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La pubblicazione della Relazione annuale dell’Osservatorio europeo sulle droghe ha suscitato notevole scalpore sui mezzi di informazione. È un bene che se ne sia parlato, ma un male che se ne sia parlato per le ragioni sbagliate. Sui media, infatti, è rimbalzato un «allarme cocaina» che, a esaminare anche superficialmente la Relazione, può risultare un poco estemporaneo (sono 10 anni che il consumo di cocaina una tantum è in aumento, ma quest’anno non si può affatto parlare di «boom»), mentre è stato taciuta una questione messa bene in evidenza già nell’introduzione: quella relativa ai costi pubblici delle politiche antidroga in Europa, su cui regna grande confusione.

La questione è questa: dato che siamo di fronte a uno scenario in cui i consumi di sostanze lecite e illecite risulta in costante aumento (con conseguente allarme sociale), non sarebbe il caso di interrogarsi su quanto denaro venga speso, e come, in materia di lotta alla droga?
L’Emcdda non può far altro che fornire una stima approssimativa della spesa pubblica europea, che si aggira tra i 28 e i 40 miliardi di euro l’anno. Tali cifre dovrebbero suscitare notevoli perplessità sia da parte di chi le considera inadeguate rispetto alla dimensione del problema e l’allarme che suscita (si tratterebbe in media dello 0,3% del Pil combinato di tutti i Paesi Ue), sia da chi le valuta eccessive dati gli scarsi risultati ottenuti (l’aumento dei consumi resta costante).
Dal momento che non tutti i Paesi Ue hanno ben chiaro, o registrano con precisione, l’ammontare della spesa pubblica destinata al fenomeno (l’Italia è tra questi), stabilire a quanto ammonti la spesa pubblica di un singolo Paese risulta piuttosto complicato. Gli interventi e i programmi antidroga rientrano spesso in finanziamenti dagli obbiettivi più ampi, vengono sovvenzionati a vari livelli governativi, e verificare i costi connessi all’operato delle forze dell’ordine e del sistema giudiziario non è sempre agevole.

A questi costi vanno poi aggiunti quelli «indiretti»: cioè il denaro non indirizzato alla lotta alla droga, ma speso per far fronte alle conseguenze sociali e sanitarie del consumo di sostanze. L’ammontare di questa cifra è altrettanto difficile da stabilire. Soprattutto, risulta per ora impossibile mettere a confronto la situazione dei diversi Paesi Ue: in primo luogo perché ogni realtà utilizza indicatori e misure differenti per stabilire i costi indiretti, e in secondo luogo perché le differenze sociali e culturali che caratterizzano gli Stati membri si riflettono anche sulla percezione di quali siano i costi sociali di cui tenere maggiormente conto.

Il Rapporto 2008 stima per l’Italia una spesa complessiva (costi diretti e indiretti) di 6.473 milioni di euro, di cui il 43% destinato alle attività di polizia, il 27% ai servizi sociosanitari e il restante 30% è il risultato della «perdita di produttività dovuta ai consumatori di droga e alle persone indirettamente colpite dal consumo di droga» (p. 23). La ripartizione della cifra stimata si commenta da sé: tolti gli interventi repressivi, la maggior parte dei soldi vengono «persi» passivamente.
La pubblicazione della Relazione 2008 poteva essere un’occasione di dibattito indirizzata a «ripartire» da una seria valutazione del rapporto costi-benefici. Purtroppo si è preferito partire (di nuovo) dall’allarme: il che significa stare (di nuovo) fermi.