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Dopo la sua visita di ottobre in Bolivia, Antonio Costa, direttore dell’Unodc, ha notificato al governo boliviano i passi da intraprendere per ottenere la depenalizzazione della foglia di coca. Com’è noto, la Bolivia sostiene che le popolazioni andine per settemila anni hanno usato le foglie di coca come ingrediente basilare nella nutrizione, nelle tradizioni culturali, nella medicina. Non è mai stata presentata nessuna evidenza scientifica di alcun danno provocato dalla masticazione della coca in forma naturale. Questo però non ebbe alcuna influenza sui membri della Commissione sulle Droghe delle Nazioni Unite (Cnd), quando a suo tempo presero la decisione di mettere la coca nell’elenco delle sostanze proibite allegato alla Convenzione Unica sulle droghe del 1961. Uscire da quella lista, come ora vorrebbe il presidente della Bolivia e leader dei coltivatori di coca, Evo Morales, sarà cosa dura da masticare.

Secondo Morales, porre fine alla guerra alla coca e permettere ai contadini di coltivare le foglie per scopi benefici sarebbe un modo assai più intelligente per ridurre il rifornimento di coca al mercato illegale. Allo stesso modo, il mondo potrebbe usufruire dei benefici della coca nel modo migliore possibile: sotto forma di tè, dentifricio, miele e di altri prodotti tradizionali che si producono legalmente in Bolivia e Perù dal 1988.

La proposta del governo boliviano potrebbe avere un’importanza storica. Se l’Onu decidesse di togliere la coca dall’elenco della Convenzione del 1961, ciò significherebbe ammettere che non c’è nessuna evidenza scientifica che giustifichi la sua presenza in questo elenco. Questo potrebbe diventare un importante precedente per altre piante, come l’oppio e la canapa. L’intera Convenzione Onu potrebbe essere messa in discussione. Perciò, è interessante seguire il procedimento burocratico che il governo boliviano deve seguire. Sono cinque i passaggi dettati da Antonio Costa. Il primo: la Bolivia deve notificare la proposta al Segretario Generale dell’Onu, allegando tutte le prove scientifiche che possono aiutare il processo decisionale nell’Oms e nella Cnd; in secondo luogo, la documentazione deve essere distribuita, oltre che alla Cnd, e all’Oms, a tutti gli stati che hanno firmato la Convenzione Unica. Il terzo passo riguarda la Commissione di esperti sulla Dipendenza da droghe narcotiche dell’Oms, che deve passare in rassegna la documentazione e scrivere una raccomandazione circa gli eventuali effetti negativi o meno della foglia di coca, e sulla sua capacità di indurre dipendenza. Il quarto: la Cnd deve riesaminare il fascicolo e decidere se approvare o respingere. Se non si trovasse l’accordo, basterebbe un solo stato membro per chiedere l’attivazione della procedura di voto, a maggioranza semplice. La decisione finale è presa dal Consiglio Economico e Sociale. Tutte le parti hanno il diritto di appellarsi alla decisione entro 90 giorni, dopo che questa è diventata pubblica.

È un processo destinato a durare diversi anni. Ed è chiaro che la proposta incontrerà la fiera opposizione degli Usa, in tutti i passaggi nelle varie commissioni e organizzazioni. Già nel 1995, l’ambasciatore americano all’Oms minacciava di ritirarle i finanziamenti se questa avesse approvato un rapporto scientifico a sostegno delle applicazioni terapeutiche della coca e di una sua possibile depenalizzazione.
Non si è mai più avuto notizia di quel rapporto.