Quasi 30mila sono in attesa di giudizio definitivo. Poco più di 35mila i detenuti condannati, 1.812 gli internati. Una bomba a orologeria che rischia di esplodere, una situazione ai limiti che potrebbe degenerare. Situazione critica in particolare nei penitenziari della Lombardia (9.067 i ristretti in cella in questa Regione), della Sicilia (con 8.043 detenuti), Campania (7.913) e Lazio (6.060). Tra i casi limite raccontati dalle cronache locali, quello ad esempio del carcere circondariale di Padova, dove sono reclusi i detenuti in attesa di giudizio e comunque i non definitivi, che ha raggiunto in questi giorni l’impressionante cifra di 252 presenze, di fronte ad una capacità ricettiva che per essere ottimale non dovrebbe superare i 90 ospiti.
In alcune celle costruite per ospitare quattro detenuti, negli ultimi tempi ne sono stipati addirittura 11, molti dei quali costretti a dormire coi materassi per terra. Basta questo per capire in quali condizioni igienico sanitarie si trovino i reclusi del carcere padovano, in stragrande maggioranza extracomunitari, nordafricani e nigeriani in particolare. E il super-affollamento favorisce anche litigi e discussioni, non mancano aggressioni vere e proprie con ferimenti.
Anche il carcere di Forlì scoppia. La casa circondariale della Rocca, infatti, a fronte dei 135 regolamentari e dei 165 tollerabili, attualmente ospita 273 detenuti. E di questi gli stranieri sono quasi il 50%. Recentemente i sindacati di polizia Sappe, Osapp, Cisl Fns, Uil Pa e Uspp hanno denunciato situazioni insostenibili: i carcerati stanno pigiati come sardine nelle celle e a causa della carenza di brande e mancanza di posti letto si sono trovati costretti a dormire per terra su improvvisati materassi. La situazione a Forlì è al limite, tanto che il consigliere comunale del Pdl e avvocato Fabrizio Ragni, sull’argomento ha presentato un’interrogazione a tema.
“Giustamente i sindacati di polizia hanno anche segnalato che mentre il rapporto tra detenuti e poliziotti dovrebbe essere di uno a uno, nel carcere di Forlì è arrivato a tre a uno. Così non si può andare avanti. Il sovraffollamento – aggiunge – che secondo la Corte Europea dei diritti dell’uomo equivale a trattamento disumano, incide negativamente non solo sulle condizioni di vita dei detenuti, ma anche sulla funzione rieducativa che la pena deve avere”. E alla Casa di Reclusione di Fossano (Cuneo), in questi giorni si è sfiorata la rivolta, come racconta l’Organizzazione sindacale autonoma polizia penitenziaria, Osapp.
All’interno della sezione Penale che ospita una sessantina di detenuti di nazionalità extracomunitaria, per reati che vanno dallo spaccio di stupefacenti al furto, i reclusi prima hanno cominciato a sbattere le stoviglie e suppellettili, ma subito dopo, spiega l’Osapp, “la tensione è salita ed i detenuti hanno letteralmente sradicato il cancello di sbarramento della sezione (peso circa 4 quintali)”. Per fortuna la Polizia Penitenziaria in poco tempo è riuscita a riportare l’ordine.
E poi la polemica sui tanti suicidi dietro le sbarre, per molti causati dalle terribili condizioni del sovraffollamento. A fronte dei 67.452 i detenuti presenti, fa notare il segretario generale del Sindacato autonomo di polizia penitenziaria Sappe, “6mila sono gli agenti che mancano in organico, celle sovraffollate e ad alta tensione, un solo agente che controlla cento o addirittura centocinquanta detenuti. E allora risse, aggressioni, suicidi, tentativi di suicidio, atti di autolesionismo. Bisogna intervenire con urgenza – spiega Capece – e dare esecuzione al Piano carceri del Governo che a nostro avviso può dare una risposta salutare alle criticità del sistema”.
Il leader sindacale pensa che si debba “arrivare a definire, come sostiene da tempo il Sappe, circuiti penitenziari differenziati, in relazione alla gravità dei reati commessi, con particolare riferimento al bisogno di destinare, a soggetti di scarsa pericolosità o che necessitano di un percorso carcerario differenziato (come i detenuti tossicodipendenti), specifici circuiti di custodia attenuata anche potenziando il ricorso alle misure alternative alla detenzione per la punibilità dei fatti che non manifestano pericolosità sociale”.
È allora necessario, per Capece, “accelerare sull’entrata in vigore del Piano carceri del Governo, specie nelle parti in cui si prevedono interventi normativi che permettano l’assunzione di 2mila agenti, e l’introduzione della possibilità di detenzione domiciliare per chi deve scontare solo un anno di pena residua e di messa alla prova delle persone imputabili per reati fino a tre anni, che potranno così svolgere lavori di pubblica utilità”.
“La capienza tollerabile delle carceri italiane è stata aumentata nell’ultimo mese di 1.220 posti ma, in quanto a vivibilità effettiva, di detenuti ce ne sono 23.000 in più: 67.500 per 44.559 posti”. Ad analizzare la situazione critica delle carceri è anche Leo Beneduci, segretario generale dell’Organizzazione sindacale autonoma polizia penitenziaria, secondo cui anche “l’eventuale decreto legge proposto dal ministro Alfano per gli arresti domiciliari di chi deve scontare una pena residua inferiore ad un anno potrebbe riguardare, nel massimo, non oltre 3.500-3.700 soggetti”.
“Nel frattempo – lamenta – i dati delle regioni in affanno continuano ad essere sempre più preoccupanti, con il 14% di detenuti più del tollerabile in Emilia-Romagna ed in Veneto, il 9% in Puglia e in Liguria e il 5% in più in Sicilia, Lombardia e Friuli”.
Per Beneduci, “i dati dimostrano come il piano carceri che deve essere consegnato dal capo dell’amministrazione penitenziaria Franco Ionta al ministro Alfano ed al Comitato da questi presieduto, oltre che assai oneroso, inadeguato per l’attuale sovraffollamento e per opere che potrebbero non funzionare mai in mancanza di addetti, potrebbe comportare gravi disagi per la funzionalità e la sicurezza penitenziaria, soprattutto in concomitanza con la stagione estiva, per il massiccio andirivieni di imprese e di operai, ben oltre la capacità di tutela e di controllo dei poliziotti penitenziari in gran parte degli attuali istituti di pena”.
Giustizia: il problema del sovraffollamento è sempre più grave
Articolo di Redazione
Celle di otto metri quadri con due letti a castello e una terza branda. Detenuti sull’orlo della rivolta, da Nord a Sud, nei penitenziari italiani arrivati a record mai visti di sovraffollamento: le ultime stime del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, parlano di 67.452 presenze, di cui oltre 42.500 italiani e quasi 25mila stranieri. E ciò di fronte a una capienza regolamentare di 43mila posti.