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In questi giorni si è diffusa la notizia di un giovane catanese, raggiunto da un provvedimento limitativo della libertà personale che lo costringerà a vivere per i prossimi due anni in libertà vigilata. Un decreto, quello emesso dal questore di Catania che richiama inevitabilmente quei provvedimenti restrittivi della libertà personale contenuti nel codice di procedura penale e meglio conosciuti con il nome di misure cautelari personali: divieto e obbligo di dimora, obbligo di presentarsi al comando di polizia più vicino, divieto di frequentare locali e altri luoghi, obbligo di rientrare nella propria abitazione a una certa ora, etc.
Il giovane, secondo quanto riportato dai giornali, è stato trovato in possesso di una modica quantità di sostanza stupefacente all’interno del suo negozio e, visto che questi, era già conosciuto dalle forze dell’ordine per precedenti in tema di droga, il questore di Catania ha pensato bene di irrogargli la sanzione prevista ex art. 75 bis.
Un nuovo articolo, il 75 bis, introdotto ad arte nel novellato testo unico in materia di sostanze che si spinge ben oltre i meri provvedimenti amministrativi giacché ciò che rileva la norma suddetta è il carattere para penale delle sanzioni comminate. Il legislatore del 2006, evidentemente, ha voluto tracciare una linea sempre meno marcata tra il procedimento amministrativo di cui all’art. 75 per uso personale e il procedimento penale ex art. 73 del testo unico, imponendo così all’autorità di pubblica sicurezza di sorvegliare la persona e perciò limitare la sua libertà personale secondo un’interpretazione molto estesa della norma giuridica. Diritti, quelli della persona, attinenti la sua vita privata e professionale che dovrebbero essere limitati solo e unicamente dall’autorità giudiziaria e non da quella amministrativa.
L’iter procedurale descritto dalla norma ex art. 75 bis, sancisce che sia il questore – ricevuta copia del decreto con il quale è stata applicata una delle sanzioni previste dall’art. 75 – a procedere con decreto motivato nei confronti della persona gravata da precedenti penali anche non definitivi (perciò carichi pendenti!) imponendo, a questa ultima, di rispettare le sanzioni comminate pena l’arresto da tre a diciotto mesi.
Tra le presunte garanzie che il legislatore ha voluto concedere e che però non impediscono al decreto di essere esecutivo sin dalla sua emissione, è la notifica dell’atto all’interessato e, entro 48 ore dalla notifica, la comunicazione del provvedimento al giudice di pace. L’autorità giudiziaria una volta ricevuta la comunicazione del decreto (sic!) dovrà convalidare entro le 48 ore successive, fissando così un’ udienza apposita dove sarà possibile per l’interessato presentare istanze, scritti e quanto altro a sua difesa. Il perdurare delle misure limitative della libertà personale comminate dall’art. 75 bis dipenderà da fattori diversi che concernono la vita individuale della persona e finanche l’esito del programma terapeutico – che il prefetto consiglia al consumatore in sede di colloquio – che potrà certamente condizionare positivamente il procedimento, qualora, il programma abbia dato esito positivo.
Ritengo certamente pericoloso il precedente del giovane di Catania, che a mio parere non rientra neppure nella materia della pubblica sicurezza (dov’è il pericolo pubblico?), ma quello che ci auguriamo per il futuro è che l’autorità giudicante sappia ancora una volta colmare le lacune del legislatore e interpretare correttamente la portata della norma circoscrivendola così a casi ben lontani da questo.