Un motivo (o, magari, più d’uno) per essere ultimi c’è sempre: l’Italia giunge all’appuntamento con i Piani d’azione sulle droghe dopo tutti gli stati membri dell’Unione europea, prima solo di Malta. Sono passati quasi otto anni dalla scelta di procedere a sostanziare le scelte strategiche europee e nazionali con documenti che potessero mostrare con chiarezza le azioni messe in campo sul tema delle droghe, dei consumi e degli abusi.
La ragione fondamentale di questo ritardo sta tutta nel fatto che le politiche di questo settore in Italia grondano demagogia e moralismo; né con l’una né con l’altra si possono costruire azioni specifiche. Pur se in assenza di un documento strategico chiaro (premessa indispensabile per declinare azioni; in Italia ci si è accontentati di ribadire che le politiche di questo governo si basano sui quattro pilastri), ora il piano c’è.
La durata è di un anno, il 2008: pochino per interventi impegnativi, ma in questa maniera si “riaggancia” la dinamica europea e nello stesso anno si riparte costruendo un piano quadriennale. Consta di 66 azioni, suddivise in cinque settori: coordinamento, riduzione della domanda, riduzione dell’offerta, cooperazione internazionale, informazione, formazione e ricerca.
Al netto degli interventi a regime (i trattamenti), si tratta di proposte in parte nuove, in parte già conosciute.
Tra quelle nuove si notano gli impegni delle regioni di dotarsi di piani regionali, il monitoraggio delle spese nel settore delle dipendenze (sia sanitarie, che sociali), un quadro finalmente attualizzato delle azioni di riduzione del danno (ancora) attive, uno studio sull’efficacia dissuasiva delle sanzioni amministrative, interventi sperimentali su gioco d’azzardo e doping.
Ma, forse, la vera novità è nel modo come si è arrivati alla definizione del piano: un tavolo istituzionale partecipato da tutti i rappresentanti delle istituzioni centrali, dalle regioni, da comuni e province. Il piano è stato costruito su schede molto sintetiche che non hanno permesso se non l’individuazione pragmatica delle azioni e (novità) l’identificazione di indicatori di valutazione. Si è proceduto ad una consultazione, forse troppo contratta, ma sono state raccolte numerose indicazioni e critiche.
Ora non resta che vedere se le promesse si trasformano in impegni concreti; «dire quello che si fa e fare quello che si dice» è stato lo slogan. Intanto, Gasparri lo attacca perchè vede nella richiesta di ridurre le difficoltà alla produzione della canapa sativa un diabolico disegno per legalizzare le canne. Non si è informato che la suddetta canapa serve solo a produrre corde e sacchi da secoli ed è inutilizzabile ad altri fini.
Quando si dice che la demagogia acceca la ragione.