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medical-marijuana-card.jpgA metà ottobre, i quattro procuratori federali della California, hanno annunciato in una conferenza stampa una campagna di “azioni repressive coordinate contro l’industria illegale della marijuana”.
I procuratori intendono procedere con azioni legali civili di confisca delle proprietà in cui operano i dispensari di marijuana medica, con incriminazioni e diffide dei locatari.
“Il Dipartimento di Giustizia non vuole impegnare la polizia e la magistratura contro i singoli malati che hanno il cancro o altre malattie gravi, e neppure contro coloro che offrono loro assistenza; ma i procuratori federali continuano ad avere l’autorità di perseguire le violazioni importanti alla legge federale sugli stupefacenti (Controlled Substances Act) in tutti gli stati”- ha affermato il procuratore generale aggiunto James Cole.
Si riaccende dunque il conflitto fra il livello federale, che rivendica la proibizione della cannabis anche ad uso medico, e gli stati dove invece la marijuana terapeutica è ammessa in seguito ai referendum popolari. Il conflitto non è nuovo perché l’amministrazione Bush ha ampiamente usato la clava dello scontro istituzionale fra poteri centrali e statali, in spregio della volontà popolare sancita dai referendum. Per Obama, che a suo tempo aveva promesso di rispettare i diritti dei pazienti, è un vero e proprio voltafaccia. 
Il dipartimento di giustizia ovviamente lo nega. A detta della procura federale, i grandi dispensari di marijuana medica non forniscono servizi sanitari ma sono vere e proprie organizzazioni criminali che si nascondono dietro i pazienti. “L’industria californiana della cannabis è un’impresa di grandi profitti che danneggia l’ambiente e procura gravi problemi di salute pubblica e forse di danno irreparabile ai giovani” – ha dichiarato Laura Duffy, procuratore federale per il distretto sud della California.
Le associazioni replicano che l’amministrazione sta facendo un uso aggressivo e assolutamente improprio dei poteri federali. Come sostiene Ethan Nadelmann, direttore della Drug Policy Alliance, “la questione della canapa medica è ora nelle mani dei procuratori iperzelanti e dei vecchi ideologi anti marijuana che hanno dominato nelle passate amministrazioni. Invece di incoraggiare gli stati e le autorità locali a regolamentare la distribuzione della cannabis medica nell’interesse della salute pubblica, l’amministrazione Obama sembra determinata a ricriminalizzarla quanto più possibile”.
La norma cui si appella la procura generale riguarda le sanzioni aggiuntive per la distribuzione di sostanze sotto controllo che avviene in locali situati a meno di trecento metri da scuole, campi da gioco e parchi pubblici. Dozzine di diffide con questa motivazione sono già state spedite ai locatari di dispensari, compreso il Marine Alliance for Medical Marijuana, che opera a Fairfax dal 1996 col pieno sostegno delle autorità locali. Il locatario del MAMM rischia il carcere, oltre al  sequestro della proprietà e alla confisca dell’affitto.
Nel frattempo, l’amministrazione continua a boicottare le iniziative per regolamentare la marijuana medica a livello federale. La Dea ha bloccato la riclassificazione della cannabis sostenendo che mancano i trial clinici. Solo che la stessa Dea ha rifiutato di dare licenze ai privati per coltivare la canapa necessaria allo studio. L’unico organismo autorizzato alla coltivazione a fine scientifico è il Nida, che dal canto suo si rifiuta di condurre trial clinici sulla marijuana medica. 
Un esempio di cattiva fede, al servizio della cattiva politica.