio sulla legge è incondizionatamente positivo, poichè finalmente si sono chiaramente sanciti – con un atto bipartisan in un momento difficile – una serie di diritti irrinunciabili dei sofferenti; e inoltre chiaramente definiti una serie di meccanismi,  procedure, finanziamenti e altro per assicurare che tali diritti vengano rispettati col massimo di professionalità e di umanità. Ma perchè Giovanardi sente la necessità e l’urgenza di intignare sul fatto che in nessuna delle Tabelle citate nella legge (laddove prescrive l’alleggerimento degli attuali barbarici impedimenti alla prescrizione e all’uso degli antidolorifici, e in particolare degli oppiacei) si trovano derivati della cannabis? E perchè ulteriormente specifica – con malcelata soddisfazione – che tali prodotti seguitano a non esser disponibili in Italia, malgrado il decreto 18.04.97 della Ministra Turco, malgrado l’ordine del giorno impegnativo per il Governo approvato di recente dal Parlamento?

Molti hanno sperimentato a proprie spese quanto sia laborioso ottenere una autorizzazione ad personam all’uso di un prodotto non ufficialmente approvato e per giunta massimamente penalizzato da una legge pazzesca come la Fini-Giovanardi; e poi, dopo l’autorizzazione, quanto sia ancora arduo spuntare la fornitura per vie legittime.

Insomma, sembra che il nostro Sottosegretario alla Presidenza del consiglio, con delega per la famiglia, droga e servizio civile (e scusate se è poco), non si accorga di impersonarsi nell’antica storiella dei due che con gran pena arrivano in tandem in cima allo Stelvio. Quando il primo, stremato, chiede al secondo “Ma insomma, non potevi pedalare un pò più forte?” l’altro prontamente risponde: “Fossi matto, con  quella pendenza e quei precipizi, ho tirato il freno per tutta la salita!”

Giorgio Bignami

PS: Infine un post-scritto al fine di ricordare il ritardo geologico con cui si muovono le cose in Italia: l’articolo del Corriere metteva tra l’altro in bella evidenza il 26° posto dell’Italia per i consumi medici di derivati dell’oppio, con una spesa inferiore a 3 euro annui pro capite rispetto agli oltre 150 euro dell’Austria prima in classifica. Franco Corleone  di questo aveva scritto di recente nella nostra rubrica, ma una audience un pò più ampia ovviamente non guasta.