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DROGA: LA FINE DELLE IDEOLOGIE

Giorgio Pietrostefani, l'ex esponente di Lotta Continua, condannato per l'omicidio del commissario milanese Calabresi, ha dedicato il suo primo anno di detenzione a completare un saggio-pamphlet sull'antiproibizionismo.

«Droga: la fine delle ideologie. Più facile punire che cercare di capire» è reperibile nelle librerie, edito dalla Jaca Book, nella collana «Vie d'uscita».

Nelle 218 pagine viene passata in rassegna la situazione mondiale del settore.
Un'analisi - come spiega l'autore - volutamente di parte. Con una premessa: «Se si vuole davvero fare un passo avanti nella lotta contro i danni provocati dall'abuso di droghe agli uomini e alla società, bisogna mettere fine a quell'accademico e perverso conflitto di ideologie che caratterizza il dibattito mondiale sulle droghe».

Pietrostefani si rifà alla sua esperienza all'interno di Saman, la comunità terapeutica fondata da Mauro Rostagno. Quindici mesi, in cui aveva dovuto rivedere il metodo basato sull'astinenza finché «la matrice d'origine era stata cancellata e "al guru era stata tagliata la testa"». C'è poi il contatto diretto con la realtà del penitenziario di Pisa: «Il consumo personale di droga è depenalizzato solo a parole; qui si contano molti condannati per avere comprato "roba" per una festa tra amici. Non sono mai stato né interessato né troppo indulgente con chi ama questo tipo di ricreazione. Ma la repressione del consumo o del piccolo spaccio è un'ottusità carica di ipocrisia». Nei primi due capitoli del libro viene scandagliata la situazione mondiale dei produttori di stupefacenti. Un esame disilluso che evidenzia interessi criminali, macroeconomici e politici dietro il prosperare dei narcotrafficanti. La seconda parte invece è dedicata al dibattito sulla legalizzazione, dal manifesto di Nadelmann fino agli esperimenti europei, con particolare attenzione per i modelli svizzeri e olandesi. Loda le chance dei francesi di porsi alla guida di un rinnovamento mentre «il nostro paese, così avanti sugli altri a metà degli anni Settanta, appare paralizzato in un sistema politico senza speranza».


www.sofri.org

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