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Da un confronto tra i vari approcci internazionali al governo del fenomeno della produzione, acquisto e consumo di cannabis emerge un panorama di esperienze che in parte segue il percorso tracciato da Uruguay nel 2013, Canada nel 2018 e diversi stati statunitensi a partire dal 2012. È del tutto evidente che i vari stati hanno dovuto prendere atto del fallimento del comune paradigma repressivo e sanzionatorio e, grazie a dati provenienti da numerosi studi scientifici, è stata rafforzata la volontà politica di regolamentare il mercato della cannabis sia a scopo ricreativo che medico.

Norvegia: da un approccio punitivo alla presa in carico

Sulla scia dell’esperienza portoghese, la Norvegia sembra essere sulla buona strada nel portare a compimento la prima riforma in merito alla decriminalizzazione dell’uso di sostanze.Se si vanno ad analizzare i fattori che hanno condotto a questo primo importante risultato, sicuramente ha avuto un peso fondamentale l’aver detenuto il non edificante primato di politica sulle droghe più letale a livello europeo negli ultimi 15 anni, con il maggior numero di morti insieme a Estonia e Svezia, circa il 400% in più rispetto alla media europea. Evidentemente, le morti causate da abuso di sostanze hanno infiammato il dibattito pubblico, forse anche a causa di un dato così drammatico in netta contraddizione rispetto agli altissimi standard di vita, welfare e salute, che garantiscono alla Norvegia il primo posto nell’indice di sviluppo umano. Altrettanto importante è stato il richiamo al principio del danno adottato nella preparazione del nuovo codice penale norvegese del 2005: la punizione penale deve intervenire unicamente sulle azioni che causano un danno concreto altrui. Inoltre, è stato dismesso il danno morale alla società in quanto penalmente non rilevante. Il riconoscimento della natura paternalistica delle sanzioni penali contro i consumatori di sostanze ha sicuramente rappresentato un ulteriore punto favorevole a tale svolta, sebbene originariamente tali argomenti non vennero accolti dal ministero della giustizia norvegese, il quale tentò di ribadire che l’uso di sostanze causa un danno alla collettività e che le sanzioni possono rappresentare un deterrente per le generazioni più giovani.
A marzo 2018, una commissione parlamentare ha redatto un rapporto in preparazione della riforma nazionale sulle sostanze stupefacenti, segnando un cambiamento importante nella politica sulle droghe norvegese. Il punto fondamentale del rapporto è il passaggio da un approccio penale e punitivo a uno incentrato sulla salute della persona, segnando dunque la presa in carico da parte del sistema sanitario.
Sembra che il focus della discussione riguardi una questione semantica: il governo fatica a utilizzare il termine decriminalizzazione, temendo probabilmente che un allargamento delle maglie possa condurre a una richiesta di legalizzazione vera e propria. Infatti, quando nelle fasi iniziali veniva interrogato sul fatto di considerare la riforma una decriminalizzazione dei reati legati all’uso di sostanze, la risposta standard era che le persone non debbano essere punite se hanno una dipendenza da sostanze, ma che queste sono e devono rimanere illegali. È stato altresì affermato che la polizia dovrebbe avere il diritto di imporre un trattamento obbligatorio a chi fa uso di sostanze e che un fallimento nel rispettare tale percorso dovrebbe essere sanzionato. Nel 2018 dunque l’obiettivo di una totale decriminalizzazione sembrava ancora lontano. Durante il side event “Drug reform: From a punitive to a supportive approach – The Norwegian proposal” organizzato a marzo 2020 all’interno della 63° sessione della Commission on Narcotic Drugs a Vienna, il ministro della salute norvegese Bent Høie ha descritto il percorso che ha portato alla costituzione di un comitato incaricato dal governo a comporre un report approfondito e interessante, “Dalla punizione al sostegno”, che verrà sottoposto a una audizione pubblica e sulla cui base il governo sottoporrà al parlamento una proposta nella primavera 2021. Dalle parole del ministro, si evince che sia in corso cambio di paradigma in Norvegia: molte voci, tra cui quelle di associazioni di consumatori, hanno fatto sempre più pressione affinché si adottasse un approccio human-centered. La decriminalizzazione dell’uso di sostanze è stata un’iniziativa nata dalla società civile che ha preceduto UNGASS 2016. “Treated with respect, not condamnetion” è stato lo slogan con cui si è cercato di incentivare le persone con una dipendenza a chiedere un sostegno e garantire l’assistenza necessaria. Altrettanto fondamentale è stato anche il cambiamento rispetto al linguaggio utilizzato: non si parla di abuso o cattivo uso, ma di persone che usano sostanze, persone che soffrono di un disordine nell’uso delle sostanze. Solo così, ribadisce Høie, si combattono lo stigma e la vergogna da parte delle persone che stanno affrontando una dipendenza. Solo così possono essere modificate pratiche e rappresentazioni a livello sociale. Dunque, questo è stato il percorso che ha portato il governo nel 2018 a compiere una transizione dalla punizione al trattamento, assistenza e monitoraggio. La svolta più importante è stato il passaggio da un approccio giudiziario ad uno sanitario.
Rimane forse il dubbio di una impostazione eccessivamente medicalizzata, ma è certo che tale riforma getterà le basi per ridiscutere e produrre un universo di senso comune in cui la persona che usa sostanze non è né un criminale né un malato, ma un cittadino i cui bisogni devono essere tutelati e rispettati, non puniti.

