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E’ passata all’unanimità in Consiglio dei Ministri la nomina di Carlo Renoldi a capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria del Ministero della Giustizia. Renoldi, ha 53 anni, è nato a Cagliari dove ha svolto gli incarichi prima di magistrato penale e poi di sorveglianza per poi passare a diventare Consigliere di Cassazione. Ha sempre citato fra i suoi riferimenti Alessandro Margara, rimpianto Magistrato di Sorveglianza che fu anche capo del DAP a fine anni ’90.

“Carlo Renoldi è un magistrato di grande valore e competenza professionale. Ben prima della duplice condanna europea per il sovraffollamento in carcere, nelle sue funzioni di giudice di sorveglianza aveva prestato attenzione alla dignità e ai diritti dei detenuti. Eguale e critica attenzione ha prestato alla legislazione sulle droghe che riempie le nostre carceri di quella che Sandro Margara chiamava la “detenzione sociale”, quella cioè che non dovrebbe stare in carcere, se non avessimo una legge criminogena e se funzionasse adeguatamente il sistema dei servizi socio-sanitari sul territorio. Sono questi i tratti umani e professionali di Renoldi che ci rendono fiduciosi nell’incarico che la ministra della Giustizia, Marta Cartabia, e il Consiglio dei ministri hanno voluto affidargli”. Così Stefano Anastasìa, Portavoce della Conferenza dei Garanti territoriali, nonché Garante dei detenuti della Regione Lazio, dopo aver appreso che il Consiglio dei ministri ha deliberato su proposta della ministra della Giustizia, Marta Cartabia, la nomina di Carlo Renoldi.

“La rivoluzione della dignità nell’esecuzione delle pene – prosegue Anastasìa -, evocata dal Presidente Mattarella nel suo discorso di insediamento del 3 febbraio scorso, può trovare in Carlo Renoldi un interprete coerente e conseguente. I Garanti delle persone private della libertà nominati dalle regioni, dalle province e dai comuni italiani sono pronti – conclude Anastasìa -, nel consueto spirito di leale collaborazione istituzionale, a confrontarsi attivamente con il nuovo vertice dell’Amministrazione penitenziaria nel perseguimento dei principi costituzionali che ogni giorno motivano il proprio operato.”