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La Commissione presieduta dal Cristiano Democratico Wim van de Donk ha reso note alcune recommendations che intervengono sulla politica della droga olandese, in particolare della cannabis. La questione non è del tutto nuova, ma mette nero su bianco alcuni punti che hanno caratterizzato il dibattito olandese degli ultimi anni in materia di coffeeshop.
Le proposte di van de Donk mirano al recupero dei giovani, con un occhio alla Comunità europea, “offesa dalle politiche olandesi”. Senza dimenticare la questione del “turismo della droga”, da sempre una spina nel fianco, soprattutto per le città di confine.
I giovani restano “vulnerabili” perché “emarginati” (argomento sempre spendibile sul piano politico). Mentre sul piano europeo, per salvare la faccia con i paesi comunitari, si strizza l’occhio alla repressione. Curiosamente, in un’epoca in cui anche dalla Unione Europea arriva qualche segnale di distensione (si pensi all’ultimo Rapporto dell’Osservatorio Europeo, ad esempio in materia di riduzione del danno).
Nei dettagli, il rapporto van de Donk batte il chiodo su quattro punti. Il primo è l’innalzamento dell’età consentita per l’acquisto di bevande alcoliche e di cannabis. L’idea è di passare dagli attuali 16 anni ai 18. Il secondo punto tocca più direttamente i coffeeshop. Il rapporto non rinnega la famosa “politica della tolleranza” olandese (gedoogbeleid), anzi propone di continuare il sistema dei coffeeshop, consentendo però l’acquisto di canapa ai soli residenti olandesi, chiamati a registrarsi in qualità di soci. Nelle intenzioni del governo, questa sarebbe la risposta al “turismo della droga. Una soluzione per lo meno discutibile, che la stessa Commissione non sottovaluta, laddove riconosce che l’Olanda “non può agire isolata” e che potrebbero esserci “più effetti collaterali che benefici”. In una nota di International Drug Policy Consortium si legge che negli ultimi dieci anni il numero dei coffee shop regolarmente registrati è passato da 846 702. Tradotto: un numero inferiore di coffeeshop deve sostenere una domanda di Cannabis che non pare diminuita nella stessa misura. Un secolo di proibizionismo dovrebbe aver ormai insegnato che non è questa la strada da percorrere. Ma il condizionale è d’obbligo. Non è chiudendo i coffee shop che si elimina il problema del traffico illegale, semmai il contrario. Piuttosto, come proposto già da alcuni anni da alcuni sindaci “di frontiera”, occorre seriamente pensare ad una regolamentazione differente della produzione, in un’ottica di pragmatismo. Occorre cioè intervenire sul problema della produzione, consentendo un controllo legale sulla sua produzione, che dovrebbe essere di carattere locale. A differenza di quanto attualmente previsto dalla legge olandese, che tollera la vendita e il consumo di cannabis, ma continua a porre l’approvvigionamento su un piano illegale (salvo piccole deroghe). Su questa annosa contraddizione, il rapporto propone un ampliamento della “politica di tolleranza”: sperimentare forme legali di coltivazione e rifornimento e permettere ai coffeeshop di detenere maggiori quantità di cannabis (il limite attuale e’ di cinquecento grammi).
Il terzo punto, sostenuto per fortuna senza troppa convinzione, propone di verificare la distinzione tra droghe leggere e pesanti, sulla base dell’allarme circa l’aumento di concentrazione di Thc. Si ventila l’ipotesi, cioè, di passare dalle due schede attuali ad un’unica scheda, che comprenda tutte le droghe illegali. Una soluzione che ha raccolto favori da noi, stando alle dichiarazioni di Giovanardi, che ha applaudito “la svolta epocale” e “il fallimento delle politiche olandesi”, all’insegna dello slogan “le droghe sono tutte uguali”.
Infine, come quarto punto, vi è l’idea di istituire un supervisore nazionale, una “autorità della droga” chiamata a coordinare le politiche locali. Perché, come si afferma nelle recommendations, il “mondo della droga è cambiato” e dunque “occorre un approccio vigoroso a livello nazionale”.
Si tratta di capire se debba sempre essere una politica liberale ad adeguarsi ad una più restrittiva o se, con un po’ di buon senso, non possa avvenire anche il contrario. E’ su questo terreno che si gioca la partita. Proporre o subire: davanti a questo il bivio il governo olandese dovrà decidere che strada prendere.