Cannabis ricreativa. Il percorso di Messico, Lussemburgo e Malta

Recentemente, il Messico e i nuovi governi di coalizione del Lussemburgo e Malta hanno annunciato le loro intenzioni di regolare il mercato della cannabis ricreativa.
Per quanto riguarda il Messico, il testo di legge sulla legalizzazione ha subito un nuovo rinvio: successivamente all’approvazione della proposta di legge da parte delle Commissioni del Senato a inizio marzo 2020, l’emergenza sanitaria da Covid-19 ha obbligato a sospendere le attività parlamentari facendo slittare l’approvazione definitiva del testo alla prossima sessione legislativa, prevista nelle prime due settimane di settembre. A novembre 2019 c’era stato già un primo stop. Come dichiarato da Ricardo Monreal, membro del partito di governo messicano e presidente del Consiglio di coordinamento politico del Senato, le ragioni della mancata approvazione nell’autunno 2019 risiedevano nelle forti pressioni esercitate dalle lobby multinazionali per cercare di modificare alcune parti del testo di legge. Nelle specifico, hanno cercato di cancellare un articolo che sanciva un limite pari al 20% per le quote di capitale straniero da poter essere investite nelle aziende produttrici di cannabis, di fatto inficiando i progetti di delocalizzazione delle grandi aziende estere di cannabis legale. Attualmente la nuova scadenza è fissata entro la fine dell’anno 2020.
Sulla stessa linea, entro i prossimi due anni Malta e Lussemburgo dovrebbero implementare delle leggi per la legalizzazione della cannabis ricreativa.
Nell’autunno del 2019 la Segretaria maltese per le riforme, Julia Farrugia Portelli, aveva presentato la bozza della riforma per la legalizzazione della cannabis ricreativa. Rosianne Cutajar è stata da poco eletta al suo posto e ha assicurato che la riforma verrà portata a termine entro il 2022.
Il Lussemburgo seguirà il percorso tracciato dal Canada, rendendo legale il possesso di 30 gr di marijuana. Infatti, una volta entrata in vigore la nuova legge, i maggiori di 18 anni potranno acquistare cannabis per uso ricreativo. La produzione e la distribuzione saranno regolate attraverso un’agenzia statale. “La politica sulle droghe che abbiamo avuto negli ultimi cinquant’anni non ha funzionato e il divieto di tutte le sostanze ha finito semplicemente per renderle più interessanti alle giovani generazioni. Spero che potremmo avere un approccio di mentalità più aperta nei confronti delle droghe”. Con queste parole il ministro della salute del Lussemburgo ad agosto 2019 confermava la volontà di diventare il primo paese europeo a legalizzare il consumo e la produzione di cannabis ricreativa.

Svizzera: al via il test per la cannabis ricreativa legale

Il Consiglio Nazionale svizzero ha dato via libera alla sperimentazione della vendita di cannabis ricreativa nelle principali città svizzere in modo da studiarne gli effetti economici e sociali e comprenderne i risvolti sulla lotta al mercato nero. Soltanto le persone che possono dimostrare, attraverso il test del capello, di far uso regolare di cannabis, possono prendere parte all’esperimento. Sebbene la legalizzazione della sostanza non sia un esito certo, il Consiglio Nazionale ha specificato che se si decidesse di procedere in tal senso la cannabis dovrebbe essere biologica e coltivata in Svizzera. Il Ministro della Salute Alain Berset ha dichiarato che gli agricoltori svizzeri potrebbero trarre beneficio dalla legalizzazione, anche se non hanno un’esperienza in tale area produttiva. In Svizzera, circa 200.000 persone fanno uso di cannabis ed è il Paese con il maggior numero di adolescenti ad aver fumato cannabis in Europa, come dimostrato da un’indagine dell’Organizzazione Mondiale della Sanità: il 27% di ragazzi e ragazze di quindici anni ha fumato almeno una volta nella vita. Dal 2011, la vendita di prodotti di cannabis contenenti meno dell’1 per cento di THC è legale; è inoltre decriminalizzato il possesso di piccole quantità (inferiore ai 10 gr), sanzionato con una multa di 100 franchi.

