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La Commissione sulle Droghe Narcotiche (Cnd) è l’organismo che raccoglie ogni anno i rappresentanti degli stati membri delle Nazioni Unite per discutere i problemi e le sfide della politica globale sulla droga. Lo scorso anno ricorreva il 50° anniversario della Convenzione Unica sulle Droghe narcotiche. Quest’anno c’è un’altra ricorrenza: cento anni fa la narcodiplomazia americana segnò il suo primo successo con la prima conferenza internazionale sull’oppio dell’Aia.  La convenzione sull’oppio del 1912 ha rappresentato il primo passo nella costruzione del regime internazionale di controllo della droga.  A distanza di un secolo, la 55° Cnd (che si è appena conclusa a Vienna) lancia come messaggio chiave la “responsabilità condivisa”: tutti i governi concordano nel condividere la responsabilità di applicare le politiche antidroga, sia sul versante dell’offerta che della domanda. Ma di che cosa devono essere responsabili? Quali successi vanterebbe questo centenario regime? Non potrebbe esserci un modo migliore per affrontare la questione droga? In effetti, che cos’è la questione droga?  Sono queste le domande che oggi dividono la comunità internazionale e la Cnd.  Per la prima volta quest’anno, tutte le agenzie Onu (Unaids, Unicef, OMS e altre, fino all’ Unodc, Ufficio sulle Droghe e il Crimine) hanno firmato una dichiarazione congiunta che chiede ai governi di chiudere i campi di detenzione per droga, liberando le persone ivi rinchiuse senza il loro consenso. Si stima che siano circa 400.000, nei campi dislocati in paesi asiatici. Nel corso di una conferenza stampa, ho chiesto ragione di tale importante presa di posizione al direttore dell’Unodc, Yuri Fedotov. Mi ha risposto che i diritti umani vengono al primo posto. Apprezziamo il coraggio di Fedotov e ringraziamo i funzionari e gli attivisti che hanno lavorato senza sosta per questa dichiarazione.

C’è ancora da fare, però. Si guardi alla posizione sulla riduzione del danno dello stesso Ufficio sulle Droghe e il Crimine. Mentre lo Unaids chiede di applicare la riduzione del danno per fermare l’epidemia Hiv, lo Unodc evita il termine e non offre ai paesi membri un’indicazione forte per le misure di riduzione del danno. Ho chiesto ancora a Fedotov di chiarire la sua posizione in merito.  Mi ha detto che i paesi non hanno dato all’Unodc un mandato sulla riduzione del danno, dunque non può fare niente. L’Unodc non ha ricevuto un mandato chiaro neppure per la chiusura dei campi di detenzione, anche se ce l’ha per sostenere politiche basate sulle evidenze scientifiche e sui diritti umani. E l’accesso ai servizi di riduzione del danno è un diritto umano!  Lo zar antidroga ha anche risposto ad una domanda sui programmi con metadone: non è tema di dibattito politico – ha detto- devono essere i singoli medici a decidere se prescrivere il metadone o meno. Eppure, in alcuni paesi – compresa la Confederazione Russa – il trattamento sostitutivo con oppiacei è ancora proibito. Com’è che i medici russi non hanno la facoltà di decidere?  Yuri Fedotov ha infine affermato che, fino dalla sua nomina, si è proposto di costruire una forte cultura della valutazione. Lo prendiamo in parola: la nostra campagna, “Calcoliamo i costi”, ha proprio lo scopo di spingere per una valutazione dell’impatto delle convenzioni internazionali sulla droga.

*Hungarian Civil Liberties Union