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Il ministro della Giustizia Alfano nella conferenza stampa a Palazzo Chigi per illustrare le misure per risolvere il sovraffollamento nelle carceri giunte a contenere 65.000 persone ha proclamato una missione senza precedenti. Abbandonare la via delle amnistie e degli indulti che hanno caratterizzato la storia repubblicana e concentrare le risorse per costruire nuove carceri per arrivare a contenere fino a 80.000 detenuti.
E’ stato confermato lo stato di emergenza delle carceri che nelle parole della modesta caricatura di Bava Beccaris si sostanzia in questo anno nella costruzione di 47 padiglioni nelle aree delle carceri esistenti.
Il tandem Berlusconi-Alfano hanno giustificato la via cementificatrice in nome dei principi costituzionali della concezione della pena rieducativa e del senso di umanità, per difendere cioè la dignità e la salute delle persone private della libertà.
Di fronte a tanta faciloneria e pressapochismo intellettuale si rimane costernati. La vita negli hangar per ammassare corpi sarà bestiale: senza acqua, senza luce, senza cucine, senza spazi di socialità, senza educatori.
Un ministro irresponsabile e  presuntuoso è davvero pericoloso. Un ministro della giustizia che non sa che l’ultimo indulto di tre anni fa è stato approvato dopo ben sedici anni di assenze di misure di clemenza e che attribuisce i numeri attuali di presenze al rientro in carcere degli “indultati” dimostra di non sapere quello di cui parla (o straparla?).
Demagogia e propaganda sono le armi per coprire le responsabilità di una Amministrazione penitenziaria incapace, senza idee e segnata da una paralisi progressiva.
Alfano non è un contabile, dovrebbe essere un ministro che si confronta con le scelte criminali del governo e della sua maggioranza. Non può far finta di non sapere che le carceri sono piene di immigrati, di tossicodipendenti e di poveri e di emarginati.
Alfano dovrebbe spalancare i suoi occhioni perennemente stupefatti sulla vergogna di una legge come la Cirielli che condanna a una sorta di ergastolo bianco i soggetti più deboli, in particolare i tossicodipendenti, colpevoli e vittime della recidiva.
Il finto buon senso che giustifica la scelta di non affrontare le ragioni del sovraffollamento con l’aumento dei posti letto fa letteralmente vomitare.
Non sono poche le celle, sono troppi i detenuti che non dovrebbero entrare in carcere e soprattutto non starci.
La criminalizzazione di massa mette a rischio la qualità della democrazia di un paese e l’Italia sta precipitando in un gorgo che fa strage di giustizia e di diritto.
La strada annunciata dal Governo ha dei costi enormi. 600 milioni di euro sottratti alle misure alternative e al reinserimento sociale dei detenuti per millantare un miglioramento delle condizioni di vita dei prigionieri.
In realtà il carcere si conferma con la forza dei numeri previsti una orrenda discarica sociale.
La promessa di allargare la detenzione domiciliare a chi deve scontare l’ultimo anno di pena e i lavori di pubblica utilità sono affidati a un disegno di legge dalla sorte incerta. Gli affari prima di tutto!