Tempo di lettura: 2 minuti

Dopo l’appello che denunciava la discriminazione operata dalla Provincia di Lodi nei confronti di Susanna Ronconi e , in generale, la “cultura della gogna” contro gli ex terroristi che hanno scontato la propria condanna, che aveva visto come primi firmatari Don Luigi Ciotti (Presidente Gruppo Abele e Libera), Paolo Beni (Presidente ARCI), Lucio Babolin (Presidente CNCA-Coordinamento nazionale comunità di accoglienza), Patrizio Gonnella (Presidente Antigone), padre Camillo De Piaz, Franco Corleone (segretario Forum Droghe), Grazia Zuffa (direttrice “Fuoriluogo”), Emilio Santoro (docente all’università di Firenze e direttore Centro di documentazione L’altro diritto), Alessandro Margara (presidente Fondazione Michelucci, già magistrato di sorveglianza e Capo dell’Amministrazione penitenziaria) e che aveva ricevuto circa 500 adesioni (tra cui quella di don Andrea Gallo, Marco Pannella, Valerio Onida, già giudice e presidente della Corte costituzionale, Paolo Cento, sottosegretario all’Economia), il progetto “Lavoro debole” gestito a Lodi da una rete di associazioni e cooperative sociali ha ricevuto il placet della Provincia di Lodi, che finanzia il progetto, per poter continuare, anche avvalendosi della collaborazione di Susanna Ronconi.

I promotori dell’appello in solidarietà hanno dichiarato oggi: «La partecipazione di Susanna Ronconi al progetto “Lavoro debole”, per il reinserimento lavorativo delle persone ex detenute, ha infatti trovato, attraverso un confronto con le istituzioni locali, una conclusione condivisa e positiva, sulla base del rispetto dell’autonomia delle associazioni partner del progetto stesso. L’articolo pubblicato dal Corriere della Sera il 23 gennaio metteva in discussione il diritto di Susanna, a causa dei suoi trascorsi nella lotta armata degli anni ’70, a svolgere la propria attività con le associazioni lodigiane nell’ambito di un’iniziativa coordinata dalla Provincia di Lodi, alla quale riconosciamo, sul tema del carcere e del reinserimento dei detenuti, un’attenzione che colma un bisogno, finora trascurato, del territorio. A fronte del positivo esito, rimangono l’amarezza e lo sconcerto per la strumentalizzazione posta in atto».

«Spiace inoltre», continuano le associazioni, «che pur riconoscendo la validità del lavoro svolto dal progetto e non ponendo veti alle associazioni che lo promuovono di avvalersi della collaborazione di chi meglio ritengono, non sia stato possibile aprire un dialogo e un confronto sul senso e sulla cultura della pena. Forse, anche in questo caso, si può parlare di occasione mancata, ma ci auguriamo sia possibile rilanciare il dialogo in un prossimo futuro. Lo diciamo, nel modo più efficace, con le parole di uno dei sottoscrittori dell’appello, Valerio Onida, presidente emerito della Corte Costituzionale: “Garantire il diritto al lavoro e al reinserimento sociale degli ex detenuti non è in conflitto con la solidarietà e l’attenzione alle famiglie delle vittime del terrorismo. Sono entrambi principi sacrosanti, che le istituzioni devono seguire con eguale impegno”.

I materiali sulla vicenda e l’elenco completo delle adesioni sono disponibile su http://www.dirittiglobali.it