Le sostanze dopanti sono nella maggior parte dei casi dei farmaci usati in modo improprio, cioè in assenza di patologie, per migliorare le prestazioni fisiche e/o accrescere la massa muscolare. Tale realtà presenta due situazioni distinte: da un lato, società sportive, dilettantistiche o professionistiche, che praticano attività agonistiche o addirittura Federazioni del CONI, le quali utilizzano medici o staff medici che prescrivono queste sostanze e poi le somministrano; da un altro lato, il “fai da te” degli amatori da palestra e da strada, che si procurano le sostanze al mercato grigio o nero e le assumono fuori da ogni controllo. Non ci interessa qui fare considerazioni sulla violazione dello spirito e dei regolamenti sportivi, ci interessa vedere come viene compromessa la salute delle persone e come è possibile ridurre il danno. Per quanto riguarda i professionisti e le società agonistiche è evidente che l’atleta nella stragrande maggioranza dei casi non viene informato sulla natura delle sostanze che gli vengono somministrate e in alcuni casi (vedi i ciclisti) è obbligato ad assumerle; comunque, la sua non è una libera scelta ma una coazione legata alla necessità di migliorarne le prestazioni e di consentirne la ripetizione frequente, sotto la spinta della sovraesposizione spettacolare televisiva e delle necessità di visibilità degli sponsor. Per quanto riguarda gli amatori non ci troviamo di fronte a imposizioni dirette ma a condizionamenti culturali e a modelli sportivi a carattere prestazionale quantitativo, mutuati dallo sport agonistico-spettacolare. Occorre anche aggiungere che si sta configurando una rete internazionale composta da case farmaceutiche, medici e farmacisti che in modo proprio ed improprio producono, prescrivono, distribuiscono sopra e sotto il banco le sostanze dopanti. Questo quadro evidenzia come il doping sia un additivo ineluttabile in un sistema sportivo che è sempre più un sistema spettacolare a carattere industriale, supporto e pretesto per operazioni di promozione e di marketing di prodotto. Pensiamo cosa può comportare il sistematico acquisto di società sportive da parte di network televisivi, nonché la creazione di “super-leghe” e quant’altro. Gli atleti sono così considerati dei corpi-macchina su cui intervenire, sperimentare, al fine di migliorarne e moltiplicarne le prestazioni, a tutto scapito della loro salute. Anche qui, quindi, non ha senso punire chi utilizza le sostanze dopanti: vanno puniti coloro che impropriamente le prescrivono e le somministrano, coloro che obbligano gli atleti ad assumerle, pena il licenziamento. Anche qui si rende necessaria una informazione puntuale e laica, che illustri agli atleti sia gli effetti di natura prestazionale sia le conseguenze sulla loro salute. Per questo la legge in discussione presso la commissione Sanità del Senato si preoccupa di mettere al centro non il comportamento dell’atleta bensì la salute della persona. Ciò che si rende necessaria è una educazione motoria, a partire dalle classi inferiori, per una ricomposizione del rapporto corpo-mente, nonché una riforma profonda del sistema sportivo, una sua apertura e democratizzazione, la sua sottrazione all’esclusiva logica industriale e alle derive di natura monopolistica. Nel dossier che, come Verdi, abbiamo presentato al Senato e alla Procura si evidenzia quanto, in accordo con professori universitari e cliniche universitarie, si sia perseguita in modo metodico la scelta di utilizzare sostanze dopanti, a scapito della ricerca sulle metodologie di allenamento pulite, si siano boicottati, diffamati e perseguiti, atleti e tecnici che contrastavano questa deriva. Differentemente dal sistema delle “narcomafie”, nell’ambito sportivo la domanda di additivi e la costruzione di un sistema e di un mercato, è dovuta alla responsabilità degli organismi olimpici nazionali e internazionali e ogni forma di dipendenza non è di natura psico-fisica, ma solo prestazionale ed economica. È evidente che il giro di affari legato alle sostanze dopanti è tale da far presumere un tempestivo interessamento della criminalità organizzata a fronte di un mercato che vede zone grigie e zone nere, tutto ciò rende ancora più urgente un intervento della politica pubblica sia sul doping, che sulla riforma dello sport e sulle regole dell’industria dello sport spettacolo.
* Senatore dei Verdi