Nuova Zelanda, verso il referendum

A settembre del 2020 i neozelandesi saranno chiamati a votare il referendum sulla legalizzazione della cannabis. Quasi la metà dei neozelandesi ha dichiarato di aver provato cannabis almeno una volta nella vita, e nel 2019 circa 590.000 persone ne hanno fatto uso. Il consumo è maggiore tra la popolazione Maori, i giovani e nei quartieri più poveri. Negli ultimi dieci anni sono state arrestate 41.000 persone per reati legati alla cannabis, di cui 6200 sono finite in carcere. Solo nel 2019, 2700 hanno ricevuto una condanna, il 60% di lieve entità. La guerra alla cannabis ha avuto costi enormi in Nuova Zelanda: sono stati calcolati 200 milioni di dollari l’anno e 330.000 ore di lavoro da parte della polizia per perseguire reati legati alla cannabis (DrugFoundation.org). Il referendum mette al voto il Cannabis Legalisation and Control Bill e, come spiegato sul sito web governativo, ha come scopo principale la riduzione dei possibili danni derivanti dal consumo di cannabis a livello individuale e collettivo. La proposta di legge non regolamenta l’uso di cannabis medica (già legale e regolata attraverso il Medicinal Canapa Scheme), l’utilizzo di veicoli sotto l’effetto della sostanza, né la sicurezza sul posto di lavoro. I punti fondamentali della proposta di legge sono i seguenti: i minori di 20 anni non potranno acquistare cannabis e potrà essere distribuita soltanto da rivenditori specializzati, si potrà comprare fino a un massimo di 14 gr al giorno per persona e dovrà essere consumata all’interno della propria abitazione o in specifici luoghi con licenza apposita, inoltre ogni singola persona potrà coltivare due piante, fino a un massimo di quattro per abitazione. Il quantitativo giornaliero di cannabis potrà essere condiviso anche con altre persone con età maggiore di 20 anni. Particolarmente interessante è l’enfasi posta sulle tasse derivanti dalla vendita del prodotto, le quali andranno a finanziare programmi sanitari ed educativi.

Olanda, parte la sperimentazione del backdoor legale per i coffeeshop

Da luglio 2020 il governo olandese inizierà ufficialmente a raccogliere le autocandidature da parte di potenziali coltivatori che vogliano prendere parte alla sperimentazione di fornitura di cannabis ai coffeeshop. L’esperimento, della durata di 4 anni, prevede che i coffeeshop di dieci municipalità finora legati al mercato nero possano rifornirsi unicamente da coltivatori locali che producono cannabis legale. Il processo di selezione delle candidature avrà una durata di circa sei mesi e le municipalità riceveranno un sostegno finanziario dal governo per coprire i costi derivanti dalla partecipazione all’esperimento. La sperimentazione, frutto di un compromesso al ribasso del composito governo olandese, è stata molto criticata dagli esperti del settore. La speranza è che il suo successo convinca il governo a modificarne modalità e termini.

QUANDO I FUNGHI TORNANO LEGALI

Sono tre le città degli Stati Uniti che hanno scelto di decriminalizzare i funghi allucinogeni. Santa Cruz, in California, ha decriminalizzato i funghi allucinogeni e altri psichedelici, inclusi ayahuasca e peyote. Denver ha votato per decriminalizzare i funghi psichedelici a maggio dell’anno scorso, mentre Oakland ha decriminalizzato tutte le piante e i funghi psichedelici poco dopo. Mentre si prospetta in dirittura di arrivo la raccolta firme per il referendum in Oregon, la psichedelia sembra essere il nuovo fronte di riforma negli USA, spinta anche dalla ricerca scientifica sugli usi terapeutici degli allucinogeni.

Per maggiori informazioni sulle prospettive di riforma delle politiche sulle droghe nel mondo visita: www.fuoriluogo.it/mappamondo