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Quello che c’è dentro e quello che c’è fuori. Sguardi, pensieri e desideri dietro i cancelli, dentro le celle. E racconti, commenti, impressioni dal mondo esterno. Una donna parla di un suo viaggio a Roma, descrive luoghi e sensazioni e un uomo si emoziona immaginando di tornare a correre su strade che da anni non può frequentare più. Un altro, a notte fonda, scrive che vorrebbe prendere l’auto e fare un giro, ma sa che avrebbe ‘qualche problema ai cancelli’ e allora evade con la penna e racconta, a chi gli ha scritto e chiesto notizie, la sua storia di tossicodipendenza. Così la vita dei detenuti e quella della società esterna si incontrano, si confrontano. E per la primo volta lo fanno su un blog.

Nel carcere Lo Russo e Cotugno di Torino vige il divieto di usare Internet, come negli altri istituti penitenziari italiani, ma da un paio di anni tre ragazzi – Hermes Delgrosso, Matteo De Simone e Simone Natale – hanno trovato il modo di superare l’impedimento aprendo un nuovo canale di comunicazione tra ‘dentro e fuori’. E il nome a quel punto è venuto da sé, www. dentroefuori. org. Dopo una prima esperienza con un’associazione che anima da tempo l’attività teatrale all’interno della sezione Prometeo, i tre giovani hanno deciso di continuare a frequentare il carcere per ricevere dai detenuti, col permesso della direzione naturalmente, i post da pubblicare nel blog e consegnare loro i commenti dei lettori. "Questa esperienza è unica in Italia – spiega Simone Natale – solo pochi mesi negli Stati Uniti è nato qualcosa di simile, perciò pensiamo al progetto come a un progetto pilota e speriamo possa essere esteso ad altri istituti di pena".

Intanto, ai messaggi online destinati ai detenuti, nei prossimi mesi, si aggiungeranno le cartoline comprate ovunque, realizzate o disegnate a mano: l’ultima idea infatti si chiama ‘Post Card’ e vuole invitare chi sta fuori a"regalare un frammento di storia da scambiare".

L’idea. "L’iniziativa è nata pensando all’estate, ai viaggi, alle vacanze, ed è stata finanziata dal Comune di Torino – spiega Alice Avallone, chiamata dai tre amici a collaborare al progetto – si tratta di un’opportunità di comunicazione e ci auguriamo che non ci si limiti a scrivere ‘saluti e baci da’, ma ci sia qualcosa di più, qualcosa che possa davvero esprimere una vicinanza".
Magari la risposta alla domanda di Giancarlo, che sul blog chiede ai lettori: "Vorreste essere spugna o conchiglia con una perla rara?" Lui risponde: "Io vorrei essere e sono una spugna, perché assorbe e lascia entrare e uscire ciò che ha assorbito. Paragonata al nostro cervello, è aperta e libera, la perla invece è racchiusa in una conchiglia e, anche se rara e bella, è fine a se stessa".
Oppure l’immagine di un posto o di una cosa famigliare a Rodolfo, che pensa al "fuori dove deve essere cambiato tutto". Ma anche uno scorcio della Stazione Termini, o del quartiere San Lorenzo per Daniele che "sogna di tornare lì dove sono nato".

Le aspettative. E l’augurio vale per tutti gli altri che aspettano un’occasione di contatto. "Le cartoline più belle saranno quelle dove si capirà che qualcuno da fuori ha dedicato ai detenuti un po’ di tempo e un pensiero – dichiara Hermes Delgrosso – Per noi infatti l’elemento fondamentale è il rapporto con i detenuti; ci si può abituare al luogo, alla chiusura dei cancelli, ma le persone sono capaci di stupirti ogni volta ed è un arricchimento grandissimo. La cosa più importante del progetto non sono i messaggi in sé – aggiunge il ragazzo – ma la possibilità di instaurare un rapporto, di avere una relazione con un mondo che altrimenti sarebbe totalmente chiuso e senza accesso alcuno". Per i detenuti è un momento importante, un canale in più. "Perché la corrispondenza cartacea si instaura con persone che già si conoscono e molti di loro non hanno nessuno, parenti o amici, a cui scrivere".

Blog e cartoline dunque fanno la differenza. "Di siti sul carcere ce ne sono tanti, ma spesso coinvolgono solo gli operatori del settore e non consentono di allargare il raggio degli utenti alla società civile" nota Matteo De Simone. In questo caso invece, da fuori, si può comunicare con chi sta dentro, chiedergli informazioni, dirgli cosa si pensa della sua vita e anche dei suoi romanzi, come nel caso di Dobermann, che sul blog narra una storia d’amore vissuta prima del carcere. Proteste, insulti, o recriminazioni "sono casi rarissimi" dicono i ragazzi. Ma il confronto è comunque aperto, sapendo che le parole hanno un loro peso specifico.
A Giancarlo, ad esempio, non piace essere definito ‘ristretto, questa parola "lo fa ridere" lui è un carcerato e al blog affida un invito: "Chiamiamo le cose come vanno chiamate, tanto l’importante è non usare violenza verbale". Problemi e realtà non si possono nascondere con vocaboli inadeguati. Detto questo, saluta scusandosi . "Devo fare la cella e poi andare al lavoro. Ci sentiamo più avanti. Io ho tempo".